Péter Nádas: “l’edificio immenso del ricordo”

Creato il 25 settembre 2012 da Andreapomella

Una grossa parte della letteratura novecentesca ha avuto a che fare con la questione della memoria, con ciò che Proust chiamava “l’edificio immenso del ricordo”. La memoria è presa nel titolo di questo libro che ho letto di recente; è di Péter Nádas, si intitola appunto Libro di memorie (Dalai – traduzione di Laura Sgarioto). Qui le memorie tuttavia non appartengono all’autore né alla sua biografia: “Non vorrei ingannare inutilmente nessuno”, mette in chiaro Nádas nella nota di apertura. “Ho scritto un romanzo, ho narrato i ricordi di varie persone”.

La storia. Si alterna su tre piani narrativi principali: il primo è la vicenda di un drammaturgo ungherese di stanza nella Berlino Est degli anni Settanta, compreso in un triangolo amoroso tra un giovane poeta e un’attrice di teatro; il secondo rievoca l’adolescenza del narratore nel periodo che segue la rivolta ungherese del ’56, concatenando episodi familiari a una struggente formazione umana e sessuale: il terzo è un romanzo nel romanzo ambientato alla fine dell’Ottocento e che ha per protagonista uno scrittore tedesco dissoluto.

Nella scrittura di Nádas l’architettura del ricordo si compone e si scompone a prescindere dalle persone che ne conservano traccia. È come se la memoria stesse al di sopra dell’uomo, lo dominasse, come se ci fosse un luogo collettivo delle reminiscenze in cui le sensazioni, gli stimoli, i sapori, le energie che formano i nostri giorni, si uniscono fino a fondersi. Così questo romanzo finisce per assomigliare a un castello in cui si susseguono stanze dopo stanze e in cui in ciascuna ci sembra di ritrovare qualcosa che abbiamo già visto in una stanza precedente, o addirittura in un castello visitato in un’altra occasione.

“Perché io ero lì, e ho immaginato di non essere lì, e insieme a me camminava il vecchio signore che sarei diventato, e lui si portava dietro la sua giovinezza, e il vecchio signore che rievoca la sua giovinezza in riva al mare rispondeva perfettamente ai miei scopi, che ormai si limitavano a essere puramente letterari […]”

Forte dell’endorsement di Susan Sontag che lo ha definito “il più grande romanzo dei nostri tempi”, Libro di memorie si costruisce su una esasperata dilatazione dei tempi, una dilatazione che a tratti sfiora vere e proprie forme di onirismo latente, e su una scrittura morbida e sensuale, per un risultato finale che molta parte della critica non ha esitato a equiparare alle opere di Musil, Proust, Joyce e Mann.


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