La macchina si spense proprio mentre ero fermo lungo la salita di una stradina che faccio sempre per tornare a casa dalle prove. Mezzanotte passata e un’altra volta fermo nonostante fosse la terza volta in un mese che mio padre la portava dal meccanico. Il bello è che mi ero fermato per offrire aiuto ad un tizio che mi sembrava in difficoltà. Avevo giusto visto un’ombra nella notte e poi due macchine nel senso contrario al mio che gli si erano affiancate, anche loro per vedere come stava. Sembrava che fosse caduto per terra, per il modo in cui reggeva la bici, ma non lo so poi se fosse caduto o no, stava comunque cercando qualcosa per terra. Capii molto in fretta che era ubriaco e poco dopo che era un po’ fatto. A quel punto gli dissi che potevo accompagnarlo io, che la bici la poteva mettere nel portabagagli. A dire il vero non ero molto convinto che la macchina sarebbe ripartita, ma anche lui poi chissà dove andava. Mi disse “Lugnola, abito a Lugnola”. Mai sentito. Gli chiesi “ma sta giù o su?”, per sapere se dovevamo tornare indietro o proseguire per la mia direzione. Non era molto sicuro neanche lui, comunque disse su. La macchina poi partì, feci un po’ di discesa all’indietro per provare a partire in pianura. Per fortuna Lugnola è un paesino distante una ventina di minuti da dove abito, per quanto io continuassi a nutrire dei dubbi circa l’efficacia della memoria del tizio, un giovane albanese che vive con i suoi fratelli, anche se in case diverse da quanto ho capito, e che ogni tanto riesce a lavorare come muratore, almeno da quando non spaccia, un precario anche lui in fondo. I suoi fratelli sono tutti sistemati, matrimonio e figli vari, e lui mi sa che è la famosa pecora nera della famiglia, c’ha provato anche lui a sposarsi ma il padre di lei non voleva. L’aspetto triste della vicenda è che il giovane era sceso in città per l’appuntamento settimanale con il SerT, per la dose di metadone, e che però aveva perso l’unico pullman che poteva riportarlo a casa, così si era procurato una bicicletta, un bel po’ di vino e tanta pazienza, considerando che da Terni a Lugnola in macchina più di mezz’ora ci vuole, che la salita è tanta e che se l’ho trovato di notte, tanta strada non doveva poi averne fatta. Senza contare il suo stato. Comunque a Lugnola ci arrivammo, e G., prima di andarsene ci tenne moltissimo ad avere il mio numero di telefono, mi chiese se volevo delle scarpe, dei vestiti, mi chiese se prendevo qualcosa anch’io e fu contento del mio no, infine trovò il tempo per dirmi che gli albanesi di Tirana e Durazzo sono ok, ma già se ti sposti è meglio lasciarli perdere, gli dai un passaggio e magari girano con la roba addosso e poi ti fermano e ti mettono nei casini. Ecco, all’una di notte passata, sentirlo ricordarsi dei pregiudizi uguali penso in tutto il mondo, in mezzo a una giornata del genere, fu proprio buffo.
La macchina si spense proprio mentre ero fermo lungo la salita di una stradina che faccio sempre per tornare a casa dalle prove. Mezzanotte passata e un’altra volta fermo nonostante fosse la terza volta in un mese che mio padre la portava dal meccanico. Il bello è che mi ero fermato per offrire aiuto ad un tizio che mi sembrava in difficoltà. Avevo giusto visto un’ombra nella notte e poi due macchine nel senso contrario al mio che gli si erano affiancate, anche loro per vedere come stava. Sembrava che fosse caduto per terra, per il modo in cui reggeva la bici, ma non lo so poi se fosse caduto o no, stava comunque cercando qualcosa per terra. Capii molto in fretta che era ubriaco e poco dopo che era un po’ fatto. A quel punto gli dissi che potevo accompagnarlo io, che la bici la poteva mettere nel portabagagli. A dire il vero non ero molto convinto che la macchina sarebbe ripartita, ma anche lui poi chissà dove andava. Mi disse “Lugnola, abito a Lugnola”. Mai sentito. Gli chiesi “ma sta giù o su?”, per sapere se dovevamo tornare indietro o proseguire per la mia direzione. Non era molto sicuro neanche lui, comunque disse su. La macchina poi partì, feci un po’ di discesa all’indietro per provare a partire in pianura. Per fortuna Lugnola è un paesino distante una ventina di minuti da dove abito, per quanto io continuassi a nutrire dei dubbi circa l’efficacia della memoria del tizio, un giovane albanese che vive con i suoi fratelli, anche se in case diverse da quanto ho capito, e che ogni tanto riesce a lavorare come muratore, almeno da quando non spaccia, un precario anche lui in fondo. I suoi fratelli sono tutti sistemati, matrimonio e figli vari, e lui mi sa che è la famosa pecora nera della famiglia, c’ha provato anche lui a sposarsi ma il padre di lei non voleva. L’aspetto triste della vicenda è che il giovane era sceso in città per l’appuntamento settimanale con il SerT, per la dose di metadone, e che però aveva perso l’unico pullman che poteva riportarlo a casa, così si era procurato una bicicletta, un bel po’ di vino e tanta pazienza, considerando che da Terni a Lugnola in macchina più di mezz’ora ci vuole, che la salita è tanta e che se l’ho trovato di notte, tanta strada non doveva poi averne fatta. Senza contare il suo stato. Comunque a Lugnola ci arrivammo, e G., prima di andarsene ci tenne moltissimo ad avere il mio numero di telefono, mi chiese se volevo delle scarpe, dei vestiti, mi chiese se prendevo qualcosa anch’io e fu contento del mio no, infine trovò il tempo per dirmi che gli albanesi di Tirana e Durazzo sono ok, ma già se ti sposti è meglio lasciarli perdere, gli dai un passaggio e magari girano con la roba addosso e poi ti fermano e ti mettono nei casini. Ecco, all’una di notte passata, sentirlo ricordarsi dei pregiudizi uguali penso in tutto il mondo, in mezzo a una giornata del genere, fu proprio buffo.
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