“Piccolo Grande Bubo” di Beatrice Alemagna, Topipittori

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

Recensione di Vittoria

Non vedevo l’ora di presentare ai miei bambini del nido “Piccolo grande Bubo”, scritto e illustrato da Beatrice Alemagna e pubblicato dalla casa editrice Topipittori.

Sì, ma chi è questo Bubo?
Bubo è, nell’ordine, ‘un castoro!’, ‘un orso’, ‘no, un orsetto piccolo’, ‘un cinghiale’, ‘no, è il mio simbolino, un riccio’, ‘è un maialino’, ‘ma non è rosa’, ‘mmmh’.

Bubo ha un cognome: Bubo. Bubo Bubo.
A questo punto interviene L. riferendo il suo cognome. Replica un bimbo affermando ‘io Pietro Bubo’. E tutti a ridere a crepapelle. C’è chi segue il gioco allettante aggiungendo lo strano cognome al proprio nome; c’è chi, invece, serio in volto, ribadisce piccato quello reale.
D’altra parte, a due-tre anni la questione identitaria è molto importante e la percezione di sé passa anche dalla consapevolezza del proprio nome e cognome, ben precisi.

Bubo Bubo ha un grande desiderio: mostrare a tutti com’è diventato grande. E lo fa elencando le sue conquiste in termini di crescita, delle quali è orgoglioso. Finalmente ha quattro denti, porta il pannolino solo un giorno a settimana (sì, ma quale?), non si mette più in situazioni rischiose, al ristorante ha bisogno di un solo cuscino e può ordinare tutto quello che desidera. E che dire dell’ambita bici da grandi? ‘Ma è grandissima’, dice L., ‘Si ma ha le rotelle’, fa notare N. In effetti non hanno tutti i torti: Bubo dice di esser cresciuto e sale su una bici che pare da adulti ma non arriva neanche ai pedali e ha due belle ruote aggiuntive a sostenerlo.

Una bambina, dopo alcune pagine, mi domanda: ‘Ma la mamma dov’è?’.
Non mi ero accorta, fino a quel momento, che Bubo è il solo protagonista per quasi tutto lo sviluppo della storia. Non è soltanto la figura genitoriale a mancare, il grande assente è proprio l’Altro. Anche semplicemente a livello evocativo.
Bubo, infatti, non cerca gli amici, non nomina fratelli o sorelle. La crescita sembra configurarsi come un’avventura tutta individuale, come una faticosa conquista personale. O meglio, nella storia è sottolineata la visione egocentrica tipica dell’infanzia, che inquadra, nel proprio vissuto isolato, i progressi difficili ma gratificanti del divenire grandi.

L’unica figura che entra nella narrazione, nelle ultime due tavole, è quella materna.
La mamma accompagna Bubo a letto, sussurrandogli ‘Buonanotte mio grandissimo amore’. Augurio che dovrebbe suggerire una seconda interpretazione dell’aggettivo ‘grande‘ presente nel titolo.
‘Grande’ per il desiderio di crescere e iniziare a fare le cose considerate proprie di una fase successiva dell’infanzia. ‘Grande’ perché per la mamma è un amore immenso.
Sebbene per noi adulti sia proprio questa seconda lettura a colpire, ai miei bambini credo sfugga quasi totalmente. Infatti, mentre si mostrano molto attivi durante tutto il racconto, rimangono perplessi nell’ascoltare la conclusione e chiedono, prontamente, senza soffermarsi a gustare la dolcezza del momento, di leggere di nuovo la storia.

Sempre dal punto di vista del piccolo lettore, l’albo risulta semplice e significativo, e quindi facilmente recepibile, sia sul piano del testo che su quello delle immagini.
Da un lato, sono valorizzati tutti gli elementi caratteristici della vita del bambino due-trenne: la voglia di diventare grandi, l’orgoglio del proprio cognome, il desiderio di togliere il pannolino, il divertimento con la bicicletta o l’arrampicata sugli alberi.
Dall’altro, la storia è rappresentata con delle tavole chiare e armoniche: vi sono pochi elementi, abbastanza stilizzati, su sfondo bianco. Lo sguardo del bimbo viene catturato dai caratteri del musetto del protagonista, così vividi che risulta difficile non entrare in rapporto empatico con il cucciolo e porsi al suo fianco per cercare di guardare il mondo con i suoi grandi occhi.

Un aspetto dell’albo che mi ha colpito molto è quello che riguarda la sua fattura, curata esteticamente e in grado di trasmettere piacevoli sensazioni al tatto. La copertina è morbida, le pagine liscissime e con gli angoli arrotondati. La dimensione è tale da permettere di tenere aperte le due pagine con una sola mano lasciando libera l’altra per indicare, invitare, ruotare…(ad un certo punto, Bubo diventa talmente grande che per vederlo in tutta la sua figura dobbiamo perfino girare il libro in verticale).

Bubo ci racconta il lungo e faticoso viaggio della crescita, ci ricorda quali cambiamenti assumono estrema importanza quando si è piccoli e quali elementi sanciscono il felice raggiungimento di una tappa del percorso. Ogni gradino è una vittoria per il bimbo, in una sequenza di conquiste che lo condurranno nel tanto desiderato mondo dei più grandi, nel quale chissà quante imprese nuove lo attendono.

Consigliato dai 2 anni

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