Nel cuore di Perugia lo Studio di Vetrate Artistiche Moretti Caselli conserva e tramanda un enorme patrimonio di cultura e arte
di Benedetta Tintillini
Un’antica palazzina di epoca quattrocentesca appartenuta alla famiglia Baglioni, miracolosamente scampata al destino che molti altri edifici della zona subìrono, per fare posto alla Rocca Paolina.
E’ qui che ha la sua suggestiva sede il laboratorio di vetrate artistiche Moretti Caselli.
Maddalena, che ha raccolto l’eredità di famiglia, mi accoglie all’interno.
Odore di polvere e di cose antiche, nella penombra di un’atmosfera rarefatta, partiamo per un viaggio indietro nel tempo.
Scaffali colmi di mille piccole ampolle impolverate con un numero infinito di sfumature di colore. Custodi gelose di ciò che rimane dei preziosissimi e ormai introvabili ossidi, indispensabili per la realizzazione dei pigmenti, preparati sulla base di ricette di origine medievale.
Il laboratorio nasce nel 1859, grazie a Francesco Moretti, che iniziò la sua attività non dove mi trovo ora, ma a Todi, dove lavorò, tra l’altro, alle vetrate del Duomo.
Senza addentrarmi nella la tecnica molto complessa, dò solo qualche accenno: sulle lastre di vetro sagomate alla bisogna, che siano bianche o colorate a seconda delle esigenze, si sovrappongono strati di pittura (sovente si tratta di linee, tecnica utilizzata per ottenere un efficace chiaroscuro che doni una profondità “pittorica” all’opera). Ogni strato subirà un processo di cottura prima che venga applicato lo strato di colore seguente. Queste operazioni saranno ripetute fino all’ottenimento del risultato desiderato.
In bella mostra anche una serie di antiche macchine fotografiche, usate per ritrarre modelli in posa.
La stanza principale, molto suggestiva, ospita, tra l’altro, una porzione di vetrata con raffigurato il volto di Gesù, realizzato nel 1925 da Rosa e Cecilia, zie di Maddalena, che raccolsero e tramandarono il testimone della produzione.
È una versione, danneggiatasi già in fase di cottura, del volto del Cristo dell’Ultima Cena di Leonardo, di squisita fattura ed una poesia unica. L’intera scena, riprodotta su una vetrata di 40 mq, si trova al cimitero di Glendale di Los Angeles. Il rischiosissimo trasporto delle ampie e fragili campiture della vetrata avvenne, all’epoca, in nave, ed i pezzi furono assemblati una volta a destinazione. Rosa e Cecilia non videro mai la loro opera installata.
Ma il capolavoro mozzafiato è nella stanza seguente: la prova che le vetrate possono raggiungere livelli artistici eccelsi, e che quella del vetro non può essere assolutamente considerata un arte minore.
Questa l’intenzione che ha animato il genio di Francesco Moretti.
Un anno di lavoro per un’opera unica che rasenta il virtuosismo e che sembra essere una sfida verso se stesso e le limitazioni della tecnica.
Il soggetto è la Regina Margherita di Savoia, ritratta a figura intera, in un vestito di seta celeste cangiante e merletti, ornata di diadema e gioielli, in un salotto ricco di broccati e tappeti. Ogni particolare è riprodotto nella sua “matericità”… è un assoluto incanto. Si percepisce la sofficità del tappeto ed il fruscìo della seta, la delicatezza dell’incarnato della sovrana e lo scintillìo del diadema.
Nonostante la sensazione eterea e l’oggettiva fragilità dell’opera, la vetrata è tenuta insieme dal piombo e da ferri, che si mimetizzano con il disegno, seguendone l’andamento; ferri che consentono la tenuta strutturale dell’opera.
La Regina vide la vetrata e si complimentò molto con il Moretti, le piacque a tal punto da volerla acquistare, anche se poi l’affare non andò mai in porto.
Accanto alla Regina, un’Incoronazione della Vergine, riproduzione di un particolare di una pala del Perugino. Nonstante la vetrata presenti diverse rotture, la bellezza rimane intatta… sfortunatamente nel caso del vetro i segni del tempo e dei restauri non sono, ovviamente, del tutto occultabili.
Calchi di arti, di mani, piedi o teste, utili in assenza dei modelli, bozzetti, studi, cartoni di vetrate realizzate, le stanze sono intrise di testimonianze e di storia.
La visita termina nel laboratorio dove Maddalena realizza le sue opere. In una stanza attigua, il forno dove cuocere i pezzi di vetro durante le varie fasi della realizzazione. Fu progettato da Francesco Moretti, ed è rimasto in uso fino al 2003, nonostante l’estrema fatica che implica il suo utilizzo.
Una enorme eredità, anche in questo caso, ancora viva grazie all’opera di donne tenaci verso le quali non possiamo che tutti estremamente grati. Da Rosa e Cecilia, fino alla nipote Maddalena, l’entusiasmo e l’attaccamento ad un tale tesoro non diminuisce nonostante l’estrema fatica, e non solo fisica, che un lavoro come questo comporta.
in collaborazione con www.umbriaecultura.it