L’habitat dunale, fortemente minacciato dal disturbo antropico, ha una vegetazione straordinariamente interessante
di Fabio Ippolito*
Nella quasi ininterrotta distesa di stabilimenti balneari che si affacciano su alcune tra le più belle spiagge d’Italia, occhieggia qua e là un nucleo di verde e giallo paglierino, ora digradante verso l’arenile, ora arroccato sulla parte più alta delle dune sabbiose. Impossibile riconoscere in questi relitti di habitat le dune di cui parlava Cosimo De Giorgi nella sua descrizione della provincia di Lecce, dune alte fino a 10 metri e più, che evocano piuttosto quelle del parco di Doñana in Spagna che quelle oggi sopravvissute sulla costa di Porto Cesareo e che fanno il vanto di queste spiagge.
Eppure, nascosta qua e là in mezzo a irrispettose e invadenti dimore estive, involgarita da specie esotiche o proprie di ambienti a forte disturbo antropico, sopravvive una delle vegetazioni più interessanti che ci siano nei nostri ambienti naturali, tanto da essersi meritata, dalla battigia fino al retroduna, il massimo grado di tutela nella direttiva “Habitat” dell’Unione Europea.
Il litorale, nella sua fascia più esterna, quella a diretto contatto con il mare, il cosiddetto bagnasciuga, prende il nome di zona “afitoica” in quanto esso è sempre privo di vegetazione per le condizioni ecologiche estreme, determinate dalle variazioni che si succedono con molta rapidità. In questa fascia si accumulano i detriti vegetali portati dalle onde, costituiti spesso da resti di Posidonia oceanica, che proteggono le spiagge dall’erosione e sono ingiustamente trattati come “rifiuto”. Nella prima fascia, quella delle cosiddette “linee di deposito marine”, si sviluppa una flora costituita da specie a ciclo breve: si tratta di piante che germinano in autunno oppure alla fine dell’inverno ed hanno un periodo vegetativo che a volte dura soltanto 1-2 mesi. La specie più comune è il ravastrello marittimo (Cakile maritima), di aspetto succulento, la salsola erba-cali (Salsola kali) e l’euforbia delle spiagge (Euphorbia peplis); alla fine del periodo vegetativo rimangono in questa zona soltanto pochi sterpi secchi, che vengono portati via dal vento, e i semi, che germineranno nell’anno successivo.
Nel processo di formazione dei primi stadi della duna (duna embrionale) si inserisce la gramigna delle spiagge (Elytrigia juncea, più nota con il nome di Agropyrum junceum), una graminacea perenne psammofila, cioè adattata alla vita sulla sabbia, che si propaga rapidamente su rizomi orizzontali. Un ulteriore processo di sviluppo si avvia quando sulla duna embrionale compare un’altra graminacea psammofila perenne: lo sparto pungente (Ammophila littoralis = A. arenaria), che ha robusti culmi (fusti) eretti, alti fino a un metro e mezzo, foglie anch’esse erette a formare un denso cespo alto un metro e più, e che costituisce una barriera alla sabbia portata dal vento, che si deposita tra i suoi fusti. Nell’ammofileto troviamo ancora l’erba medica marina (Medicago marina), assieme a vilucchio marittimo (Calystegia soldanella), euforbia marittima (Euphorbia paralias), calcatreppola marittima (Eryngium maritimum), papavero cornuto (Glaucium flavum), finocchio litorale spinoso (Echinophora spinosa), giglio marino comune (Pancratium maritimum), ginestrino delle spiagge (Lotus commutatus), violaciocca (Matthiola spp.) ed altre.
La vegetazione delle dune raggiunge il massimo della complessità quando la superficie viene occupata dalle specie legnose; essa è costituita da ginepri (Juniperus oxycedrus macrocarpa) spesso di grandi dimensioni, e da specie accompagnatrici anch’esse per lo più arbustive, come lentisco (Pistacia lentiscus), fillirea (Phillyrea latifolia) e cisti (Cistus spp.).
*Fabio Ippolito è Agronomo e paesaggista, ha collaborato a numerosi progetti nel campo del paesaggio, della tutela della biodiversità vegetale e delle aree protette ed habitat naturali, svolgendo numerose consulenze ed analisi paesaggistiche, botanico-vegetazionali e agronomiche, studi di impatto ambientale, e progetti di aree verdi. È coordinatore tecnico dell'Orto Botanico dell’Università del Salento ed autore di numerose pubblicazioni su parchi, giardini storici e orti botanici, e sulla conservazione e l’impiego delle specie vegetali.