Petrolio dalla plastica

Creato il 30 agosto 2010 da Zonwu
E' un metodo conveniente continuare a bruciare la plastica non riciclabile che invade il nostro mondo? Per molti no, ed esiste almeno un utilizzo migliore: farne combustibile.
Blest è un'azienda giapponese che, assieme ad altre aziende nel mondo, punta il suo business sull'estrazione del petrolio dalla plastica. Già nel 2007 New Scientist aveva presentato un'azienda americana, la Globar Resource Corporation, che aveva creato un estrattore di petrolio che funzionava immettendo plastica di scarto. Ed ecco che il metodo torna alla ribalta con la Blest.
Molti tipi di plastica vengono ricavati dal petrolio: si stima che circa il 7% dell'estrazione annuale di petrolio venga destinata alla produzione di plastica. Il problema è che questi materiali, una volta utilizzati, vengono gettati come rifiuti, spesso non riciclabili, formando discariche e isole oceaniche.
La plastica finisce per contaminare gli oceani e l'acqua dolce, per spiaggiarsi sulle coste di tutto il mondo, per uccidere numerose specie marine. Si cercano sempre nuovi modi liberarsi della plastica in eccesso, ma la sola pulizia dei mari risulterebbe un'impresa titanica.
Se però potessimo utilizzare la plastica come combustibile, potremmo vedere la questione del recupero dei rifiuti plastici sotto un'altra prospettiva. La Blest ha infatti creato una macchina di piccole dimensioni in grado di convertire diversi tipi di plastica in combustibile.
"Se bruciamo la plastica, creiamo tossine e anidride carbonica. Se la convertiamo in combustibile, risparmiamo CO2 ed allo stesso sempo aumentiamo la consapevolezza dell'importanza dei rifiuti plastici" spiega Skinori Ito, presidente della Blest.
La tecnologia di conversione della Blest sfrutta il riscaldamento senza fiamma della plastica. Non c'è infatti alcun tipo di combustione, e la plastica, che può essere polietilene, polistirene e polipropilene (ma non le bottiglie PET tuttavia), viene sciolta e resa gassosa.
Una volta estratto questo gas e reso liquido, lo si può raffinare per l'utilizzo nelle automobili o in diversi macchinari a combustibile fossile.
La conversione è in grado di trasformare un chilogrammo di plastica in circa un litro di combustibile, impiegando un kilowatt di elettricità. Lo scopo del progetto non è solo quello di fornire energia dagli scarti, ma anche di combattere il concetto giapponese di "mottainai", l'idea dei rifiuti come una cosa da evitare e da non trattare.
I rifiuti giapponesi pare abbiano una componente plastica pari al 30% della massa totale, il che potrebbe costituire una buona base per produrre combustibile "in casa". Il costo del macchinario è stato definito come "accessibile a chiunque", e si aggira attorno ai 9500 dollari al pezzo (per la versione più piccola). Ne sono già stati distribuiti 60 esemplari in tutto il Giappone, in fattorie, piccole industrie e attività di pesca.

Plastic to oil fantastic