Piergiorgio Odifreddi: Anticlericalismo d’Autore

Creato il 09 settembre 2011 da Dietrolequinte @DlqMagazine

La maledizione più macroscopica che l’estate si è vista affibbiare da sempre è di essere per antonomasia la stagione del disimpegno. Una perniciosa usanza che mai come quest’anno ha rischiato di far crollare il sistema economico italiano: mentre il Parlamento aveva già proclamato una chiusura di 40 giorni (con annesso pellegrinaggio in Terra Santa), la speculazione internazionale attaccava le maggiori Borse europee riducendo i nostri Titoli di Stato a carta straccia. È come se la canicola estiva inducesse il cittadino italiota a prendersi una vacanza dal proprio cervello, piuttosto che allentare semplicemente il nodo capestro di stress e affanni al quale masochisticamente impicca la propria vita. Personalmente Agosto ha spesso rappresentato l’occasione di recuperare invece saggi critici che filosofeggiano su aspetti importanti dell’esistenza. Ho così salvato dalla polvere uno dei libri più discussi e criticati dell’ultimo lustro, il celebre “Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)”, di Piergiorgio Odifreddi, che inspiegabilmente per la quasi totalità dei nostri connazionali, si è attagliato perfettamente alle lunghe notti afose che mi hanno visto insonne lettore. Piergiorgio Odifreddi, per quei pochi che non lo conoscessero, è figura di spicco nell’intellighenzia italiana. Classe 1950, origini cunesi, di professione fa il matematico ma ha interessi che con un gentile eufemismo possono dirsi ramificati. L’iconoclastica Nonciclopedia sferza con vigore la tuttologia e la presunzione dell’accademico piemontese. Egli infatti, nel corso della sua lunga carriera, ha avuto modo di produrre diversi tomi che oltre a occuparsi della materia di sua pertinenza (la logica, più specificatamente) hanno svariato su politica, scienza, attualità, interviste a personaggi famosi e appunto religione. In quest’ultimo ambito il matematico (sedicente) è stato facile bersaglio di numerosi strali da parte delle gerarchie ecclesiastiche. “Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)” è dal canto suo, fin dal titolo, un uragano di rivendicato anticlericalismo che vuole fare piazza pulita dell’anacronistico Cristianesimo. Rifacendosi all’approfondita tradizione di studi esegetici compiuti sulla Bibbia negli ultimi secoli, egli cerca di confutare i maggiori dogmi teologici della religione cristiana. L’intento è limpido fin dall’introduzione e fieramente ribadito in numerose interviste: cercare di far deflagrare il sistema dall’interno, smontando una per una le presunte Verità assiologiche che la Chiesa fa risalire alla sua fonte più autorevole perché sacra: le Scritture. Esemplificando con il tipico stilema del paradosso (che da solo fa più proseliti di una tesi ben argomentata) l’ex professore difatti ha più volte detto: «Se dovessi cercare di sconvertire qualcuno gli farei leggere la Bibbia dall’inizio alla fine». Lo scrittore cunese, per esportare le sue sulfuree tesi, si è sottoposto con energia a un lungo tour de force mediatico e in ogni occasione la sua presenza è stata causa di penose polemiche. Innanzitutto Odifreddi riunisce in sé due dei tratti che più spaventano la Chiesa: un positivismo vecchia scuola di fine Ottocento con cieca fiducia nelle possibilità epistemologiche della Scienza, e la vena dissacratoria del polemista di professione. Qualità che unite alla grande visibilità conquistata attraverso tv, radio e giornali (collabora con l’Espresso e tiene un blog sul sito di Repubblica) hanno fatto rizzare i capelli a molti cattolici. Il ministro (mi risulta difficile anche scriverlo) La Russa gli ha dato dello schifoso, il giornalista (stesso discorso) Vespa quando lo invita a Porta a Porta lo tratta come un reietto, Monsignor Fisichella si è limitato a vaticinargli un’eternità all’Inferno. Il matematico piemontese con il suo libro ha evidentemente toccato nervi scoperti dato che nelle reazioni quasi nessuno si è preoccupato di ribattere alle argomentazioni proposte. Enzo Bianchi, ad esempio, su La Stampa depreca in generale la riproposizione di tesi vecchie 60 anni (che peraltro non si premura di smentire) e la mancanza di dialogo tra credenti e atei che un libro così schierato sottintenderebbe.

L’unico appunto sul quale si può assennatamente assentire è l’accusa di assolutismo mossa ad Odifreddi. Bianchi riporta questa frase dal saggio: «Diversamente dalle religioni la scienza non ha bisogno di rivendicare nessun monopolio della verità: semplicemente ce l’ha». E alla lettura di questo buon libro, documentato e serrato quanto il “genere” richiede, è proprio questo il maggior difetto che lo percorre. Sin dalla caustica introduzione Odifreddi rivendica il predominio che la Ragione dovrebbe ottenere a scapito del Cristianesimo. Viene allora ricordato che già dal 1754 la parola “cretino” (attraverso il francese “crétin”, da “chrétien”) deriva la sua etimologia dalla parola cristiano. L’accostamento irriguardoso tra Cristianesimo e cretinismo sarebbe, a suo dire, corroborato dalla prima delle beatitudini del Discorso della Montagna quando è lo stesso Gesù a dire: «Beati i poveri in spirito, perché è di essi il Regno dei Cieli». Nel preambolo Odifreddi ci tiene anche a spiegare la scelta del titolo del libro. “Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)” è infatti un omaggio al matematico/filosofo Bertrand Russell di “Perché non sono cristiano” (1957) che fece il contropelo al “Perché non possiamo non dirci cristiani” (1943) di Benedetto Croce. Dopo l’introduzione comunque il matematico impertinente aggiusta la rotta e comincia una seria esegesi dell’Antico e del Nuovo Testamento, rivelandone sia le incongruenze storiche sia quelle che intercorrono tra i vari libri e la dottrina ufficiale della Chiesa. Questa è indubbiamente la parte migliore del libro, quando attraverso acuti commenti, egli rimarca la fantasia, l’esagerazione e la mistificazione che una lettura letterale della teologia, che a Borges (e non solo) appariva nient’altro che “un ramo della letteratura fantastica”, da parte della Chiesa comporta. Anche a voler sottostare alla «biografia delle baggianate» (mi si perdoni l’onanistica auto-citazione), risultano quantomeno eticamente discutibili gli eccidi, i massacri, i dispotismi di un Dio prevaricatore. E se, come riporta pateticamente l’edizione ufficiale CEI (alla quale intelligentemente Odifreddi si rifà), quelle atrocità «erano usanze e costumi del tempo» (sic!) anche il più edulcorato Nuovo Testamento non risulta esente da perplessità. A questo proposito l’autore ricorda che la stessa esistenza di Gesù è dubbia poiché oltre alla Bibbia, vi sono soltanto altre quattro fonti storiche che ne accennano, in maniera peraltro confusa e con testimonianze di seconda mano. I Cristiani da sempre oppongono la tesi che basta la testimonianza della Bibbia per suffragarla ma se usciamo dall’area trascendentale questa affermazione equivale a credere reali Achille, Aiace e Atena soltanto perché di essi si narra nell’Iliade! L’esegesi che Odifreddi fa della Bibbia, come detto, è ben documentata ma a volte viene inframmezzata da alcuni inserti ironici che stonano con il contesto erudito. È come se per arrivare alle grandi masse egli sentisse il bisogno di alleggerire il tono accademico del libro. La proverbiale tendenza omnibus del giornalismo si è fastidiosamente affermata purtroppo anche nella letteratura e da Eco in poi perfino intellettuali ampollosi e rinomati specialisti hanno trovato la chiave del successo editoriale in questa deprecabile formula. Dopo aver sconfessato la Bibbia dei cristiani, Odifreddi passa all’attacco del Cattolicesimo. Qui il gioco si rivela fin troppo facile e il matematico, nella sua furia invettiva, scivola nel “già conosciuto”: dalle forzature linguistiche per legittimare l’istituzione della Chiesa, alla falsità appurata di Pietro come primo vescovo di Roma, fino alla bestemmia scientifica dell’Immacolata Concezione. In quest’ultimo caso, con la trovata più divertente e originale del libro, Odifreddi considera possibile l’evento soltanto se Maria fosse ricorsa prima alla fecondazione assistita e poi al parto cesareo, due pratiche mediche che ironicamente la Chiesa invece condanna. Alla distruzione epistemologica del credo cattolico segue infine, nella parte più noiosa del libro, un breve sunto delle malefatte dei Papisti. Gli scandali dello IOR, i culti mariani, le indulgenze, l’invenzione del Purgatorio nel Duecento, i preti pedofili, il silenzio delle gerarchie, l’infallibilità del Papa, insomma gli enormi errori terreni della Chiesa, più che offrire un quadro completo sui motivi per i quali non possiamo essere cattolici, offrono il fianco a facili strumentalizzazioni di faziosità. E inoltre capovolgono l’iniziale cifra stilistica del libro, ben più funzionale al preteso arretramento del Cristianesimo, perché veniva proprio da un interno contraddittorio. Il capitolo finale riprende l’apologia della scienza già abbozzata nell’Introduzione e come ricordato da Bianchi, lambisce pericolosamente l’assolutismo. L’universo è razionale e oggettivo quindi misurabile e conoscibile. La scienza ha la verità perché prevede gli effetti, sonda tra le cause, dimostra i propri teoremi. La religione può allora solo dimorare nel soggettivo mentre invece la Ragione, il Logos greco, permea la Natura. Tesi condivisibili, per carità, ma che Odifreddi redige con un’acribia che riduce il conflitto tra fede e ragione a una lotta per il potere. Basterebbe soltanto ricordare che lo Stato italiano nella Costituzione si proclama laico, quindi eliminiamo le ore di religione dalle scuole e tiriamo giù i crocifissi da ogni luogo pubblico ma non per sostituirli con il santino di quel barbuto di Galileo Galilei.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :