Simbologia
In Italia, la pervinca detta ‘Centocchio’ o ‘Cento occhi’, era considerata il ‘fiore della morte’ a causa dell’antica pratica di deporne intrecci a ghirlanda sulle bare dei bambini defunti, mentre era il ‘fiore dell’immortalità’ in Germania. Pare che in Francia, la pervinca fosse considerata un simbolo di amicizia probabilmente in memoria di quando lo scrittore, filosofo e compositore svizzero Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), dinanzi a questo fiore, aveva ricordato di averlo ammirato trent’anni prima in compagnia dell’innamorata dell’epoca, la baronessa francese Madame Francoise-Louise de Warens (o Madame de Warens, nata Louise Eléonore de la Tour du Pil).
Nel simbolismo religioso cristiano, la pervinca più diffusa era il ‘Fiore della Madonna’, l’emblema della Beata Vergine, proprio per la corolla colorata come quella il manto indossato da Maria nelle rappresentazioni dell’iconografia tradizionale. Con una stella a cinque punte delineata al centro del fiore, era anche considerata la ‘Stella di Maria’, la ‘Stella del mare’, per la posizione asimmetrica di ogni petalo, in lieve curvatura in senso antiorario, a effetto girandola e per la sua forma un po’ appuntita in alcune varietà.
Studi e superstizioni
Nel testo dell’Erbario ‘Herbarium vires et curationes’, lo scrittore, filosofo, mago e alchimista romano Lucio Apuleio (o Apuleio da Madaura, 125-170 ca.) suggerì una precisa prassi di raccolta delle pervinche per proteggersi da possessi demoniaci, attacchi di serpenti e animali feroci, veleni, invidie, paure e per prosperare in salute. In Francia, la pervinca fu dapprima considerata la ‘Violetta degli stregoni’, poi la ‘Violetta dei maghi’ in quanto utilizzata in magia per praticare incantesimi, preparare filtri d'amore, esorcizzare gli spiriti maligni nell’ambito del movimento religioso neopagano Wicca. Era riportato in latino, in forma manoscritta, anche in uno dei più accreditati e popolari trattati di botanica generale del periodo medievale, scritto dal poeta e naturalista romano Aemilius Macer – probabile pseudonimo del medico Oddone de Meung – all’incirca tra il 1070 e il 1110, ma stampato per la prima volta nel XV secolo con il titolo ‘De herbarum Unitis. Herbarum varias qui vires cognoscere’ (1477). Basato sugli antichi studi greci di medici come Ippocrate di Coo o Kos, Dioscoride Pedanio, Galeno di Pergamo, influenzò l’applicazione farmaceutica di una serie di piante dalle proprietà medicinali fino al Rinascimento.
Nel testo ‘I segreti delle virtù delle erbe, delle pietre e di alcune bestie’, il geniale alchimista, scienziato, filosofo, teologo tedesco Albertus Magnus (ca. 1206-1280) – frate domenicano nominato vescovo e poi santificato – fornì una ricetta per un afrodisiaco da aggiungere ai pasti della coppia di amanti a base di pervinca in polvere, porri e lombrichi. Il botanico, erborista, medico e astrologo inglese Nicholas Culpeper (1616-1654), convinto che la pervinca fosse il cibo di Venere, la dea dell'amore, indicò questa pianta come rimedio per la fertilità suggerendo agli innamorati di consumarne i fiori, a tavola insieme, per rimanere legati sentimentalmente. Era anche antica credenza che le foglie di pervinca, anche mescolate a quelle di magnolia, infilate dentro al materasso nuziale potessero mantenere per sempre l'amore e la fedeltà coniugale.
Medicina
Anche la ‘Vinca major’ (o ‘Grande pervinca’) era utilizzata, sotto forma di tè, per le proprietà astringenti e toniche in caso di emorragia, in gargarismi per il mal di gola, a uso esterno sulle ferite, in sciroppo come lassativo delicato adatto ai bambini e in caso di costipazione cronica degli adulti. Alla fine degli anni ’50, vennero isolate con tecniche di estrazione innovative, testate e commercializzate numerose decine di sostanze biochimiche – soprattutto gli alcaloidi vincristina e vinblastina – risultate efficaci come medicinali in associazione ad altri per trattare casi di leucemia infantile linfocitaria, del morbo di Hodgkin (o linfogranuloma maligno) e nei linfomi non Hodgkin, con eventuali effetti collaterali quasi del tutto a carico del sistema nervoso e, in minima parte, del midollo osseo, dell’apparato digerente e del tessuto cutaneo. L’ingestione di pervinca in dose massiccia e inconsulta risulta di elevata tossicità per il contenuto in vincristina, un alcaloide che colpisce l’apparato digerente (nausea, vomito), provoca la febbre entro 24 ore e cefalee, stati di delirio con allucinazioni, convulsioni e coma nell’arco di una settimana.
Le foglie della pervinca rosea (‘Catharanthus roseus’, detta ‘Vinca rosea’ o ‘Pervinca del Madagascar’) furono utilizzate a livello popolare, per lungo tempo, come coadiuvante nel trattamento del diabete finché, negli anni ’20, fu accreditato in campo medico questa pratica di etnobotanica. Questa piantina dai fiori cremisi acceso, probabilmente nativa sull’isola del Madagascar, diffusa nell’Africa tropicale e naturalizzata ai Tropici, era stata introdotta in Inghilterra alla metà del ‘700, poi nel resto d’Europa e, allo stato attuale, è controllata come esotica invasiva negli Usa.