Che dire? 110 pagine di pura ironia che vanno, per fortuna, a scardinare l’dealismo imperante di donne che vivono solo in funzione della maternità e, per questo, “illuminate” da una sorta di aurea mistica… Sarà che il tema è a me molto caro avendolo sviscerato anche nel mio racconto “Chi ha paura del pannolino” tratto da Reale Virtuale – Ritratti di donne nell’era digitale.
Il taglio che l’autrice ha dato al tema, però, è ancora più interessante a mio avviso, dal momento che si è voluto mettere in evidenza le vergognose, sebbene descritte con estrema leggerezza e comicità, vicissitudini lavorative di una precaria, un’esperienza attraverso la quale in molte – anzi oserei dire in troppe visto che sono pochissime le donne tutelate - si sono imbattute e si imbatteranno.
Un racconto onesto, lucido e senza autocommiserazione narrato con uno stile diretto, accattivante e senza sovrastrutture.