Pezzenti ed arroganti, perché la Thailandia non ci vuole

Creato il 04 agosto 2014 da Pietro Acquistapace

Bangkok – Palazzo reale. Fonte Flickr

A giudicare dalle ultime notizie consolari, in gran parte dell’Asia sembra essere in corso una stretta sui visti che permettono agli stranieri di stabilirsi per lunghi periodi, se non in via definitiva. La Thailandia è solo l’ultimo caso, forse il più complicato, la cui importanza deriva dal fatto che sempre più occidentali fanno di Bangkok, Pattaya o Pukhet la loro terra promessa. La questione della sempre crescente difficoltà di ottenere permessi di soggiorno, potrebbe inoltre fare luce su alcune scelte che l’Asia si trova a dover compiere in un contesto internazionale dai rapidi, e radicali, cambiamenti. Come se non bastasse questo “rifiuto” potrebbe essere una buona occasione per riflettere su noi stessi.

La Thailandia, come meta turistica, è sempre più conosciuta in Italia, non solo da chi da sempre vi parte alla ricerca di qualcosa di molto banale e complesso insieme: sesso facile. Inutile girarci intorno, il turismo occidentale che atterra a Bangkok è in gran parte sessuale, anche se la maggior parte delle persone non lo ammetterà a cuor leggero. Mare, cultura, cucina e bellezze artistiche; sono molte le ragioni che verranno addotte per giustificare il viaggio, se non il ritiro, in Thailandia, ma il sesso resta sempre una componente fondamentale visto che il costo della vita thailandese rende possibile una vera e propria scorpacciata, spesso accompagnata da un’arroganza che potremmo definire neocolonialista.

Il costo della vita, tra l’altro più alto della media asiatica, è come detto uno dei motivi che spinge sempre più occidentali a pensare di poter lasciare il vecchio continente in crisi, per cercare nuove possibilità di vita. Donne, mare e prezzi bassi sono un mix molto pericoloso che conduce molti sprovveduti a partire per la Thailandia con pochi soldi e molti sogni. Il paese è letteralmente invaso da occidentali, tra cui molti italiani, alla ricerca di guest house da rilevare o ristoranti da aprire. Il problema è che queste persone partono senza minimamente conoscere la legislazione vigente, che tra le altre cose non prevede la possibilità che degli occidentali possiedano alcunché, spingendo gli aspiranti imprenditori verso società ad alto rischio di fregature.

Le leggi thailandesi sono recentemente cambiate per quanto riguarda la politica dei visti. In particolare si sta cercando di impedire una pratica selvaggia del visa-run, ossia lunghe permanenze sul suolo thailandese mediante il continuo rinnovo di visti ottenuti alla frontiera. Molte persone che vivono in Thailandia oggi escono ed entrano dal paese per ottenere il timbro sul passaporto, che pemette di restare 30 giorni nel paese. La situazione è ancora confusa, ma sembra che i paletti siano stati messi dopo il secondo rinnovo del timbro ottenuto in questo modo. Il messaggio è chiaro: i “cercatori di fortuna” non sono benvenuti. L’Asia non è più un continente bisognoso di soldi occidentali a tutti i costi, ormai lo sviluppo asiatico permette di selezionare, di conseguenza il benvenuto viene dato ai grandi investitori.

La questione thailandese è più complicata per via del recente colpo di stato. Le nuove leggi sui visti potrebbero di conseguenza anche significare che gli stranieri non sono graditi per lunghi periodi, in quanto testimoni forse troppo scomodi. Ma resta il fatto che mentre vengono limitate le possibilità di permanenza nel paese, allo stesso tempo si rende più facile il rilascio di visti per turismo, tendenza comune in tutta l’Asia, al punto che si potrebbe arrivare a politiche di visti comuni a più paesi, come già avviene con Thailandia e Cambogia. La tendenza ad una politica restrittiva per quanto riguarda i permessi di soggiorno sembra poi essere condivisa anche da un attore fondamentale della regione: la Cina.

Anche Pechino ha infatti stretto la morsa sugli occidentali residenti nel paese. Nel giugno 2013 numerose persone hanno perso il loro diritto alla permanenza in Cina. In particolare sono stati colpiti coloro che avevano (anche da anni) dei visti turistici trasformati in visti business. In passato la trasformazione del visto era pratica comune, spesso legata all’alta domanda di insegnanti di inglese. Oggi invece si chiede che le persone arrivino in Cina con già uno sponsor, ossia la raccomandazione dell’azienda futura datrice di lavoro. Anche qui il messaggio è chiaro: la Cina non ha posto per persone in cerca di fortuna. Probabilmente una questione che in occidente non viene colta, probabilmente a causa di una visione eurocentrica ancora molto forte.

Il nostro paese quando si tratta di estero è spesso in ritardo, viziata da una superficialità assolutamente controproducente. La Thailandia viene scoperta ora, mentre gran parte dell’Asia resta ancora sconosciuta, quando l’aumento del costo della vita rende questo paese meno appetibile rispetto a qualche anno fa. Tanto che anche il turismo sessuale sta prendendo altre rotte. In occidente si torna ad emigrare, ma senza umiltà si cercano paradisi dove illudersi di poter comprare tutto quello che si vuole, persone incluse. Ma l’Asia non è più placida e sottomessa all’occidente, ora le condizioni le detta lei.

Interessanti notizie sul cambiamento dei visti in Thailandia possono essere trovate qui.


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