Piero Pelù, il grintosissimo “coach” dal pizzetto “mefistofelico”, zero peli sulla lingua, accento inconfondibile e battuta senza ritegno da “toscanaccio doc”, si è recentemente espresso sulle competizioni canore in un’intervista rilasciata a “Vero TV” (N. 12 01/04/2014), in cui, senza troppi giri di parole, lascia intendere che “The Voice of Italy” potrebbe essere situata un gradino sopra altre trasmissioni analoghe per il compito prestigioso e altamente formativo che persegue “Non è un –talent- o un –reality show-, è un vero e proprio laboratorio di canto, dove giovani talenti sono aiutati a seguire il proprio percorso …” e si dice orgoglioso che finalmente anche il genere che ha sempre praticato (ndr è “frontman” dei “Litfiba”), il “rock” abbia trovato, assieme al “rap” del collega-rivale J-Ax una sua collocazione in tv, a lungo negatagli. Il musicista è entusiasta di far parte dello “show” per la sua imprevedibilità e “perché non esistono regole precise”, caratteristiche che gli consentono di “Non guardare in faccia a nessuno e di concentrarsi sull’anima dei cantanti … L’immagine di un artista conta poco rispetto alla sua sensibilità, alla preparazione e alla personalità … Nel DNA di chi partecipa c’è già lo spessore musicale necessario per diventare un vero artista …”. Che si badi, forse, all’eccesso, in “The Voice”, alla ricerca di aspetti puramente “tecnici” e formali o si dia risalto ad esibizioni di tipo “scolastico”, d’ “accademia”, ovverossia impeccabili nell’esecuzione, ma purtroppo prive di quell’ “intensità”, “calore”, intima adesione tali da poter “arrivare” a larghi strati di pubblico?Pelù anche su questo punto va dritto all’obiettivo, evitando di dare adito a fraintendimenti “Non vuol dire che non sia un programma capace di regalare emozioni. Però qui non vedrete mai le lacrime che spesso sono protagoniste in altri contesti … Chi vince –The Voice of Italy- non può andare in giro a cantare le solite canzoni di amore disperato. Non sarebbe credibile”, non si può non prestare credito alle sue affermazioni, che sintetizzano e rappresentano probabilmente il pensiero di chissà quanti telespettatori irritati e giunti a provare persino un senso di rigetto per “performance” sia di giovani aspiranti artisti/e che di loro coetanei/e che si sono già fatti un nome (meglio lasciare nel vago) che si reputano interpreti ineguagliabili -e purtroppo sono anche “venduti” come tali dai “media”- solo perchè l’unico modo in cui sanno accostarsi e “calarsi” in un pezzo (del solito filone patetico-sentimental-fallimentare-frustrante oggi in voga) è di renderlo tutto un pianto, anzi, di scoppiarci pure a singhiozzare sopra, tanto le “standing ovations” della platea sono assicurate. Fortunatamente si levano sempre più voci dissenzienti, rispetto a questa “mestizia” generalizzata e imperante elevata a rango di arte nella sua massima espressione.
Urge una rivoluzione, un cataclisma, un sovvertimento totale, una rinascita culturale, contenutistica, di intenti tradotti in capacità di operare fattivamente sul campo, Pelù ha qualche suggerimento da dispensare “E’fondamentale (ndr sta parlando di giovani artisti) avere la possibilità di interpretare belle canzoni …”, ha detto poco e dove sono più i Mogol, i Limiti (l’età anagrafica è effettivamente avanzata …), i Califano, i Don Backy, il Malgioglio di una volta?Il “rocker” insiste sul ruolo decisivo degli autori per un cantante e lancia una proposta “Mi piacerebbe se ci fosse un –talent show- dedicato a chi scrive canzoni” … e allora accoglietela subito, seduta stante, perché aspettare?
Fede