L’unico appunto sul quale si può assennatamente assentire è l’accusa di assolutismo mossa ad Odifreddi. Bianchi riporta questa frase dal saggio: «Diversamente dalle religioni la scienza non ha bisogno di rivendicare nessun monopolio della verità: semplicemente ce l’ha». E alla lettura di questo buon libro, documentato e serrato quanto il “genere” richiede, è proprio questo il maggior difetto che lo percorre. Sin dalla caustica introduzione Odifreddi rivendica il predominio che la Ragione dovrebbe ottenere a scapito del Cristianesimo. Viene allora ricordato che già dal 1754 la parola “cretino” (attraverso il francese “crétin”, da “chrétien”) deriva la sua etimologia dalla parola cristiano. L’accostamento irriguardoso tra Cristianesimo e cretinismo sarebbe, a suo dire, corroborato dalla prima delle beatitudini del Discorso della Montagna quando è lo stesso Gesù a dire: «Beati i poveri in spirito, perché è di essi il Regno dei Cieli». Nel preambolo Odifreddi ci tiene anche a spiegare la scelta del titolo del libro. “Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)” è infatti un omaggio al matematico/filosofo Bertrand Russell di “Perché non sono cristiano” (1957) che fece il contropelo al “Perché non possiamo non dirci cristiani” (1943) di Benedetto Croce. Dopo l’introduzione comunque il matematico impertinente aggiusta la rotta e comincia una seria esegesi dell’Antico e del Nuovo Testamento, rivelandone sia le incongruenze storiche sia quelle che intercorrono tra i vari libri e la dottrina ufficiale della Chiesa. Questa è indubbiamente la parte migliore del libro, quando attraverso acuti commenti, egli rimarca la fantasia, l’esagerazione e la mistificazione che una lettura letterale della teologia, che a Borges (e non solo) appariva nient’altro che “un ramo della letteratura fantastica”, da parte della Chiesa comporta. Anche a voler sottostare alla «biografia delle baggianate» (mi si perdoni l’onanistica auto-citazione), risultano quantomeno eticamente discutibili gli eccidi, i massacri, i dispotismi di un Dio prevaricatore. E se, come riporta pateticamente l’edizione ufficiale CEI (alla quale intelligentemente Odifreddi si rifà), quelle atrocità «erano usanze e costumi del tempo» (sic!) anche il più edulcorato Nuovo Testamento non risulta esente da perplessità. A questo proposito l’autore ricorda che la stessa esistenza di Gesù è dubbia poiché oltre alla Bibbia, vi sono soltanto altre quattro fonti storiche che ne accennano, in maniera peraltro confusa e con testimonianze di seconda mano. I Cristiani da sempre oppongono la tesi che basta la testimonianza della Bibbia per suffragarla ma se usciamo dall’area trascendentale questa affermazione equivale a credere reali Achille, Aiace e Atena soltanto perché di essi si narra nell’Iliade! L’esegesi che Odifreddi fa della Bibbia, come detto, è ben documentata ma a volte viene inframmezzata da alcuni inserti ironici che stonano con il contesto erudito. È come se per arrivare alle grandi masse egli sentisse il bisogno di alleggerire il tono accademico del libro. La proverbiale tendenza omnibus del giornalismo si è fastidiosamente affermata purtroppo anche nella letteratura e da Eco in poi perfino intellettuali ampollosi e rinomati specialisti hanno trovato la chiave del successo editoriale in questa deprecabile formula. Dopo aver sconfessato la Bibbia dei cristiani, Odifreddi passa all’attacco del Cattolicesimo. Qui il gioco si rivela fin troppo facile e il matematico, nella sua furia invettiva, scivola nel “già conosciuto”: dalle forzature linguistiche per legittimare l’istituzione della Chiesa, alla falsità appurata di Pietro come primo vescovo di Roma, fino alla bestemmia scientifica dell’Immacolata Concezione. In quest’ultimo caso, con la trovata più divertente e originale del libro, Odifreddi considera possibile l’evento soltanto se Maria fosse ricorsa prima alla fecondazione assistita e poi al parto cesareo, due pratiche mediche che ironicamente la Chiesa invece condanna. Alla distruzione epistemologica del credo cattolico segue infine, nella parte più noiosa del libro, un breve sunto delle malefatte dei Papisti. Gli scandali dello IOR, i culti mariani, le indulgenze, l’invenzione del Purgatorio nel Duecento, i preti pedofili, il silenzio delle gerarchie, l’infallibilità del Papa, insomma gli enormi errori terreni della Chiesa, più che offrire un quadro completo sui motivi per i quali non possiamo essere cattolici, offrono il fianco a facili strumentalizzazioni di faziosità. E inoltre capovolgono l’iniziale cifra stilistica del libro, ben più funzionale al preteso arretramento del Cristianesimo, perché veniva proprio da un interno contraddittorio. Il capitolo finale riprende l’apologia della scienza già abbozzata nell’Introduzione e come ricordato da Bianchi, lambisce pericolosamente l’assolutismo. L’universo è razionale e oggettivo quindi misurabile e conoscibile. La scienza ha la verità perché prevede gli effetti, sonda tra le cause, dimostra i propri teoremi. La religione può allora solo dimorare nel soggettivo mentre invece la Ragione, il Logos greco, permea la Natura. Tesi condivisibili, per carità, ma che Odifreddi redige con un’acribia che riduce il conflitto tra fede e ragione a una lotta per il potere. Basterebbe soltanto ricordare che lo Stato italiano nella Costituzione si proclama laico, quindi eliminiamo le ore di religione dalle scuole e tiriamo giù i crocifissi da ogni luogo pubblico ma non per sostituirli con il santino di quel barbuto di Galileo Galilei.
Piergiorgio Odifreddi: Anticlericalismo d’Autore
Creato il 09 settembre 2011 da Dietrolequinte @DlqMagazinePotrebbero interessarti anche :
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