La seconda serata del festival è stata bagnata, nel senso che l’evento ha avuto luogo nelle sale interne del museo a causa della pioggia. Un’atmosfera più intima e raccolta. Ciò non ha tolto nulla al piacere dell’ascolto, alla condivisione di pareri. Purtroppo non ero presente all’appuntamento con Grossi, ma mi è stato detto che è andato assai bene. Ho seguito quello serale, nel quale la chiacchierata fra Mattia – uno degli organizzatori del festival – e Marco Missiroli, autore l’anno scorso per i tipi di Guanda di “Bianco”, è iniziata subito in modo scoppiettante. Missiroli è simpatico, concreto, poco incline a darsi un tono o a fornire alibi per le sue mancanze. Ha dichiarato in apertura di non avere mai avuto fino all’età di ventuno anni l’idea di scrivere e, a dire il vero, non era neppure un gran lettore, poi, complice una questione passionale, nel senso amorosa, lo ha condotto verso un percorso di riscoperta di un bagaglio che fino a poco prima era stato distanziato, frutto, sembra, di una madre insegnante che forse aveva premuto troppo nella direzione della cultura letteraria, allontanando di conseguenza il giovane dai libri. La storia poi la conosciamo, esce “Senza coda” (Fanucci) e ottiene il Premio Campiello come Opera Prima, catapultato d’improvviso in un mondo nuovo, stravolgendo idee e prospettive.
Missiroli, chiacchierando con Mattia, ha parlato dei suoi inizi, della reazione delle persone e della famiglia, del suo rapporto con i contemporanei e i classici, e dei contenuti di alcuni suoi romanzi, concentrandosi sui protagonisti di “Bianco”.
Ha sottolineato la sua metodicità nella scrittura, che aveva anche già ricordato in un’intervista che gli feci di recente. Ma c’è la vita, vi sono gli accadimenti che non ti aspetti e che d’improvviso mutano il punto di vista, come quando assistette una sera a un pestaggio verso un nero di due bianchi, e il ragazzo di colore, dopo un urlo cacciato da Missiroli, si ribellò, dicendogli di stare zitto perché il fatto di essere clandestino, cioè senza documenti, avrebbe comportato conseguenze ancor più difficili; l’autore, tornato a casa, si sedette, mangiò un creme caramel e quella situazione dagli aspetti paradossali motivò la scelta di scrivere “Bianco”. Quindi, le ricerche interessandosi del Ku Klux Klan (KKK) che gli aprirono mondi sui quali lavorare nella scrittura, confrontando idealmente la violenza epidermica americana e quella ideologica del nazismo.
Missiroli fa sorridere non di rado, è un piacere ascoltarlo, soprattutto quando racconta semplici aneddoti personali, come la sua prima presentazione a Napoli in compagnia della madre e del padre oppure le sue serate in discoteca ad osservare la gente che balla, lui, seduto in compagnia dei giubbotti di tutti gli amici.
Il suo rapporto con il mondo editoriale è curioso, per non dire problematico, forse per un’esigenza di perfezione, forse per una necessità di sentirsi protagonista e partecipe non soltanto nella fase di scrittura, ma anche nella realizzazione della copertina, nel pensare il titolo e quindi relazionandosi a tutto tondo con il libro. Ci ha fornito un’anticipazione a riguardo, ma ha chiesto ai presenti di non farlo sapere in giro, probabilmente con ironia, ma vi lascio la curiosità di scoprirlo nel suo prossimo romanzo.
Mi ero fatto un’idea precisa di Missiroli: simpatico e cortese, è stata confermata. Alla fine dell’evento mi sono avvicinato a lui e abbiamo scambiato qualche parere, riflettendo sulla natura dei festival e sulle sensazioni che vive dal suo punto di vista quando deve incontrare il pubblico.
Non mi resta che darvi appuntamento a stasera alle 18.00, finalmente il tanto atteso appuntamento con la collaborazione fra Sul Romanzo e il Piccolo Festival di Letteratura avrà luogo, io, come sempre, cercherò di essere quanto più serio possibile…A seguire, alle 21.00, Davide Longo. A domani per una nuova cronaca.