Pier Franco Brandimarte ha vinto la quinta serata di 8×8

Creato il 30 aprile 2012 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

L’ultima serata delle selezioni 8×8 è stata vinta da Pier Franco Brandimarte, autore di  Ristoranti all’Aquila. Al secondo posto si è classificata Emanuela Kalb con Sulla luna, seguita da Valeria Sirabella con Giochiamo a scacchi. 

Pier Franco Brandimarte, venticinquenne abruzzese dedito al Birdwatching, ha scritto «un racconto maturo, con una struttura equilibrata e posata, una scrittura sicura e senza esibizionismo». Questi i commenti di Michele Rossi, Alcìde Pierantozzi e Marco Rossari, che insieme a Davide Musso e Leonardo Luccone componevano la giuria.
L’ultimo appuntamento con 8×8 sarà il 14 maggio a Torino al Salone Internazionale del Libro con la finalissima tra i vincitori delle cinque serate di selezioni. Oltre a Pier Franco Brandimarte, ci saranno Luca Sbordone autore di La fame, Francesca Morelli con Il vestito buono, Filippo Nicosia autore di Con i tempi compassati dell’assenza di gravità e Laura Tullio con Rumori nella pancia.

Proponiamo una breve recensione di Ristoranti all’Aquila di Emanuela D’Alessio.

Due amici vanno in gita a L’Aquila, è il settembre 2011, due anni dopo il terremoto. Sono tranquilli,   curiosi, osservano e rilevano le inconfondibili tracce della tragedia in una città che non è stata ancora ricostruita, «postazioni di militari sulla salita», «terrapieni puntellati», «transenne e il nastro bicolore di plastica». Parcheggiano, sentono «rumore di ferraglia perché lì in fondo stanno ancora lavorando», hanno paura che cada qualcosa sul tettuccio della macchina. Non hanno un programma, si guardano intorno, ascoltano, vanno in cerca di un ristorante perché hanno fame, gironzolano senza meta, poi chiedono informazioni, entrano in una tavola calda, ordinano uno sformato di pasta e spinaci freddi, escono fuori a mangiare e alla fine se ne vanno.
Brandimarte è bravo a restituire, con una scrittura semplice ma efficace, la desolazione di una città distrutta. Non ricorre a retorica o compassione, non si lascia andare a condanne o compiacimenti ma ci lascia respirare la polvere delle macerie, annusare l’odore della vernice e dei calcinacci, sentire i rumori dei lavori in corso, ascoltare le voci dei turisti che vogliono soddisfare curiosità un po’ morbose. Ci fa incontrare militari, operai, vecchi e una ragazza che guarda una vetrina di scarpe, in parte ricoperte dai calcinacci.
Un susseguirsi di immagini, nette, precise, come scatti fotografici che documentano la tragedia e le sue conseguenze, ma anche come la vita riprenda sempre a scorrere, tra polvere e detriti.


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