Tutto comincia nel 1982, quando Ridley Scott decide di riadattare il romanzo Il cacciatore di androidi (pubblicato in Italia anche con il titolo Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, fedele all'originale Do androids dream of electric sheep?) e di farne Blade runner: riuscito intreccio tra noir e fantascienza, melò e poliziesco, vede Harrison Ford a caccia del temibile replicante Rutger Hauer, fuggito dalle colonie extra-mondo insieme ad altri androidi; la pellicola (numerosi gli argomenti, tra cui un'incisiva riflessione sul tema dell'umanità) diventa presto un cult (ne seguiranno anche le versioni Director's cut e Final cut), ma Dick riuscirà solo a visitarne il set, senza vederlo ultimato. Scomparso proprio nel 1982, a causa di un infarto, aveva appena cominciato il suo sodalizio col cinema.
Nel 1990, è Paul Verhoeven a tradurre in immagini il racconto Ricordiamo per voi (pubblicato anche con il titolo Memoria totale, in accordo con quello in lingua Total recall, o Chi se lo ricorda) e il suo Atto di forza riesce in qualcosa che Blade runner aveva solo sfiorato con la nomination di Douglas Trumbull: conquista l'Oscar per gli effetti speciali. Arnold Schwarzenegger e Sharon Stone sono gli interpreti di questo film, in cui un operaio edile vuole compiere un viaggio virtuale su Marte, ma presto si accorge di esserci già stato con un'altra identità.
Sfortunato il recente remake con Colin Farrell e Kate Beckinsale, insuccesso di critica e pubblico, forse perché ancor troppo lontano dalla trama del racconto di partenza. Cinque anni più tardi è il canadese Christian Duguay che dirige Screamers – Urla dallo spazio (tratto dal racconto Memoria due) e rinnova l'interesse per il dibattito uomo/macchina: sul pianeta Sirius 6B, la lotta per accaparrarsi le risorse minerarie comporta uno scontro tra robot ed esseri umani.
Negli ultimi dieci anni, s‘infittisce il rapporto col cinema ed esce dapprima Impostor di Gary Fleder (ancora alieni, replicanti e dubbi sulla propria identità), tratto dal racconto omonimo che, nel 1981, aveva ispirato anche un adattamento italiano (L'impostore), e in seguito Minority report di Steven Spielberg: Tom Cruise è agente della polizia di una futuristica Washington, dove i crimini vengono individuati ancor prima di essere commessi grazie alle capacità di tre preveggenti; sarà vittima di un complotto e dovrà combattere per far venire a galla la verità.
Poi, è la volta di John Woo, maestro del cinema d'azione, che traspone il racconto I labirinti della memoria e realizza Paycheck, dove la memoria è posta di nuovo al centro dell'intrigo (con Ben Affleck e Uma Thurman tra gli interpreti principali).
A scanner darkly (improponibile il titolo italiano Un oscuro scrutare) di Richard Linklater, aderente all'omonimo romanzo da cui è tratto, mette in gioco altre tematiche care allo scrittore: l'abuso di sostanze e i disturbi mentali. Impreziosito dal ritocco con animazione grafica in digitale, è la storia di un agente della sezione narcotici (Keanu Reeves) infiltrato in un covo di tossicodipendenti per cercare di stoppare la piaga della Sostanza Morte, una droga anfetaminica dagli effetti devastanti. Segue Next di Lee Tamahori (ispirato al racconto Non saremo noi), in cui Nicholas Cage è in grado di prevedere il futuro imminente, esattamente i prossimi due minuti, e viene chiamato in causa dall'FBI per sventare un attentato terroristico.
Infine, Radio free Albemuth di John Alan Simon (inedito in Italia, si divide tra l'intervento di forze soprannaturali e l'accusa ai regimi totalitari), I guardiani del destino di George Nolfi (fra thriller e plot sentimentale, Matt Damon è protagonista dell'ennesima macchinazione) e il già citato remake di Atto di forza (diretto da Len Wiseman nel 2012).
Simbolo di un'interpretazione postmoderna, avveniristica della letteratura, Philip K. Dick ha saputo riversare nelle sue numerose opere idee visionarie e precognizioni geniali. La potenza immaginifica dei suoi scritti è indiscutibile, e perciò inevitabile fonte di ispirazione per il cinema. Tuttavia, ad oggi, la critica accusa in linea generale registi e sceneggiatori di aver fallito nel trasportare sullo schermo la complessità dei suoi temi (dal condizionamento sociale alla realtà illusoria, dalle considerazioni sulla religione a quelle ontologiche, e poi il suo pessimismo disperato, il problema costante del conflitto, i vari aspetti della guerra), riducendo lo spessore delle argomentazioni dickiane a una mera spettacolarizzazione, a storie perlopiù mosse da azione e violenza. La sfida rimane aperta, sicuri che si possa ancora attingere dalla sua vasta bibliografia e dar vita a nuovi adattamenti.