Non so né il come né il perché, ma quella mattina avevamo deciso di fare una gita ad Aci Castello. Oramai Catania l’avevamo vista tutta, l’aereo del ritorno partiva la mattina dopo, ci può anche stare, aveva pensato mia moglie che allora non era ancora mia moglie, un giorno di itinerario casuale, proviamo Aci Castello, d’altronde anche la guida ne parla. E così a metà mattina siamo lì, nella piazzetta antistante la fortezza sul mare, il gusto del caffè e del cornetto ancora sul palato, i denti pelosi, come li chiamava una mia amica, quando fai colazione fuori e non hai con te il necessario per lavarli.
Mia moglie chiama una collega, dopodomani si torna in ufficio dopo questo ponte tra il venticinque aprile e il primo maggio del 2003, un saluto e qualche dettaglio su quello che succede in ufficio. Io mi guardo un po’ intorno, ci sono mamme con bambini in triciclo, anziani a spasso, gente normale. Due amici stanno seduti su una panchina ubicata alll’ombra di albero, nel centro di un microgiardino, e mentre chiacchierano noto un tizio che si affretta verso di loro, un po’ concitato, ha in mano qualcosa di scuro e lo punta contro uno dei due. Non ci faccio subito caso, ma sento due colpi piuttosto forti. Uno dei due uomini seduti inclina di colpo la testa in avanti, come se si fosse addormentato sul colpo, l’altro resta immobile. Forse ho capito: qualcuno ha sparato a qualcun’altro.
Mia moglie è tutta presa nei suoi aggiornamenti di lavoro, mi guarda come a dire che cosa vuoi. Non hai sentito? Hanno sparato, dobbiamo scappare da qui. Senti, ti richiamo dopo, dice alla collega. Hanno sparato, non so che succede. Il panico è generale. Le mamme tirano su alla svelta i bambini e i tricicli, i passanti si allontanano di fretta, il tizio con la pistola sempre puntata inizia a correre verso quello che avremo scoperto dopo essere l’ingresso del Municipio. Io e mia moglie, ovviamente, facciamo la cosa più stupida, saliamo le scale che portano alla fortezza, non pensando che se il folle che ha sparato decide di barricarsi in un posto sicuro, continuare il suo massacro o anche solo prendere ostaggi, saremmo stati a sua completa disposizione. Topi in trappola. Per fortuna il castello è chiuso, beati gli orari naif dei luoghi di interesse turistico, e così torniamo verso il luogo del delitto. Di corsa, come tutti.
Una signora apre le persiane di una porta finestra al pianterreno del palazzo di fronte e ci fa entrare tutti. Siamo una dozzina di persone. Arriva anche il figlio, era di là studiare, sarò uno e novanta per centoventi chili. Estrae una bottiglia di acqua dal frigo e inizia a versare bicchieri ristoratori per tutti. Ci scambiamo impressioni con i compagni di sventura, le madri sono le più spaventate, a differenza dei loro bambini che sembrano tutt’altro che preoccupati. La padrona di casa si lamenta ad alta voce, dice che non è mai successo una cosa simile in quel paese. Io e mia moglie, forti dei nostri pregiudizi, ci scambiamo sguardi interrogativi e preferiamo non approfondire la questione con le persone presenti lì, che capiamo essere tutte del posto.
Do un’occhiata fuori, vedo i vigili su luogo dell’omicidio, vicino alla vittima una donna in costume da bagno, un medico che era sulla spiaggia a prendere il sole, sta tastando il polso dell’uomo, ma si capisce che c’è ben poco da fare. Inizio a realizzare il fatto di avere assistito a un’omicidio. Decidiamo che comunque è meglio andare via da lì. Arrivano di corsa due poliziotti con la pistola in pugno. Sì, andiamo via. Ci allontaniamo dalla casa rifugio e percorriamo il lungomare, nel frattempo è ora di pranzo. Troviamo un ristorante sul mare con dehor e tv accesa e il cameriere, prese le ordinazioni, ci fornisce un aggiornamento. L’omicida è un folle che dopo aver freddato l’uomo di fronte a me ha ucciso il Sindaco e altre persone e ora è fuggito e lo stanno cercando. Vediamo passare anche un elicottero dei Carabinieri, probabilmente impegnato a dar man forte alla ricerca.
Ci rendiamo conto, per la seconda volta, che non è salutare rimanere ad Aci Castello: se il killer è ancora libero e armato, potrebbe continuare a uccidere, e noi siamo lì. Ormai arriva il pesce, per di più sembra ottimo, mangiamo un po’ di fretta e senza nemmeno prendere il caffè paghiamo e andiamo. Lì a fianco c’è una fermata del bus per Catania, torniamo al bed & breakfast, che è meglio. In autobus ne parliamo ancora, ho visto uccidere un uomo, ho visto un uomo che ha sparato a un altro, gli ha tolto la vita. Meglio chiamare parenti e amici e rassicurarli.