“Per te, tre euro! Per americano, sei!” e rideva giù di gusto, come se l’accoppiata americano/pollo da spennare lo rendesse felice. Chissà cosa diceva, che ne so, ai francesi.
“Ora respira e… desiderio!” mi ordinò mentre lo legavo. E via, su, mi son detta: esprimiamolo ‘sto desiderio. Che costa in fondo?
E siccome il mio albergo era da quelle parti, tutti i giorni lo rincontravo e sbandieravo il mio braccialetto a mo’ di lasciapassare e lui buttava lì dei gran sorrisi bianchi.
Attenzione: pollo già spennato. Proseguire pure.
È passato quasi un anno da allora e il braccialetto sta ancora lì, al mio polso destro. Nulla ha valso l’incuria, le docce quotidiane, la spiaggia, i maglioni, lo sfregamento con altri più blasonati braccialetti.
Nulla, lui è rimasto lì, ad attendere il passaggio del tempo e delle stagioni, saldamente (più o meno) ancorato al mio polso.
Invece di rompersi e di fare il suo dovere liberando il mio desiderio, lui che fa? S’allarga.
S’è allargato, il bastardo, e ora rischio di perderlo in giro. Di perderlo, capite? Senza che si sia rotto.
Ora, ovviamente non ci credo a questa storia del desiderio.
Chiaramente.
Se fosse così facile ottenere quel che si vuole, il simpatico ragazzo di Montmartre sarebbe ricco sfondato e con la fila fuori dalla porta. Però trovavo tutto molto poetico, quasi da film. Vuoi vedere che stavolta… e invece no.
Non è che Dio mi poteva mandare un segnale classico, tipo “Toh, s’è rotto e non è successo nulla”.
No. Per essere certa che io recepisca il messaggio, il bracciale s’è allargato, mi esce, ma non s’è rotto.
Del tipo manco-ci-sperare.
Anche se non è che ci sperassi poi granché.
E non è che io abbia espresso il desiderio di fare sei al Superenalotto o di ricevere direttamente dal cielo un bonifico da € 100.000 sul conto.
Io scelgo sempre cose banali, cose banali ma non facilmente realizzabili.
Magari al livello dell’impossibile o giù di lì.
Cose che da sola non posso realizzare, sennò faccio da me.
Ché mica dei braccialetti mi fido tanto, io, eh…