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Piccola guida alla storia di Tabelle: origini e archeologia di un feudo neretino (IV parte)

Creato il 07 agosto 2014 da Cultura Salentina

Piccola guida alla storia di Tabelle: origini e archeologia di un feudo neretino (IV parte)

7 agosto 2014 di Redazione

di Riccardo Viganò

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Galatina,Chiesa Esaltazione della Croce o Cristu di Tabelle

 

4. Tabelle in periodo post medievale e moderno.

Negli atti della visita pastorale del vescovo De Justinis del 1485, Tabelle non è menzionato, tuttavia, nonostante i limiti delle fonti documentarie, la mancata attestazione può solo indicare che, come per molti casali del territorio neretino, subì un concreto processo di spopolamento.

Il casale pur disabitato, però continua ad essere sottoposto all’esercizio della Cura Animarum, garantito dal archipresbiteriato rurale. Certamente non si può assolutamente parlare di un totale abbandono, se vengono lasciate le abitazioni, non viene necessariamente abbandonata la terra che continua ad essere coltivata, Re Ferrandino D’Aragona concedette alla chiesa di Nardò appena eletta a sede vescovile, l’esercizio della Bagliva.

Con lo spopolamento della campagna ed il conseguente declino di molti casali. Nel XVI secolo, si determinò la riattivazione dell’area sotto la forma di impianto masseriale, nuova espressione di una forma di utilizzazione del suolo e di Ri-organizzazione dell’abitato a carattere permanente. Il   feudo di Tabelle, certamente non dovette rimanere a lungo abbandonato,alla metà del XVI questo feudo che costituiva uno dei più cospicui possedimenti di Nardò, attira l’attenzione del vescovo Abrogio Salvio il quale riorganizza l’assetto agrario ed economico.

“ il Vescovo Ambrogio Salvio,( 1569-1577) estese la sua accorta politica alla situazione agraria e patrimoniale di tabelle, concedendo quelle terre in enfiteusi e concordando con i contadini la rotazione delle colture e le decime dovute alla mensa vescovile.”( Vittorio Zacchino 1990)

Sull’esempio di questo presule, i suoi predecessori s’interessano a Tabelle in funzione prevalentemente patrimoniale, lasciandone memoria negli atti delle loro visite pastorali, come Mons Bovio nel 1578, Mons. Chigi, nel 1636.e Mons. Sanfelice nel 1719. Nella documentazione riguardante la visita pastorale svolta per compito di Mons. Fabio Chigi ( il futuro pontefice Alessandro VII) dal suo vicario Granafei, avvenuta nel 1637, sono inseriti i Capitoli della Bagliva che forniscono un quadro della ruralità del periodo. Altre documenti, invece, perfezionano la conoscenza che noi abbiamo del periodo dei duecento quaranta coloni e dai censi loro dovuti .

Tra questi documenti, compilati dal Vicario Granafei per conto del Chigi, ve ne è uno altro, transuntato nel 1778, nel quale viene riportato una preziosa testimonianza sul il pagamento delle decime sul del vino e dei musti: “Tenentur etium Coloni Habente Vinea in dicto Feudo ad dictam decimam Vini Musti, asportandam per eos in Civitate Neritonem intus cellarium (…) vel in terra Galatone intus cellarium Arrenditioni eiusdem feudi

La presenza di molte vasche o palmenti di sicura origine post medievale nell’area dell’ormai ex casale indicano una grande produzione di vino e mosti. Scavate nella roccia su vari livelli venivano impermeabilizzate con un rivestimento in “opus signinum” o coccio pesto. Di questo rivestimento sono stati rinvenuti più di quattro strati che ancora oggi garantiscono una buona impermeabilizzazione. alcune di queste vasche presentano gradini all’interno ed all’esterno atti a facilitare l’accesso ad una piccolissima fossa posta in fondo , di forma variabile destinata a raccogliere l’ultima parte del mosto.

Gli stessi Capitoli della Bagliva ci danno indicazione sulle varietà e quantità dei vari prodotti agricoli coltivati dai coloni del feudo come: grano, orzo, fave, avena, lino, cotone, avena, cipolle. Inoltre nell’Inventario dei Beni del defunto marchese C. Pinelli ci indica, riportandoli, i prodotti soggetti a decima nel territorio di Tabelle: “ Grano, orgio, fave, avena,lini, vini musti, lenticchia zafarana, e ogli, ma anche cepolle, miloni, cocomeri, cucuzze, ciciri, fasoli, dolica, bombace, pastinache.”

Certamente il casale mutò aspetto, sicuramente l’abitato medioevale dovette essere smantellato, per la costruzione della masserie. Il continuo spoglio per riutilizzi successivi del casale è testimoniato da una lastra di pietra lavorata a tavola da gioco, reimpiegata in una costruzione per uso agricolo, il tavoliere è costituita da tre quadrati concentrici che si intersecano una per ogni lato del quadrato. Caratteristica fondamentale di questa tavola da gioco è che essa non è graffita, come nella maggior parte degli esemplari ritrovati nel Salento ma scolpita nella lastra di carparo un unic del suo genere.

Forse a partire dalla fine del XVI secolo, gran parte del suo territorio divenne oggetto di importanti attività estrattive. Sappiamo da un documento notarileche l’oggetto di tale attività estrattiva era “Pietra Negra”(carparo?). Per tale attività la viabilità precedente dovette essere modificata totalmente e allargata in alcuni punti, Diventando l’attuale viabilità. Anche le cisterne, ottimo indicatore cronologico discriminante, sono coinvolte hanno un notevole cambiamento. Se quelle di più antiche periodo medievale erano di forma circolare, piriforme in sezione e coperte con una vera lapidea quadrangolare, esse scavate completamente ne banco roccioso e poi impermeabilizzate con intonaco di calce idraulica. Di contro in periodo post-medievale,successivo all’abbandono del casale, tra il XV e XVII secolo, le cisterne subiscono una mutazione evolutiva, esse diventano di forma oblunga, con sezione tronco piramidale e profonde,con copertura grossi a lastroni, e una possibilità di conservare una portata d’acqua maggiore dei periodi precedenti. Il riutilizzo di piccole cavità di interstrato, caratteristiche di tutta l’area, generatesi in corrispondenza di un piano di strato e soprattutto lungo i piani di separazione tra un bancone e l’altro, come la grotta detta del Noce e molte altre presenti lungo le rive del canale dell’asso o artificiali esistenti all’interno dell’area del casale. Alcune di esse vennero precedentemente utilizzate come abitazioni e o depositi, per essere poi,alcune di esse, riadattate a stalle per animali e rifugi temporanei.

La successiva dissolvenza e la frantumazione del vasto feudo del casale, hanno dato luogo a due entità e proprietà distinte,Tabelle e Tabelluccio. Quest’ultimo fu infeudato a diverse famiglie della nobiltà galatonese alla fine del XVI secolo, i De Magistris e successivamente, nel 1678 i Leuzzi i quali con il titolo di barone di Tabelluccio ereditato dai primi, detennero la signoria fino al 1806. La ulteriore parcellizzazione del feudo di Tabelle si è compiuta in tempi più recenti, durante il decennio francese del Regno di Napoli (1806-1815) a seguito dell’incameramento dei beni ecclesiastici da parte dello stato a privati del vastissimo patrimonio immobiliare della chiesa.

(continua…)

Bibliografia:

Viganò R., Il caso archeologico esemplare di Contrada Monacelle, in”il Giornale di Galatone” n°24 novembre-dicembre 1999

Viganò R.,  Contrada Monacelle: La cripta De Giorgi, in”il Giornale di Galatone” n°28 luglio-agosto 2000

Viganò R., I Materiali archeologici quotidiani di Contrada Monacelle, in”il Giornale di Galatone” n°30   novembre dicembre2000

Zacchino V, Galatone Antica,Medievale,Moderna:Origine e sviluppo di una comunità Meridionale, Galatina.


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