Petronilla: Gnocchi di patate 1935

Da Patiba @patiba1


Gnocchi di patate della Petronilla pubblicato in: Petronilla in cucina 1937

Gran festa, in casa, quando preparo la ghiotta gnoccolata!
Un po’ di lavorare; un po’ anche di faticare; un po’, soprattutto, di spendere quel giorno; ma, in compenso…
- Brava la nostra mamma! - esclamano i ragazzi, allorché il piatto fumante fa la sua comparsa in tavola.
- Brava la mia Petronilla! - esclama il marito, lascandomi un delle sue più tenere occhiatine.
E persino… ma sì, persino: - Brava la mia signora! - esclama in cucina la servetta davanti al suo piattone di gnocchi sopraffini.
È sì dolce, al cuore, ogni lode familiare, che forse alcuna di voi vorrebbe… ma gli gnocchi, però, non li sa preparare?
Ebbene, a quella eccomi a dire come gli gnocchi li faccia io; cioé in un modo che non sarà quello di ognuna; che non sarà, forse, nemmeno il perfetto; ma che è il modo personale mio, cioé di quella casalinga e modesta cuoca ch’è… Petronilla.
Io abbondo nelle dosi perché gli gnocchi, saziando tanto, si prestano agli abbondanti avanzi; e il giorno appresso gli gnocchi già cotti e conditi, e riscaldati in un tegame con un tantino di burro e un goccio di acqua, valgono…
Fate la prova; e così potrete constatare quanto i miei gnocchi valgano anche riscaldati!
Dunque… compero 2 kg. di patate grosse, farinose e gialle; e se non le trovo degne dei tre aggettivi, rinuncio per quel giorno al piatto.
Le metto in una pentola; le copro d’acqua; le lesso; le scolo; tolgo loro la pelle metre sono ancora calde; e subito le schiaccio o con il mattarello, sul tavolo, o con lo schiacciapatate.
Raccolgo lo schiacciato sulla spianatoia (e sarà ancora caldo); unisco 3 etti di farina bianca; lungamento mescolo e manipolo (ecco il lavorare); impasto per bene, premendo fortemente (ecco il faticare); e - aggiungendo, solo se necessitasse, un po’ di farina, mai acqua - ottengo così un impasto sodo e scevro di grumetti duri.
Lo divido, con il coltello, in 4-5 pezzi; con le palme e sul ripiano infarinato del tavolo, tiro ogni pezzo in cilindro grosso quanto il mio pollice; taglio ciascun cilindro in pezzetti uguali (3 cm.) ed ogni pezzetto (ecco ancora il lavorare) lo premo con il polpastrello del pollice, sul rovescio della grattugia del formaggio e ottengo, così, gnocchi bernoccoluti, su sé stessi arrotolati, gnocchi insomma classici e che allineo su piatti.
Mentre, poco prima del pranzo, l’acqua si scalderà in una grossa pignatta, metto a fuoco in un tegame 1/4 di cipolla affettata e 3 cucchiai colmi di burro; quando la cipolla è soffritta, aggiungo 3 foglie di salvia e il sugo di 1 kg. di pomidoro freschi e lessati (se d’estate) o 1 cucchiaio colmo di salsa sciolta in acqua (se d’inverno); e lascio cucinare.
Quando l’acqua bolle, la salo; vi butto gli gnocchi; di mano in mano che, roteando, salgono a galla, li tolgo con il mestolo forato; li stendo sul piatto di portata; li condisco con quel sugo e con abbondante parmigiano grattugiato (ecco lo spendere); e, infine…
Non v’ho detto?
- Brava la nostra mamma!
- Brava la mia Petronilla! - E persino…
- Brava la signora mia!

* * * Massaie econome e provette: è il sogno di noi tutte. Anche voi… vorreste? Ma… non sapete come? È presto detto con le famose Ricette della Petronilla. E ben presto anche di voi diranno “È una massaia che vale… un Perù”!


Nella foto gli gnocchi sono presentati con
la cialda di parmigiano