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Piccolo racconto sull'uomo che si credeva un uomo ed invece era una cipolla (ed infatti, può far piangere)

Creato il 23 luglio 2010 da Fabriziogabrielli
Collo di pesca e collo di prugna avevano forse mille cose in comune, ma questo dio solo lo sa.
Quel che so io è che si chiamavano entrambe Agnieszka (si legge agnieszéshca, con la prima esse sibilata) ed era come se fossero l'una la madre dell'altra, s'avvicendavano al fianco del letto e mi guardavano con gli stessi occhi d'inverno incombente.
Collo di pesca m'alitava la primavera tra i capelli prima che m'addormentassi, collo di prugna con gesti bruschi mi sollevava la schiena e spalmava vigorosa la pomata per le piaghe da decubito.
Parlare non che si parlasse molto, tra di noi, capivano mica, le Agnieszka, perciò non ci rimaneva che sussurrarci la disperazione con le pupille, e dormire, solo dormire, in silenzio, come fanno i bambini da poco al mondo.
Il giorno in cui collo di prugna cominciò a togliermi brandelli di pelle strofinando forte le mani sulle mie braccia mi sembrò che una morte dolce stesse sopraggiungendo.
Grattava e grattava, via i peli bianchi e le squame trasparenti, e le pagine del calendario si reincollavano, ed il venticinque tornava ad essere ventiquattro, una ròba da non crederci.
Agnieszka collo di pesca se ne stava davanti alla finestra, la notte le diventava giorno sui capelli di pece e pareva le si restringessero le mani d'avorio, secondo dopo secondo.
Diventò così piccola che quasi si sarebbe potuta incastrare tra il pancreas ed il cuore di Agnieszka collo di prugna, se avesse voluto, adagiata in posa plastica nel suo ventre, come doveva esser già successo sotto altri cieli, all'ombra d'alberi più verdi.
Cambiavo muta ed osservavo collo di pesca appoggiata allo stipite della finestra, e cercavo di ricordarmela dietro il bancone della taverna di Breslavia in quella vita che non avevamo mai vissuto. Altri strati di pelle cadevano a terra come i fiocchi di neve sui tetti di Cracovia, e a me non restava che diventare un omuncolo, un ominide, un omino piccolo piccolo che già iniziava a gesticolare, anziché parlare. A frignare, anziché domandare.
Mi strinse forte al petto, Agnieszka collo di pesca, prima di baciarmi sulla fronte e cullarmi un po', sibilandomi all'orecchio suoni sconosciuti.
Poi m'adagiò sul letto.
Tutto è compiuto, disse, ecce homo, aggiunse, e s'incuneò - dapprima con le mani, poi con la testa, sparendo infine in un divincolarsi guizzante di piedi di malva - sotto la gonna di Agnieszka collo di prugna, che già raccoglieva i brandelli di pelle e me li sistemava amorevolmente tutt'attorno, quasi in colpa per aver svelato - foss'anche per un attimo solo - quel segreto insvelabile di veli di cipolla e matrioske lacerate dal tempo.

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