Pietra e cielo.

Creato il 29 marzo 2014 da Emialzosuipedali @MiriamTerruzzi

Ci sono delle strade che sono scritte dentro. In qualche modo. Quelle che portano su, alle strade del Nord, forse più che scritte sono scolpite, incise nell’anima. Perché quello per i sassi di quelle strade tranquille che il ciclismo ha trasformato in una specie di inferno, è un amore spigoloso, profondo e forse anche un po’ inspiegabile, segreto.
Greg Van Avermaet è nato in Belgio, ventinove anni fa. Che è fatto per il pavè sembra averlo inciso in volto: i lineamenti un po’ spigolosi, il mento deciso. Ha la faccia da combattente, da pugile e per contrasto due occhi tra il grigio e l’azzurro che su di lui sembrano l’accostamento di pietra e cielo. Il nome fa pensare un po’ agli attori di Hollywood degli anni Cinquanta ma il cognome tradisce le sue origini e la sua vocazione.
Uomo da classiche.
E’ davvero un pugile Greg, in corsa, ha resistenza e agilità nell’inseguire il suo sogno, l’obiettivo della sua vita. Il Giro delle Fiandre: antico ed intangibile come una fede, aspro e senza pietà come le ossessioni mai soddisfatte.

Ho visto Greg per la prima volta dal vivo all’arrivo della Milano-Sanremo. Aveva addosso la pioggia e i chilometri percorsi: uno sguardo, una foto, mentre lo stavano intervistando. Stare ai microfoni, con la grandine ancora nelle ossa, è già un miracolo. C’è qualcosa che mi ha colpito di lui. Forse i suoi occhi che nella luce del pomeriggio grigio erano quasi verdi, come il mare che si stava acquietando alle sue spalle. Forse il suo profilo deciso, diritto e con poche dolcezze come quello di certi busti che schizzavo a matita al liceo. O forse quel suo assomigliare incredibilmente alle gare che ama: dure, spigolose e allo stesso tempo con una bellezza tutta loro, che non ha niente a che vedere con il resto. Anche questa Sanremo assomigliava tremendamente a una classica del Nord: cattiva, fatta di chilometri interminabili sotto il giogo del tempo inclemente. Una piccola prova per testare le gambe e la testa, prima di partire per correre a casa sua, nella sua terra.

Una rivincita la deve a sé stesso da molto tempo, dal lontano 2007, quando per la prima volta, con la sua squadra di allora ha potuto partecipare a gare pro tour come il Giro delle Fiandre e la Parigi Roubaix. Una prima volta abbastanza deludente per un ragazzo che cominciava a coltivare il sogno. Ma si sa che il ciclismo non è uno sport da tutto e subito, soprattutto se si sceglie di seguire quelle strade con il vento in faccia. Il pavè è difficile farselo amico ma, come tutte le cose, la fiducia, la costanza, la dedizione sanno accarezzare anche i sassi più ruvidi. Greg rinasce davvero nel 2011, quando arriva nelle file della BMC pro team, dopo due anni non semplici, di piazzamenti senza troppa importanza. Con la nuova squadra vuole dimostrare a tutti che lui il sangue del nord ce l’ha dentro. Alla Sanremo di quell’anno arriva nono. Il cammino è costante, nel 2012 arriva quarto alla sua gara del cuore: un gradino giù dal podio del Fiandre. Si deve accontentare di un quarto posto anche alla Parigi Roubaix dell’anno successivo.
Il 2014 l’ha cominciato con un secondo posto alla Omloop Het Niewsblad ma i piazzamenti contano fino ad un certo punto. I traguardi si raggiungono in tanti modi. “Work hard in silence” dice sul suo profilo Twitter. “let success make the noise”. In bicicletta si lavora in silenzio, con la meticolosità e la tenacia che forse nessun arrivo riuscirà mai a dire per intero. Work hard in silence. E’ forse così che le pietre si innamoreranno di te, Greg. Non piace il romanticismo, al pavè. E le sue lacrime sono fatte di fatica, nere di carbone. A quelle strade piacciono gli uomini che lavorano sodo e non si fermano mai, che scalano in silenzio, che sanno cos’è il ciclismo: niente fronzoli, tante gambe. Forse impareranno a volerti bene perché gli somigli, sei un po’ come loro.
Il Fiandre è un sogno ambizioso. E’ per chi sa fare silenzio dentro di sé e ascoltare che cos’hanno da dire quei muri cattivi. Per chi è capace di ignorare le gambe che fanno male, le braccia che urlano sfibrate dai tratti in acciottolato. Per chi sa tirare dritto e non pensare che mancano ancora tanti chilometri dentro all’inferno di quelle campagne serene, costellate di case tutte uguali.
Il pavè ti vorrà bene, Greg. Sei come lui, ce l’hai dentro. Un sogno così, pieno di contrasti, è come la vita che scorre: ti ripaga della fatica, degli incontri sul ring andati male quando meno te l’aspetti. E’ fatto di buio e di luce, di pietra e cielo.



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