Piccoli trucchi per stimolare i piccoli a parlare bene

Creato il 18 novembre 2014 da Antonioriccipv @antonioricci

Mi sento oggi di segnalare un bellissimo libro, appena uscito, della logopedista di Claudia Azzaro: PARLARE…GIOCANDO.  CONSIGLI AI GENITORI PER AIUTARE I BAMBINI A PARLARE BENE, ARMANDO EDITORE, 2014, pp. 96.

Dalle ‘domande doppie’, ai ‘pupazzi parlanti’, dal ‘botta e risposta’ all’approccio migliore in caso di balbuzie. Piccoli trucchi, non invadenti, per stimolare i piccoli a parlare, nonché per aiutare a riconoscere precocemente quale sia il momento giusto per rivolgersi a uno specialista: otorino, neuropsichiatra, oculista. Il libro è un manuale ‘sottoforma di conversazione’, che si rivolge ai genitori, cercando di tranquillizzare le loro naturali ansie, ma è dedicato ai bambini, perché spinge gli adulti a comprendere il loro mondo linguistico, come si sviluppa e perché, a volte, si blocca.

La felicità di udire le prime parole pronunciate dal proprio figlio, a volte, è seguita dalla paura, giustificata o meno, che non tutto proceda per il meglio. Ma i genitori non sono senza strumenti. Diversi gli espedienti utili per aiutare lo sviluppo del linguaggio. Le domande doppie, ad esempio, sono “un modo semplice e naturale per spronare il bambino ad esprimersi verbalmente”: ‘vuoi le patatine o il gelato?’. Un piccolo trucco “che aiuta il bambino a scegliere, a decidere, a sentirsi importante”. Ci sono poi i pupazzi parlanti, “di solito i bambini amano invertire i ruoli, così che, almeno nel gioco, possano comandare, rimproverare, decidere, coccolare”.

Ribaltando i ruoli, il genitore può anche permettersi di fare, giocando, piccole correzioni che suonano meno invasive. C’è poi la fase in cui il bimbo inizia a capire cosa sia il ‘perché’. In questa momento invitarli a dialogare suggerendo la risposta può essere utile a spiegare il nesso di causa-effetto: ‘perché il bambino piange? Perché si è fatto male’. Crescendo si arriva al racconto, una difficile conquista. Spesso la mamma o il papà, per invitare a raccontare, stroncano ogni narrazione possibile con la domanda delle domande, ovvero ‘cosa hai fatto a scuola oggi?’. Il piccolo elude facilmente ogni approfondimento con un ‘ho giocato’, ‘ho mangiato tutto’. Se si vogliono evitare risposte stereotipate, “meglio invitarlo a fare una passeggiata, sarà lui che quando vorrà, in modo naturale, inizierà a raccontare qualche esperienza della giornata che lo ha colpito”.

Vocali e consonanti, i nomi dei colori e quelli dei numeri, o quelli che indicano lo scorrere del tempo: per ogni conquista l’autrice ha un consiglio da dare, frutto di ventiquattro anni di esperienza come logopedista.