Mi piacerebbe che in questo Paese, dove impera la retorica, dove si parla tanto e si agisce poco, dove grandi delinquenti sono anche grandi dispensatori di consigli, di suggerimenti, trovasse ascolto una piccola, semplice proposta, che affido al mio blog: quella di raccogliere le firme per promuovere una legge d’iniziativa popolare che preveda che tutti i componenti di un governo siano chiamati a rispondere in prima persona dei danni provocati alla comunità dalle leggi da loro approvate.
Rendere l’autore di una scelta diretto responsabile delle conseguenze da quella derivanti e, in generale, prevedere efficaci disincentivi in grado di porre un freno a scelte irresponsabili, è, secondo me, la strada maestra da percorrere se si vuole far qualcosa per costruire una società meno ingiusta di quella nella quale viviamo, dove un gran numero di persone gode di assurde posizioni di privilegio e per di più non rende conto del proprio operato.
Basta pensare a tanti responsabili di grandi aziende (pubbliche e private) e alla burocrazia (centrale e periferica).
A rendere particolarmente ingiuste, e per questo ancora più inaccettabili, le forme di privilegio (proprie di una società medievale) che ogni giorno di più sono davanti ai nostri occhi è l’assoluta mancanza di reciprocità, di equilibrio, che le caratterizza (non a caso il simbolo della giustizia è una bilancia).
Quella che vorrei venisse colta è l’evidente asimmetria: se da una parte chi occupa certe posizioni gode del privilegio di guadagnare somme sicuramente elevate (in parecchi casi irragionevolmente elevate), dall’altra chi beneficia di questo privilegio non è chiamato a rispondere in prima persona delle conseguenze negative del proprio operato.
In Italia si parla tanto (giustamente) del mancato riconoscimento dei meriti delle persone e si indica questa mancanza (quella di non poter godere del diritto di vedere riconosciuti i propri meriti) come una delle cause dell’arretratezza che caratterizza il Paese.
Bisognerebbe però che accanto ai diritti trovassero posto anche i doveri.
Ci si dovrebbe, per esempio, rendere conto che un ruolo ancora più negativo, nel lungo elenco delle cause all’origine della degradata situazione italiana, ce l’ha la mancata sanzione dei demeriti, delle colpe, delle responsabilità.
Non sto parlando di chi commette un reato, sto parlando di chi, occupando posizioni di responsabilità (e questo tanto nel pubblico quanto nel privato), viene meno ai propri doveri d’ufficio e, come conseguenza, determina un danno per altri.
Non punire in maniera adeguata chi causa un danno è senz’altro più grave che non premiare chi contribuisce ad un’impresa positiva.
Se si vuole che qualcosa cambi per davvero in questo Paese c’è una cosa che bisogna assolutamente fare, prima di tante altre: “toccare le tasche” di chi si rende responsabile di un danno per la comunità.
Il codice di Hammurabi, risalente a circa 3.800 anni fa, fornisce un chiaro esempio di come per gli antichi il concetto della reciprocità facesse parte di quello di giustizia.
In quelle leggi vi era simmetria, reciprocità, tra il danno provocato e la pena; un esempio classico è quello di una casa che crolla per colpa di chi l’aveva costruita.
Se il crollo provocava la morte del proprietario, il costruttore veniva punito con la morte; se a morire per colpa del costruttore era il figlio del proprietario della casa, a morire era il figlio del costruttore.
Come per tante cose della vita, sono gli antichi ad indicarci la strada da seguire.