Cos'è lo spiega l'analista Leonardo Maugeri, di origine siciliana, ex top manager dell'Eni ora ad Harvard: «Il petrolio non convenzionale, lo "Shale oil", è quello che si estrae in modo diverso o ha qualità differenti: le sabbie bituminose del Canada, il greggio "pesante" e "ultrapesante" del Venezuela, o adesso soprattutto il petrolio da scisti, cioè estratto dalle formazioni rocciose, fratturando la materia con acqua, sabbia o ceramica e agenti chimici proiettati con grande forza. Questa procedura avviata negli Stati Uniti può raggiungere quantità pari alla produzione di un grande Paese petrolifero come l'Iran».
Negli Stati Uniti l'estrazione del petrolio non convenzionale è già una realtà in Stati come il Texas e il North Dakota. Anche se la procedura è costosa la produzione resta conveniente se il prezzo del greggio regge tra i 50 e i 65 dollari. In sostanza entro il 2020 gli Stati Uniti dovrebbero essere autosufficienti per il 65% del loro fabbisogno e se si considera anche il Canada, il Venezuela e il Brasile tutto il Continente americano potrebbe non avere bisogno di importare petrolio dal resto del mondo.
Scrive il «Corriere economia» che questo farà crescere la produzione di polietilene perché favorita dalle nuove risorse di idrocarburi da scisto «e questo potrebbe avere effetti devastanti in Italia «perché gli Stati Uniti diventeranno un grandissimo esportatore di plastiche nel mondo che si aggiungerà alla concorrenza del Medio Oriente. L'effetto combinato della rinascita americana nella petrolchimica e nella raffinazione del greggio mette a rischio solo in Italia 8000 posti di lavoro diretti e 30 mila indiretti». Lo studio di Maugeri, inoltre, lancia un altro messaggio importante: «tutti continuano a sottostimare il fatto che nelle viscere del pianeta c’è ancora una quantità enorme di petrolio convenzionale e non. E i progressi della tecnologia stanno rendendo sempre più facile lo sfruttamento dei nuovi giacimenti e anche di quelli vecchi che si credevano in via di esaurimento».
La rivoluzione americana mette però a rischio le raffinerie europee che, con il metodo di estrazione convenzionale, resterebbero fuori dal mercato di massa. Per attenuare questo rischio la petrolchimica e la raffinazione petrolifera debbono andare incontro a processi di riconversione. Riguarda tutta l'Europa, ma l'Italia è particolarmente esposta, soprattutto la Sicilia dove c'è la più alta concentrazione di raffinerie d'Europa.