Piazza Duomo per inaugurare il 2013

Da Allaroundthefood

2013. L'anno che non sarebbe mai dovuto arrivare secondo alcuni, l'anno, per molti altri, dove mettere i puntini sulle i di molte parole iniziate nel 2011. Sono già passati quasi 2 anni dal giorno in cui abbiamo deciso di intraprendere questo percorso all'Unisg e inspiegabilmente è già ora di pensare alla tesi, alla laurea. Non è ancora il momento per fare bilanci su questa scelta, per molti aspetti mi aspettavo di più, per altri è andata esattamente come mi aspettavo. Un piccolo bilancio però lo voglio fare, in parte perchè il risultato è sorprendente, in parte perchè è la dimostrazione di quanto i contatti via web possono essere molto di più di quanto ci appaiono e avere un potenziale enorme sulle nostre scelte: la mia scelta di iscrivermi al percorso magistrale all'Unisg è maturata definitivamente dopo aver parlato con due persone: Valeria e Sigrid. La prima mi ha aiutato a chiarirmi le idee sull'Unisg e su i suoi corsi, la seconda mi ha fatto capire definitivamente quanto il master di giornalismo enogastronomico del Gambero Rosso non aveva più  senso seguirlo da quando se ne era andato Stefano Bonili.Ho pensato molto alle parole di entrambe, le ho miscelate con le mie aspirazioni, i miei desideri e le mie possibilità. Ed alla fine ho scelto questo percorso, che se anche forse non si è rivelato così value for money come direbbero dall'altra parte della Manica, ha contribuito a farmi conoscere e capire un bel po' di questo mondo e delle persone che lo abitano, ma soprattutto mi ha fatto definitivamente capire cosa mi piace e cosa non mi piace fare e forse questo è il risultato più importante:-)Un grazie quindi alle loro parole e all'avermi dedicato dei preziosi minuti due anni fa ed un grande grazie alla rete che ha permesso lo scambio di opinioni e idee.
2013.L'anno è iniziato con una sessione di esami piuttosto sprint e verso la fine, in mezzo a molti momenti concitati per decidere definitivamente lo stage e a ricerche case infinite, è arrivato il momento di dirigerci verso Alba, per conoscere la cucina di Enrico Crippa.Studiato in aula, intervistato in un pomeriggio afoso, celebrato da mezzo mondo, ora era il momento per  metterci alla prova anche noi, per capire se capivamo, per salutarci tra di noi e salutare le Langhe con il suo figlio adottivo prodigio.La sala rosa era quasi tutta prenotata per noi, il manto nevoso attutiva qualsiasi rumore ed io ringraziavo, ancora una volta, Manuel Miliccia per averci permesso di essere lì ad un prezzo politico come lo aveva definito lui al telefono.

La cena inizia con la deposizione sulla tavola di una galletta dall'anima molto sofisticata. Viene servito poco dopo un creme caramel salato a cui ci accingiamo cercando di mediare tra la fame, il desiderio di capire e apprezzare e la voglia subito di chiederci, ancora a bocca piena: 'ma secondo te quel retro saporino era...?'Il creme caramel viene così bollato come uno piatto in cui torna tutto quello che avevamo capito di lui: forte impronta italiana e forte ispirazione giapponese, voilà ecco qui un creme caramel che sa di funghi e alghe:-)Arrivano poi dei mikado sensazionali alla Carbonara ed al broccolo, dei canestrelli con umeboshi e alga nori. Il ping pong tra oriente ed occidente è sempre più chiaro, la mise en place non lascia dubbi che il paese di Mila e Shiro abbia insegnato parecchio allo chef.

 E poi arrivano le finte olive, un piatto che ha lasciato tutti noi estasiati per la assoluta perfezione nella ricostruzione della drupa. Le olive erano ripiene di carne cruda o di scampi e sono state, quantomeno per noi, il piatto che ha fatto capire la qualità dell'idea e la capacità della sua messa in pratica di Enrico. Esteticamente perfette, organoletticamente ineccepibili per equilibrio di sapori e texture. La cena prosegue con un'altro piatto che mi ha lasciato basita fin dal primo assaggio: crema di foie gras con spuma al geingerino. La nota grassa del foie gras completamente mediata da una spuma amarognola e che lascia la bocca pulita e fresca, pronta per un nuovo assaggio. Confesso che forse è il piatto che mi ha entusiasmato di più, quello che mi ha fatto guardare in tutte le direzioni cercando sguardi complici on cui condividere l'entusiasmo.

A suggellare il mio definitivo entusiasmo è arrivata lei. La frittata di erbe con salsa tonnata e bietole. Non avevamo posate e da lì non ci è voluto molto per capire che era una cosa da mangiare con le mani e che doveva avere una consistenza piuttosto morbida. Molto morbida. Mai però ci saremmo aspettati di mangiare "il fiorista" come in maniera poco intellettuale ho definiti io il piatto. Appena messa in bocca la frittata si è letteralmente squagliata convertendo tutti i profumi di un negozio di fiori in sapori altrettanto precisi e distinguibili. Forse Crippa ha voluto avverare il sogno di tutti quei bambini, che come me, cercavano sempre di mangiare la spugna dove erano inseriti i fiori per provare che sapore avesse. Ecco la risposta vent'anni dopo:-)

La scia veg doveva avere un apice. E quell'apice lo sospettavamo tutti che si sarebbe rivelato come l'insalata 21, 31, 41, 51. Un modo elegante per dire insalata mista, mi correggerebbero molte persone di mia conoscenza, un modo per mangiare il mondo penso che ribatterei io.La vastità di erbe, semi e fiori all'interno di questo piccolo scrigno di vetro era mostruosa. Ho mangiato per almeno i due terzi foglie che non avevo mai assaggiato e mi sono leccata i baffi con quel crostino che ricordava così tanto il pollo fritto della domenica. ma in definitiva ho mangiato biodiversità, pazienza, conoscenza e lavoro. Tanto lavoro per comporre un piatto così poco cucinato eppure così studiato, naturalmente studiato lo definirei:-)La cena continua con una crema di patate con uovo di quaglia e tè nero, un omaggio alle consistenze e allo sdoganamento del tè come spezia per insaporire piatti salati e non solo acqua calda, si prosegue poi veloci con un risotto al cardamomo affumicato e ad un brasato su purea di patate dolci. L'arrivo del dolce è fortemente atteso. A Londra avevo imparato ad apprezzare i dolcetti giapponesi, così poco dolci e così poco stucchevoli rispetto ai nostri. Il ping pong tra occidente e oriente doveva manifestarsi anche nella portata finale mi son detta.

In realtà il dolce è stato un tributo al frutto simbolo delle Langhe, la nocciola. Gelato alla nocciola, sormontato da una spuma alle nocciole con salsa al caffè. Buonissimo ma mi aspettavo più oriente, più rimbalzi di sapore e profumo tra mondi che negli antipasti avevano comunicato in maniera eccezionale.La conclusione è il caffè con le friandises per concludere una cena che penso abbia lasciato tutti noi diverse volte senza parole per accostamenti mai visti o pensati.

I prossimi post saranno scritti e fotografati a 500 km più a nord est, Trentino e Alto Adige (devo cominciare a separarli nettamente) fino luglio sarete la nostra nuova casa: Trento per me e Varna per la fotografa.Stay tuned!
PS: anche questo post necessita di un ringraziamento: se non ci fosse stato Marco a prendere nota di tutti i piatti assaggiati con relativi ingredienti mi sarei sicuramente persa qualcosa, grazie!
  

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