i versi sono interpretati dagli stessi autori
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Photoshoperò è un esperimento che contamina i generi, letteratura, spot pubblicitario, trailer, attraverso il supporto multimediale da una parte e dall’altra i canali di diffusione, blog, youtube, facebook, Si tratta di un’arte povera, indipendente, in una dimensione artigianale che produce attraverso la sua vocazione alla visione e all’oralità, delle vere e proprie riflessioni, fermo-immagine sulle esperienze tradotte dai media in continuo flusso di memoria-tempo, immagine-movimento.
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sol un còr foresto pol consolar un còr foresto…
la parola poetica risponde urgentemente alla perdita d’ identità che è medicamento al poeta per poter dare struttura alla sua capienza, al l’ utilità del suo vuoto e per poter luciferare nel caos di cui il cammino umano è parte (parte d’ incipit). la poesia vola di casella in casella, di casello in casello scivola nel grande corpo da viaggio frammentato che è il mondo fatto di uomini diversi tra loro e di uomini diversi tra loro che forgiano cose diverse tra loro e dalle cose diverse tra loro forgiate da uomini diversi tra loro che forgiano altri uomini anche essi diversi tra loro e nel quale lui può fungere da trait d’union senza blasoni alla concatenazione di eventi di incontri di penetrazioni con vivi e morti di tempi vivi e morti di cui questi agiscono attori e a cui si affiancano immagini riprese e riprese di immagini – splendida la frase di Orson Welles in apertura - talvolta dai temi ripetuti: lo svanire di ogni cosa che viaggia e treni e strade e binari e vie e sentieri – fino a diventare per ripetizione, essenziale concentrato, incisiva essenza, haimat dell’ assenza, ancora, di ciò che conosciuto è già forestiero e solo il poeta lo tiene ne accompagna il trapasso con la sua vita peché (ci) rimanga che il poeta ha solo l’ illusione che (gli) rimanga. e non è di quei viaggi che basta guardare fuori dal finestrino e pensare che c’è una casa che aprirà le sue porte imbandirà la sua tavola ci farà l’ amore con le sue lenzuola pulite ma è di quei viaggi in cui bisogna imparare una lingua multipla e nello stesso tempo gemellare e che la casa il luogo in cui nascere è la parola dell’ altro che casa è la parola dell’ altro di fronte a noi idem straniero: stranieri viaggiatori ai quali tutto vive via di mano e fermarlo vuol dire viverne a fondo la consumata tempestività . navigare in quello che muore perché una volta fuori dalla visuale del finestrino è cosa morta che può essere solo tramandata oralmente moviolata scritta reinterpretata in moltissime verità fuggitive. consolata in tante verità. questo UNO di voci lavoro impegnativo e realizzato magistralmente da Francesco Forlani del cui bagaglio di vita e poetico ci fa dono indensando condensando consumando con lingue e dislingue che in concerto con Anna Costalonga la cui poesia incanta per quanto vortichi – ma coi piedi per terra - intorno all’ assenza: canta e offre la sua attenzione a quello che è passato e lo meraviglia con parole liquide che trasformano in fiume le più dimensioni di ogni superficie all’ apparenza muta e orizzontale. entrambi autori e interpreti fanno di questa invenzione un’ opera alcemica dove il sale di un nuovo linguaggio mi si permetta androgino culla dolcissimamente nel suo dna poetico il poetico illimitato oserei galileano che l’ uomo bruciando il suo tempo di passaggio su questa terra chiama desiderio via via che quello il tempo dell’ oggetto/l’ oggetto del tempo, trascolora.
(paola lovisolo)
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