Dopo il “siluramento “ dell’ormai ex Ministro Cécile Kyenge, la semplificazione populista doveva trovare un altro bersaglio da utilizzare come punto d’entrata, leva ed ariete per la manomissione della credibilità del nuovo esecutivo. L’occasione si è presentata con Pier Carlo Padoan, titolare del dicastero dell’Economia e delle Finanze del neonato Governo Renzi. Messo sul banco degli imputati per la crisi argentina dei primi anni del nuovo millennio (come nel caso greco, anche il crack argentino parte invece da molto lontano, in primo luogo dalle privatizzazioni selvagge dell’era menemiana, alle quali non seguì nessuna politica di reinvestimento degli utili, e dalla parificazione Peso-Dollaro) e accusato di voler tagliare i salari dei lavoratori italiani, quando in realtà ha soltanto riferito di abbassamento del cuneo fiscale (quindi delle tasse) e del costo del lavoro (inteso come imposte a carico dell’impresa).
Data la delicatezza del ruolo ricoperto da Padoan, specialmente in una fase difficile e complessa come quella attuale, attendiamoci una nuova, vigorosa, offensiva degli apparati della persuasione, ancora una volta impegnati nella sollecitazione dell’emotività più ventrale.