Pezzi di cronaca

Da Alblog
Mi stavo rotolando sulla polvere del pavimento. C'è stato un attimo in cui ero sicuro di aver avuto, finalmente, la meglio. Ma all'ultimo istante, è sfuggita. Ed è ripresa la lotta. Prima di iniziare, quando tutto era tranquillo ed il mondo accadeva e basta, ho chiesto a mia moglie e mia figlia di non entrare nella vicenda: dovevo cavarmela da solo. Il gineceo familiare era ai bordi del ring: la loro unica partecipazione era un lieve scrollamento della testa. Papà sei un imbranato...”, sentenzia mia figlia (otto anni appena compiuti). Forte di questo insulto, dò uno scossone disperato al viluppo dei muscoli e tendo ogni nervo dell'avambraccio. Con una insolitamente abile torsione dell'attrezzo che ho in mano, riesco ad avvitare anche l'ultima vite, bloccandola nell'apposita scanalatura. E voilà, la mia libreria Billy targata Ikea, è pronta. Dritta, orgogliosa e agghindata di un civettuolo color blu-mare. Guardo con fare smargiasso mia figlia. L'avventura è iniziata la settimana prima, entrando nell'enorme porta girevole del più grande supermercato del mobile (purtroppo) fai-da-te. All'interno è una brulicante Pechino dei carrelli, con persone all'affannosa ricerca mensole, sturalavandini, cucine complete, spremiaglio. Fuori, i residenti del quartiere (cioè quei pochi che non facevano razzia di faretti alogeni in offerta speciale), erano barricati in casa. Sia benedetta la ricerca del superfluo; penuria e fame, almeno in Italia, sono un ricordo ancora vivo per fare gli schizzinosi. E allora anche noi, abbiamo partecipato a quell'enorme autoscontro tra carrelli: volevamo una libreria. E l'abbiamo presa, assieme a dieci lampadine, due schiaccianoci (perchè due? Non chiedetemelo...), tre scatole portatutto, un tavolino da esterno (non abbiamo il giardino, ma questo è un particolare secondario), un cuscino portacomputer e tre confezioni di salmone affumicato. A parte le lampadine – sul salmone vi farò sapere: è ancora in frigo -, tutto era fratturato in due o più parti da assemblare, calibrare, assestare e fissare. Un inferno per chi, come me, ha una manualità prossima allo zero. E, a giudicare dagli sguardi preoccupati degli altri esemplari maschi presenti all'Ikea, non ero l'unico in quella spiacevole condizione. Dopo ore di affannosa ricerca e selvaggio acquisto arriviano alla cassa. Gli addetti alla riscossione sono estremamente cortesi e disponibili. La ragazza alla cassa prende la mia carta di credito e capendo al volo il mio dramma interiore, mi sorride. Il suo fare riverente non riesce, però, a bloccare il mio recondito retropensiero: “Cazzo ridi”...  

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