122 film da 27 paesi. 345 proiezioni spalmate su 9 sezioni. 71.000 spettatori e 450 ospiti dal mondo intero. E ancora: tributi, premi, retrospettive, tavole rotonde, conferenze stampa e gli immancabili party; lacustri, considerata la location. Nell'inquadratura anche un budget di 6,1 milioni di franchi svizzeri (circa 5 milioni di euro)... Sono i numeri in crescita, certificata, del Zürich Film Festival che, nato in sordina 9 anni fa, si sta facendo spazio nell'affollato panorama delle rassegne cinematografiche mondiali. L'obiettivo? Raggiungere, “Schritt für Schritt”, il livello del Sundance, Toronto e San Sebastian, come amano dichiarano i co-direttori Karl Spoerri e Nadja Schildknecht. Dovere di cronaca espletato, doveroso ora un commento a caldo su questo ZFF conclusosi oggi, ma i cui Goldenes Auge sono stati consegnati ieri sera sul prestigioso palcoscenico del Teatro dell'Opera. Sintomo di come a Zurigo le arti si contamino l'una con l'altra.
Comodo avere un festival sotto casa e a portata di tram
Abituato da oltre vent'anni a frequentare esclusivamente i cosiddetti festival di "serie A" (Berlino, Cannes, Venezia...), la prima partecipazione da giornalista accreditato a un festival cosiddetto “metropolitano” (rispondente alla diffusa domanda culturale di una grande città) è stata piuttosto spiazzante. Schivata la comoda ma scorretta tentazione di paragonare il ZFF ai colossi sopracitati, quali parametri utilizzare per poterlo giudicare? I numeri soprascritti parlano da sé: il Festival di Zurigo ha i soldi, il pubblico, le infrastrutture, il glamour, il gossip e la copertura mediatica necessari e, di questi tempi, pressoché indispensabili per poter competere con gli altri festival “metro” che ormai nascono come funghi un po' dappertutto. Ma interpreta al meglio il triplice ruolo (proporre cinematografie altre, registrare nuove tendenze e scoprire giovani talenti) che un festival, con la “f” maiuscola, dovrebbe esprimere? Ho visto “solo” un quarto dei film in catalogo, scelti con insindacabile gusto personale, per poter dare un giudizio obiettivo. Non sono mancate visiono gratificanti ed emozionanti nonostante il giudizio soggettivo auspica una selezione che dovrebbe osare di più. E non limitarsi a sbandierare le 48 “Premiere im deutschprachigen Raum” in cartellone; un'etichetta furbetta per definire l'anteprima in un territorio linguisticamente tedesco. Oltre alla Germania, all'Austria e alla Svizzera (non tutti i cantoni però), gli organizzatori avevano preso in considerazione anche il Liechtenstein, l'Alto Adige/Südtirol, il Lussemburgo, la Namibia e altre enclavi germanofone sparse per il mondo?
40-2013