PIERRE LEMAITRE racconta CAMILLE VERHOEVEN

Creato il 09 maggio 2015 da Letteratitudine

Il nuovo ospite di “L’autore straniero racconta il libro” è lo scrittore francese PIERRE LEMAITRE (vincitore del Premio Goncourt 2013 con "Ci rivediamo lassù", Mondadori)

PIERRE LEMAITRE racconta CAMILLE VERHOEVEN

di Massimo Maugeri

In questi giorni è uscito "Camille" il terzo romanzo della trilogia noir di Pierre Lemaitre (pubblicata da Mondadori). Per la verità siamo in attesa di un quarto e definitivo romanzo della serie che - come ha dichiarato l'autore - uscirà a breve... anche se, dal punto di vista cronologico, si piazzerà tra il secondo e il terzo volume.
Il Verhoeven che incontriamo in "Camille" (romanzo che porta lo stesso nome di battesimo del personaggio, mentre i precedenti titoli coincidevano con i nomi di donna delle co-protagoniste delle storie) ha già dovuto fare i conti con una serie di eventi (forti e tragici) che sono capitati nei precedenti libri e che in qualche modo lo hanno segnato. Questa, la scheda del romanzo.

"Un evento è considerato decisivo quando sconvolge completamente la nostra vita. Per esempio, tre scariche di fucile a pompa contro la donna che ami. Anne Forestier sta entrando in una gioielleria in pieno centro a Parigi, quando improvvisamente fanno irruzione dei rapinatori che la picchiano selvaggiamente e la sfigurano. La donna riesce miracolosamente a sfuggire alla follia assassina e viene trasportata d'urgenza in ospedale. È l'unica testimone e ha visto in faccia il suo aggressore. Anne Forestier non è una donna qualunque: è l'amante di Camille Verhoeven. Sconvolto, il commissario si getta anima e corpo in questa nuova indagine che è per lui a tutti gli effetti una questione personale. La caccia al colpevole si fa sempre più drammatica soprattutto perché Anne è in pericolo: il rapinatore, uomo di rara ferocia, è deciso a trovarla e a ucciderla per non essere arrestato. Verhoeven capisce subito di chi si tratta, conosce bene le sue abitudini e le sue malefatte, ma di Anne ignora molte cose... Ciò che segue è un faccia a faccia drammatico tra i due, e Anne è la posta in gioco. Toccato profondamente nel suo intimo, Verhoeven diventa un uomo violento e implacabile, fino a sacrificare tutti i suoi principi. Ma in realtà in questa storia chi è il cacciatore e chi la preda? Atmosfere agghiaccianti, scrittura asciutta e meccanismo narrativo implacabile: ancora una volta Pierre Lemaitre impone il suo stile unico nel panorama del noir contemporaneo".

Ho avuto modo di discutere della figura di Verhoeven con lo stesso autore della trilogia, nell'ambito di una conversazione in cui si è parlato anche di scrittura e di generi letterari.
Vi propongo di seguito (in corsivo) alcuni estratti di questa conversazione, ringraziandovi in anticipo per l'attenzione e ringraziando Pierre Lemaitre per la sua disponibilità.

Il tratto essenziale della mia carriera poggia sul romanzo poliziesco e sulle sue caratteristiche. È per questa ragione che non mi addentro mai a scrivere un romanzo se non so già sin dall'inizio quale sarà il finale del libro. Per cui, dal punto di vista creativo, il mio punto di partenza è la piena cognizione di come comincia e di come finisce un romanzo. Una volta identificati questi due punti fermi, dò pieno spazio alla mia scrittura e alla mia creatività letteraria. Il motivo di questo approccio è ben facilmente spiegabile: il poliziesco è dotato di una particolarità che è proprio specifica di questo genere letterario. E, nei fatti, è sintetizzabile con il seguente assunto: il lettore giudica il romanzo poliziesco in base a come finisce, a come si conclude la storia. Per cui il suo è, diciamo, un giudizio in retrospettiva. Se, dunque, il Lettore è soddisfatto dal finale del romanzo allora il suo giudizio sarà positivo. Se vicevera, la fine non riesce a soddisfarlo, benché magari abbia avuto modo di godersi trecento pagine di buona lettura, il suo giudizio sarà inevitabilmente influenzato dal fatto che il finale del libro ha disatteso le sue aspettative. Ecco perché considero necessario cominciare un'avventura narrativa avendo come punto di riferimento chiaro proprio la fine del romanzo.

Il personaggio Camille Verhoeven è l'unico personaggio dei miei romanzi che trae spunto dalla realtà. E non è un caso che "Irène", il primo romanzo della trilogia di Verhoeven, sia dedicato a mio padre. In effetti mio padre era un uomo molto piccolo di statura; ma, a parte questo, ci sono molti tratti della figura di Camille che si richiamano molto a lui.
Uno dei motivi che hanno decretato la nascita di "Irène" è stato il voler rendere omaggio alla letteratura poliziesca. Desideravo che questo romanzo fosse una storia vera, accessibile a tutti; ma, al contempo, sentivo la necessità di realizzare un omaggio alla letteratura. E poi volevo creare la figura di un criminale che potesse essere ben identificato all'interno dei meccanismi del romanzo poliziesco.
Irène è la moglie di Camille. Ed è un personaggio molto misterioso. Un personaggio che, in un certo senso, mi ha resistito. Un personaggio che io stesso ho avuto difficoltà a capire fino in fondo. Non c'è dubbio sul fatto che Irène sia una donna un po' strana, di certo particolare. Del resto stiamo parlando di una donna che si innamora di un uomo peculiare (perché Camille è molto basso, perché è un investigatore, perché ha un cattivo carattere). Ecco, già tutto questo le conferisce un certo mistero. Ma Irène è anche una donna autentica. E per autentica intendo dire che stiamo parlando di una donna che è capace di vivere pienamente le proprie emozioni. Tutto il contrario di Camille. In tal senso, dunque, Irène, è un personaggio che è difficile comprendere se non lo si mette in relazione con Camille. Anzi, direi che entrambi, Camille e Irène, sono un uomo e una donna che riusciamo a capire solo mettendoli in rapporto l'uno con l'altra.
In questo libro Camille deve affrontare una situazione difficilissima. La stessa situazione con cui, peraltro, devono fare i conti anche gli altri agenti di polizia che lo accompagnano. Trovano questi due cadaveri di donne decapitate e fatte a pezzi. Una situazione orribile, del tutto inimmaginabile, nonostante gli anni di lunga esperienza che Camille e gli altri agenti hanno maturato.
La scena di apertura di questo romanzo si ispira molto all'"American Psycho" di Bret Easton Ellis. In "American Psycho" c'è questa situazione di grande mistero dove per il lettore diventa difficile capire se ciò che compie il personaggio corrisponde a realtà o a fantasia. E questa sensazione di sospensione, di indeterminatezza, caratterizza anche i miei personaggi nella fase iniziale della storia, giacchè si trovano di fronte a cose talmente incredibili al punto da domandarsi: è la realtà o siamo nel bel mezzo di un terribile sogno?
Camille cerca di capire questi crimini attraverso una logica che non è ordinaria... ma davvero sorprendente. Pur non essendo un lettore forte, intuisce che dovrà in qualche modo attingere ai romanzi polizieschi per risolvere il caso. Ma non rivelo altro per non rubare al lettore il piacere della scoperta.

E un po' più facile parlare di "Alex".

Si tratta di un romanzo che, almeno all'inizio, era poggiato su una costruzione molto astratta. Ciò che intendo dire è che, in questo caso, non avevo un personaggio specifico in mente, né una storia ben definita. Avevo solo un progetto, diciamo... "intellettuale".
Parlando di "Alex" credo sia importante partire da un presupposto, che è il seguente. Quando parliamo di thriller, bisogna tener presente che questo genere letterario si fonda su una caratteristica ben precisa... che è quella della identificazione, o meglio della "proiezione", del lettore sul personaggio del romanzo. Per cui se facciamo riferimento alla vittima, il lettore dovrà tremare con la vittima, dovrà aver paura con lei. Se facciamo riferimento all'assassino, la sua "proiezione" si identificherà in un sentimento di odio nei confronti dell'assassino. Ed è proprio questo meccanismo di identificazione che conferisce al thriller il suo fascino. Ora, ciò premesso, con "Alex" ho voluto un po' giocare con questo rapporto di prossimità del lettore nei confronti del personaggio. Mentre scrivevo pensavo a un personaggio che potesse essere molto simpatico al lettore; un personaggio, dunque, verso il quale il lettore possa provare empatia; ma anche a un personaggio che si trovi in una situazione di "tristezza", di "difficoltà". Diciamo così: dal punto di vista della caratterizzazione del personaggio, il libro è suddiviso in tre parti. Dopo un terzo della storia, ribalto completamente la visione che il lettore ha di Alex; per cui si passa dalla prima sensazione di simpatia a una sensazione che è completamente all'opposto. Giunto, poi, alla terza parte il lettore non proverà né l'iniziale sensazione di simpatia, né quella di antipatia provata nella seconda parte del romanzo. Diciamo che, nella parte finale del libro, il lettore avrà modo di scoprire chi è davvero questo personaggio.

E poi, naturalmente, c'è "Camille": dove Verhoeven rimane imbrigliato tra le pieghe di una questione personale che lo porterà a sacrificare i suoi principi.

Ancora grazie a Pierre Lemaitre. E tanta fortuna a Camille Verhoeven.

(Massimo Maugeri)

[© Letteratitudine - Riproduzione riservata]

* * *

Irène” (traduz. di Stefania Ricciardi), “Alex” (traduz. di Stefano Viviani), “Camille” (traduz. di Vittoria Vassallo)

* * *

Pierre Lemaitre, nato a Parigi, ha insegnato per molti anni letteratura e ora è scrittore e sceneggiatore. Con i suoi romanzi, tutti premiati da critica e pubblico, si è imposto come uno dei grandi nomi del noir francese. Le sue opere sono tradotte in più di venti lingue e i diritti sono stati acquistati dal cinema. Dopo Irène, e AlexCamille è il terzo romanzo della trilogia con protagonista il commissario Camille Verhoeven. Nel 2013, l'autore ha vinto il Prix Goncourt con Ci rivediamo lassù, pubblicato da Mondadori con grande successo di pubblico.

© Letteratitudine


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :