“Piacere, io sono Gauss” di Silvia Tesio, Mondadori

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

Di solito mi avventuro poco nel territorio dei cosiddetti cross over, ovvero quei romanzi che non hanno una destinazione d’età preferenziale, ma possono essere letti, con maggiore o minore soddisfazione a seconda dei casi, sia da lettori giovani che da adulti. Sono un po’ abitudinaria in questo e mi capita più spesso di restare ancorata a collane o case editrici più dichiaratamente dedite ai ragazzi, o magari agli young adults, forse conscia che se mi affacciassi oltre il parapetto familiare, potrei venire travolta dalla marea di pubblicazioni che pur essendo inserite negli scaffali per i grandi possono agevolmente interessare un’ampia fascia d’età.

Questa volta però, per una serie di fatti che passano dal passaparola di valore alla stima per l’autrice, ho fatto un’eccezione e mi sono gradevolmente persa nella lettura de “Piacere, io sono Gauss” di Silvia Tesio, edito da Mondadori.

Un romanzo gustoso, intelligente, candido come solo i bambini sanno essere ma allo stesso tempo diretto, con quel pizzico di brio e di coraggio nel disvelare le nudità del re laddove fosse necessario e portatore di un punto di vista sull’infanzia che passa prima di tutto dall’importanza del rispetto.

La voce narrante, che rende il racconto godibile e arguto, è quellPiacere, io sono Gauss (Omnibus)
a di un ragazzino di dieci anni, Gauss appunto, afflitto da un nome tanto insolito quanto altisonante, buffo e nobile allo stesso tempo.
L’autrice è molto brava nel parlare con la voce del proprio protagonista, nel celarsi dietro il suo pensiero in maniera efficace e senza sbavature.
Questo è sicuramente un punto di merito da sottolineare perché, soprattutto nel racconto in prima persona, la capacità di chi scrive di scomparire tra le pagine per rendere spessore e credibilità al proprio personaggio, anche nel caso di forti differenze di età e sesso, è una dote importante e non affatto scontata che aggiunge pathos alla storia e permette al lettore di restare coinvolto ed emozionarsi.

Gauss è realistico, simpatico e spontaneo esattamente come un bambino della sua età, come i suoi coetanei si pone domande scomode ed è infastidito dal mondo degli adulti quando pare viaggiare su binari paralleli ai suoi, senza ricevere la giusta attenzione che ritiene di meritare.
D’altra parte è capitato in una famiglia non esattamente standard, un nucleo all’apparenza un po’ bislacco formato, oltre che da lui, da tre donne: la nonna, la mamma e la sorella adolescente, anzi quella che un tempo si sarebbe definita sorellastra perché apparentatagli solo per parte materna.
Lui, unico bambino e unico maschio. E, ad aggiungersi alle differenze, il fatto che sia anche il solo a non sapere assolutamente nulla del padre biologico, a non conoscere né la sua identità né il motivo della sua assenza.
Insomma, mentre quando era piccino a certe cose nemmeno pensava, e viveva sereno e appagato dall’affetto di nonna Olimpia, risoluta e amorevole, dalla compagnia di mamma Genna, emotiva e indaffarata ma attaccata e vicina, e perfino soddisfatto del rapporto con Leonora, non entrata ancora nel tunnel scorbutico dell’adolescenza, ora che è arrivato in quinta elementare le domande non fanno altro che affollarglisi nella testa.
E più le donne della sua famiglia sviano e tergiversano, più in lui aumentano bisogno e curiosità.

E così accade che Gauss diventi anche un po’ difficile. E che la mamma debba correre a scuola perché convocata dall’insegnante perplessa e preoccupata di fronte ad alcune esternazioni del ragazzino.
Perché lui, si sa, di bugie proprio non ne vuol sapere, di mentire non è capace, anche quando la verità allarma gli adulti o li fa sentire scomodi, come seduti sulle spine…

Per fortuna poi nella vita di Gauss non ci sono solo i silenzi e i non detti. E’ una vita invero molto colorata.
C’è Azzurra, la sua migliore amica e futura moglie, costretta per malattia e troppa ansia paterna a studiare a casa, ci sono i compagni di classe, gli amici di sempre e quelli che lo stanno per diventare, c’è il fidanzato di Leonora, una delle poche figure maschili di riferimento, ci sono la mamma e la nonna, punti saldi e di sostegno. E c’è perfino un inaspettato nipotino in arrivo, da attendere con ansia e speranza e già da difendere.
Un universo d’affetto, magari un po’ anomalo e rattoppato, forse non esattamente entro le righe, un po’eccentrico, difettoso, sempre a rischio di sbandamento e di esubero emotivo, ma pur sempre ricco, autentico e protettivo.

Gauss, con la sua parlantina, la tenera irriverenza, la risoluta genuinità, con il suo modo diretto e limpido di guardare al mondo e alle persone, con la sua arguzia emotiva, la determinazione, con il suo essere allo stesso tempo simpatico ed impertinente, strambo eppure perfettamente bambino, orgoglioso e bisognoso, fragile e pieno di risorse, è un protagonista al quale si vuol bene subito, poche pagine appena e già ci si ritrova a pensarla come lui, a provare le sue stesse simpatie e antipatie, a fare il tifo per i suoi improbabili piani e le sue raffinate indagini per scoprire l’identità paterna.
Ci si indigna e si palpita, si sorride (molto) e ci si meraviglia. Si cala un po’ il sipario del nostro essere adulti per immergersi in un’ottica infantile che è piena di spessore e di profondità, di verità anche scomode e che offre molteplici spunti tramite i quali rianalizzare il nostro rapporto con i bambini e il nostro bisogno di proteggerli.
Ma non c’è giudizio tra le righe di Silvia Tesio, infondo, nemmeno per gli adulti, basta che siano animati da volontà buona e da amore. C’è condanna invece per la codardia, per l’irresponsabilità, c’è rifiuto per chi agisce senza attenzione ai sentimenti e per chi scappa di fronte alle necessità della vita.

Nonostante sia Gauss, un ragazzino di dieci anni, il personaggio principale, e nonostante l’autrice ne renda la voce con naturalezza denotando un’accurata conoscenza, soprattutto emotiva, dell’infanzia, una parte dell’anima del romanzo resta fortemente femminile.
Appartiene a quelle donne che hanno alla fine sempre l’ultima parola sulla vita, che scelgono la nascita qualora la desiderino nonostante le difficoltà, cha sanno aprire il loro cuore all’imprevedibilità dell’esistenza, a quelle donne che pur lasciate sole sanno fare coro, che mettono al mondo figli per amarli.
E non importa che mettere al mondo sia l’atto fisico del partorire o quello simbolico dell’accogliere. Sempre di figli si tratta e tutto il resto, forse, son dettagli.

(età consigliata: dai 14 anni)

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