Pierre Lemaitre: “Letteratura è semplicità”

Creato il 26 settembre 2014 da Leultime20 @patrizialadaga

Pierre Lemaitre è lo scrittore francese che lo scorso anno, con il romanzo Ci rivediamo lassù (Mondadori), già tradotto in 25 lingue, ha vinto il Premio Goncourt, un riconoscimento prestigioso che oltralpe sancisce l’entrata di un autore nel privilegiato universo della letteratura.

Un premio che cambia completamente la vita di uno scrittore

ha detto lo stesso Lemaitre, con l’ironia che gli è propria, durante la presentazione del romanzo al Festivaletteratura di Mantova:

Quando ricevi il Goncourt sembra che tu venga toccato dalla grazia divina e il tuo status cambia. Ero un semplice autore di polizieschi e adesso sono diventato un “vero scrittore”. Ciò mi ha fatto ritrovare un sacco di amici e migliorare i rapporti con gli editori.

Pierre Lemaitre, che è stato professore di letteratura e mostra un’invidiabile cultura, è una di quelle persone che è un piacere intervistare perché parla esattamente come scrive. La sua conversazione, come la sua prosa, è brillante, diretta, comprensibile e divertente. Nel tempo che abbiamo trascorso insieme sono emerse molte osservazioni interessanti sulla professione dello scrittore e non sono mancate le risate. Parigino, classe 1951, Lemaitre, oltre a essere un eccellente romanziere, capace di far rivivere una nuova stagione di gloria alla letteratura di stile ottocentesco, è anche un personaggio da talk show. Se vi capitasse, non esitate ad andare ad ascoltarlo. Il divertimento è garantito.

 Lei è passato dal noir al romanzo storico. Che cosa ha ispirato questa scelta?

Le categorie letterarie non interessano molto al lettore, sono pratiche per analizzare e classificare un testo, ma chi legge non si pone la questione se si tratta di un romanzo poliziesco o storico. Per rispondere alla domanda dovrei dire che Ci rivediamo lassù non è un propriamente un romanzo storico bensì romanzo picaresco. Se fosse stato storico avrebbe dovuto parlare dell’influenza spagnola, perché a nell’epoca in cui si svolge mia storia uccise più gente della guerra. Invece, io credo di non aver scritto nemmeno una parola su quella terribile malattia. In realtà io non mi sono posto la questione di che tipo di romanzo stessi scrivendo, semplicemente avevo voglia di raccontare questa storia, ma non è stata una decisione meditata.

Impossibile non farsi qualche risata con Lemaitre!

Da dove viene la storia?

Credo che tutti gli scrittori fatichino a trovare le origini della loro storia perché ci sono molte ragioni che convergono nella scrittura di un libro. Comunque, ci provo:

Ci vediamo lassù viene innanzitutto da un ricordo d’infanzia. Avevo circa otto anni e mi trovavo davanti al monumento ai caduti della prima guerra mondiale. Notai che il cognome della mia famiglia era citato tre volte ed ero convinto che fosse un errore. Lo feci notare ai mie genitori che mi spiegarono che ben tre persone della mia famiglia a quell’epoca erano decedute in guerra. Mi colpì molto.

Verso i diciassette anni ho cominciato a leggere i libri di quegli scrittori che erano stati soldati durante la prima guerra mondiale. Libri formidabili! Mi ero ripromesso che se un giorno fossi diventato scrittore avrei scritto un romanzo sulla prima guerra mondiale. Il terzo fattore, più recente, è un documento che ho trovato presso la Biblioteca Nazionale: il catalogo di vendita per corrispondenza di monumenti in memoria dei caduti. Una cosa davvero curiosa.

Una caratteristica di Ci rivediamo lassù è avere personaggi molto ben definiti. Come li ha trovati?

In gioventù sono stato un grande lettore dei romanzi popolari: Stevenson, Verne, Dumas. Nei loro romanzi i personaggi sono molto ben definiti, la mia origine letteraria è questa. Un tipo di letteratura in cui i personaggi superano la storia. Ci sono due modi per concepire un romanzo: o si pensa che la storia sia fondamentale e si cercano dei personaggi per sorreggerla, oppure si parte dai personaggi e si cerca la storia. La mia esperienza mi insegna che un buon personaggio ha molte più chance di fornire una buona storia che il contrario.

Lemaitre firma le copie per i suoi fan

Nel romanzo, le donne (come fa notare Giuditta Casale, mia compagna di recensioni nella rubrica 2VociX1Libro) sono più defilate rispetto ai personaggi maschili. È una scelta precisa?

Questa è una storia di uomini. È vero che ci sono poche donne, me ne sono reso conto subito e mi sono chiesto se fosse il caso di mettercene qualcuna in più. Ma sarebbe stato qualcosa di artificiale, di forzato. Mi sono domandato se le lettrici mi avrebbero letto, ma ho capito che non potevo farci niente, questa era una storia maschile e basta.

In Ci rivediamo lassù si affrontano tutti i grandi temi morali dell’umanità: il senso della giustizia, l’onestà, l’amicizia, la famiglia, i pregiudizi, il tradimento. Qual è il messaggio più importate che ha voluto trasmettere?

Se me lo chiedi è perché al termine del libro hai fatto fatica a trovare un messaggio. Questo accade proprio perché io non volevo trasmetterne. Non è il mio mestiere spiegare alla gente che cosa deve pensare. Io ho solo scritto una storia che pone degli interrogativi e ciascuno può darsi le risposte che vuole. Credo che tutti i lettori capiranno che sono un uomo piuttosto repubblicano, piuttosto democratico e piuttosto di sinistra. Preferisco che lo scrittore racconti una storia chiara sui suoi suoi valori, non amo gli scrittori che si nascondono, ma il modo di interpretare la storia dipende dal lettore. Credo che ci siano due momenti nella vita di un libro. Nella prima parte della sua vita è di proprietà dello scrittore. Da quando il libro è in libreria la storia appartiene al lettore. Se me lo domandano, do volentieri la mia interpretazione, ma non pretendo che sia migliore di quella dei miei lettori.

Si aspettava di vincere il premio Goncourt?

Nooooo! Assolutamente no. Credo che la mia vittoria sia qualcosa di molto stravagante. Il mio sogno fino a poco tempo fa era di scrivere almeno una volta nella vita un libro che vendesse 100 mila esemplari. Per me il Goncourt è un regalo davvero inimmaginabile.

Che tipo di scrittore è Pierre Lemaitre?

Io sono come un orologiaio, sono un artigiano della scrittura. Ogni mattina porto mia figlia a scuola, poi vado nel mio atelier a montare il mio “piccolo orologio”, ossia il mio romanzo, quindi alle quattro e mezzo vado a riprendere mia figlia a scuola e ricomincio. Sono metodico, lavoro, lavoro, lavoro…

Ha un luogo ideale in cui scrivere?

Quando mi fanno questa domanda risulto poco edificante. Perché nella mia vita niente è “da sogno”. In genere lavoro nel mio ufficio, ma se mi cambi di ufficio scrivo in un altro, se viaggio scrivo nella camera di un hotel, in aereo, ovunque. Insomma, sono uno facile, dove mi metti scrivo.

Che consiglio dà ai giovani scrittori in cerca di successo?

Fare molto bene delle cose molte semplici. Ogni volta che non sono soddisfatto di ciò che ho fatto è perché mi rendo conto che è troppo complicato. Georges Simenon diceva che «Quando nella mia storia voglio che Federica apra la porta, scrivo “Federica apre la porta”».

Quando si arriva a questa semplicità si arriva a fare la vera letteratura. Proust, che per me è il più grande scrittore del mondo scrive in molto semplice. Direi che bisogna evitare di voler fare letteratura a tutti costi aggiungendo belle parole. Occorrono belle storie e bei personaggi, non belle parole.

C’è qualche lettore italiano che conosce e apprezza?

Sì, molti. Sono piuttosto eclettico nelle mie letture. Ho letto molto Fruttero e Lucentini, ma apprezzo anche le nuove generazioni di scrittori italiani: Marcello Fois, Ammaniti, Baricco. Tra i classici mi ha sempre appassionato Manzoni e amo molto Sciascia e Tomasi di Lampedusa.

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