Nonostante la casa sia decisamente “basilare” nella struttura (2 piani e quattro camere, di cui due 6×4 e due 4×4, perfettamente identiche fra sopra e sotto), abbiamo comunque dovuto intraprendere alcuni cambiamenti di sostanza per fare in modo che un edificio costruito per essere abitazione+stalla diventasse una casa “normale” a tutti gli effetti.
Infatti in origine la casa era impostata per ospitare gli inquilini al piano di sopra (quindi in soli 40 mq) e gli animali al piano di sotto. Le due stanze al piano terra erano infatti dedicate alle vacche, la più grande (dove infatti si trovava anche una mangiatoia, purtroppo in cattive condizioni), e ai maiali, la più piccola. Una depandance in mattoni forati attaccata al muro esterno della casa ospitava invece galline e forse altri animali di taglia ridotta (ad esempio conigli).
Non essendo agricoltori (con grande disappunto del Lollo), ovviamente avevamo intenzione di trasformare le stanze in questione in ambienti abitabili. Per far ciò abbiamo dovuto innanzitutto fare una colata di cemento nelle stanze, che erano in terra battuta (uno dei primi lavori, raccontato qui). Il secondo problema era dato dai collegamenti fra le stanze: infatti, com’è facile immaginare, gli animali erano divisi e non avevano particolari esigenze di socializzare. Quindi le due stanze al piano terra, che nel nostro progetto sarebbero diventate cucina e sala da pranzo, non erano unite da nessuna porta, e comunicavano invece entrambe con l’esterno. Questo creava la paradossale situazione per cui avevamo due porte che davano sull’esterno in due stanze attaccate, e nessun collegamento fra esse.
Abbiamo quindi deciso di chiudere la parte bassa della porta della cucina, trasformandola in una finestra, e di aprire una porta nel muro che divide le due stanze.
Il primo lavoro era relativamente semplice, e infatti lo abbiamo svolto in totale autonomia. Nel secondo caso invece si è trattato di aprire da zero una porta in un muro portante, non certo un lavoro che si può fare senza l’aiuto di un professionista (sia per la difficoltà tecniche che per le esigenze di sicurezza del caso).
Per la “porta-che-diventa-finestra” abbiamo in sostanza eretto un muro che arrivasse fino ad un’altezza ragionevole, così da lasciare una finestra comunque ampia e luminosa (in effetti la più grande della casa, visto che quelle vere hanno una forma decisamente diversa, alta e stretta).
Il lavoro non è stato comunque nè banale nè rapido, visto che bisogna togliere delle pietre dagli stipiti per poter “allacciare quelle che vengono inserite: se infatti si costruisse semplicemente il muro all’interno del vano, prima di tutto si avrebbero due “righe” verticali decisamente antiestetiche, che renderebbero evidente il carattere posticcio del lavoro. Inoltre sarebbe strutturalmente meno solida, visto che il muretto sarebbe fissato solo alla base ma non lateralmente.
Così abbiamo iniziato il paziente lavoro di muratura.
Dopo un paio di giorni la nuova finestra si presentava così:
A parte l’effetto un po’ surreale di due finestre quasi attaccate, il risultato è comunque di avere un’apertura in meno verso l’esterno (che sarebbero state 3 in una casa di 80 mq, con problemi sia di dispersione di calore che di potenziale furto, oltre che di un’evidente inutilità di avere tre entrate diverse) e una cucina molto luminosa, grazie all’ampiezza del buco.
Utilizzando pietre di recupero il muretto non è perfetto al 100%, e se ci si guarda bene si nota che è costruito con più “stortezza del muro ai lati. Però è una sottigliezza che difficilmente si coglie se non si sa che è stato fatto il lavoro ex-post.
E questa è fatta!
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La porta è stata invece più complessa.
La cosa più delicata era l’apertura del buco, da fare in un muro di pietra spesso mezzo metro. Oltre alla difficoltà vera e propria di “scardinare” le pietre, dovendo anche utilizzare il flessibile per tagliare a destra e a manca quando proprio non si riusciva a smontare con i normali scalpelli e “forza bruta”, c’era anche l’aspetto della sicurezza, che richiedeva di stare molto attenti a puntellare le pietre per evitare che ci fossero crolli (potenzialmente molto pericolosi).
Per fortuna il prode Fausto ci da sempre molta sicurezza sotto questo aspetto, e sapevamo di poterci fidare di lui. Così in un giorno siamo riusciti a fare un buco di massima e a inserire gli architravi di legno che sostenessero la parete. Visto lo spessore della porta abbiamo dovuto utilizzarne ben 3 pezzi diversi, ricavati da un trave di 20 cm di diametro tagliato in tre parti. Mentre si apriva il buco sono stati utilizzati degli alari di ferro, che piantati fra le pietre andavano ad agganciarsi ai travetti di legno sovrastanti con dello spesso fil di ferro. Ovviamente non una misura molto sofisticata, ma era solo una misura di sicurezza aggiuntiva per quelle 2-3 ore di rimozione delle pietre, visto che il giorno stesso sono stati messi gli architravi che assicuravano la sicurezza della struttura. Inoltre le pietre sono comunque tutte agganciate l’una con l’altra quindi non basta toglierne un po’ per far crollare una parete. Ma visto che il varco era di dimensioni consistenti abbiamo cercato di limitare al minimo i rischi con questi piccoli accorgimenti.
Putroppo non ci sono foto dello svolgimento del lavoro, ma si può capire abbastanza bene da questa immagine del buco “grezzo”.
In sostanza, si è prima creato un buco di circa un metro, nel punto più alto della futura porta, poi sono stati inseriti gli architravi. I travi di legno hanno uno spessore di circa 20 cm, ma ovviamente non sarebbe bastato un buco alto 30 cm per lavorare con comodità! E già con un buco di un metro (e profondo mezzo!) vi assicuro che faceva una certa impressione infilarci le braccia dentro, pensando alle centinaia di tonnellate di sassi che ci sono sopra..
Nonostante il buco fosse la parte più “rischiosa” del lavoro, quella tecnicamente più difficile era costruire le spalle/stipiti della porta. Può non sembrare così intuitivamente, ma trasformare quel buco informe in una porta vera e propria è molto difficile: sia tagliare/sostituire le pietre sporgenti, sia fare uno stipite estremamente dritto, sia fare in modo che gli angoli delle spalle venissero di 90°.
Se guardate con attenzione il muretto della finestra più sopra, sia in foto che in loco, noterete che nonostante la grande attenzione non è perfettamente dritto: ci sono alcune pietre che spuntano appena, altre storte, alcune troppo rientranti, altre troppo sporgenti. E’ davvero difficile stare perfettamente a piombo, anche perchè l’occhio è ingannevole e anche se sembra di andare dritti ci si rende conto, magari dopo 2-3 file, che ci si è spostati all’infuori, oppure si è stati troppo inclinati verso l’interno.
Se applicate queste difficoltà non ad un muretto infilato in un vano antecedente (in cui quindi bisogna stare attenti solo ad una “dimensione”, cioè che si sviluppi a piombo in altezza), ma ad una spalla spessa solo 50 cm capirete la difficoltà (visto che bisogna stare attenti che siano a piombo tutti e 3 i lati, quello interno e i due muri rispettivamente della sala e della cucina, il cui angolo deve essere retto).
Abbiamo quindi svolto i lavori sotto la supervisione di Fausto, che tradotto vuol dire che noi gli passavamo le pietre, a volte gliele tagliavamo con il flessibile, e lui lavorava.
Ci sono voluti due giorni, uno a spalla, per finire.
Ma il risultato ci ha ampiamente gratificato.
Giorno 1, con Fausto al lavoro sulla prima spalla:
Particolare dell’interno, che vi da un’idea della precisione e dell’”occhio” che ci vuole:
1° spalla finita…
… e anche la 2°!
Particolare di spalla e architravi:
Come avrete notato gli architravi non sono messi sullo stesso livello. E’ una scelta obbligata e non estetica: infatti, visto che la cucina è più bassa di circa un metro rispetto alla sala, se si fosse voluto tenere un architrave “unico”, partendo da un’altezza normale di un paio di metri in salta si sarebbe arrivati fino al livello del soffitto nella stanza di fianco. E questo era tecnicamente impossibile, visto che il soffitto, e il piano di sopra, è sostenuto da un grosso trave e dai tanti travetti, e non si poteva quindi andare a intaccare a quell’altezza (confrontare la terzultima immagine e la penultima per chiarezza).
A noi comunque il risultato finale non dispiace, è originale ma esteticamente non stona con il resto.
Ora l’ultimo lavoro da fare sarebbe fare gli scalini, ma abbiamo rimandato a quando faremo il pavimento definitivo in quel piano. L’idea è di fare 4 gradini, due all’interno dello spessore del muro e uno per ogni stanza (quindi che in sala si “incassa” nel pavimento e in cucina invece è rialzato).
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Metto un po’ di foto e non aggiungo spiegazioni per la finestrella del bagno, visto che il procedimento è sostanzialmente uguale a quello per la porta. La differenza è ovviamente che essendo una finestra non siamo arrivati fino al terreno, e che viste le dimensioni non abbiamo chiesto l’aiuto del muratore e ce la siamo cavati da soli.
La finestra è molto piccola (50×50 cm) e serve giusto per arieggiare il bagno e darci un po’ più di luce. Anche in questo caso, visto lo spessore del muro abbiamo utilizzato la bellezza di 5 (cinque!) travetti per fare l’architrave! E dato che all’esterno si doveva lavorare a circa 4 metri d’altezza abbiamo dovuto montare un piccolo pezzo di ponteggio.
Come si vede le spalle non sono regolarissime, ma visto che andranno comunque intonacate faremo il lavoro di fino quando sarà il momento di montare le finestre.
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Qualche parola anche su due lavori passati che non sono stati nemmeno accennati.
Il primo è la costruzione degli scuri per le finestre. Abbiamo lavorato per diverse settimane per realizzarli, facendoci tagliare alcuni pezzi da un falegname per essere sicuri che fossero perfettamente dritti. Abbiamo poi assemblato sostanzialmente copiando gli scuri che ci sono in tutte le case in montagna, quindi 3-4 assette maschio-femmina come base e una cornice rettangolare di listelli che tenesse unito il tutto. Abbiamo inoltre messo il catenaccio di chiusura e le cerniere per infilarli nei perni (che a loro volta sono stati montati nel muro esterno grazie ad una resina apposita).
Incredibilmente non abbiamo foto di questo lavoro, non so dire perchè: forse semplicemente non ci abbiamo pensato!
Metto quindi qualche immagine degli scuri finiti, per darvi un’idea.
In totale gli scuri sono 7 : 4 al primo piano (di cui 2 nel salotto e 2 nella camera da letto) e 3 al piano terra (1 nella sala da pranzo e 2 in cucina). Ci sono poi le finestrelle del soppalco e quella del bagno, che però viste le dimensioni non avranno scuri.
Notare il colore rosso fuoco, che fa molto rifugio di alta montagna.
In paese hanno un po’ mormorato, facendoci capire (amichevolmente) che in queste zone gli scuri sono tradizionalmente verdi.
Il bello è che noi li volevamo lasciare color legno, con solo l’impregnante per scurire un po’ l’abete. Ma visto che la zona è infestata di picchi, ci era stato assicurato che pitturandoli con un colore acceso avremmo evitato che ce li rovinassero, perchè “se sono colorati non riescono a percepire che si tratta di legno”.
Una cazzata. Dopo un mese c’era un buco grande come un pugno in uno scuro (che è fatto con un legno spesso diversi centimetri!).
Quindi ci siamo dovuti rassegnare a mettere le buste di plastica infilate nella chiusura, in modo che svolazzando spaventino i volatili. Non sono molto belle da vedere ma tant’è..
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L’altro lavoro di cui parlavo è la stuccatura delle pareti esterne. Si tratta di riempire le fessure fra le pietre con la calce, di modo da minimizzare la polvere, gli insetti e gli animaletti che entrano in casa, e anche per dare un aspetto più bello e “ordinato” alle pareti. Dopo aver inserito la calce (che noi abbiamo fatto con un metodo “alternativo”) bisogna “tirarla” di modo che si riempia bene il buco e che si attacchi alle pietre intorno quasi “alla pari”, quindi senza rimanere troppo interna e senza sporgere dal livello della parete. Poi bisogna tamponare tutto con una spugna imbevuta d’acqua, così che le pietre sporcate nel lavoro si puliscano, venga anche via la calce in eccesso e si schiacci bene nelle fessure.
Non è un lavoro importante strutturalmente, e non c’era urgenza, ma visto che avevamo il ponteggio montato per i lavori ai tetti, si era pensato di approfittarne prima di smontarlo.
Ecco qui alcune immagini dello svolgimento:
E si può dire che questo sia stato il primo vero fallimento da quando abbiamo iniziato i lavori.
In sostanza, l’errore è stato commesso nell’ultima parte del lavoro: abbiamo pulito le pietre con l’acqua nei secchi, ma visto che non sostituivamo l’acqua abbastanza spesso (non avendocela ancora corrente) l’acqua si sporcava della calce che veniva portata via dalla parete ogni volta che si immergeva la spugna nel secchio. Il problema è che quando la parete è bagnata sembra molto pulito, e non si percepisce il danno in modo evidente. Il fatto di non aver utilizzato acqua pulita diventa però chiaro quando la parete asciuga, e mostra uno strato bianco su tutte le pietre.
In poche parole abbiamo “sbiancato” tutta una parete, mentre volevamo pulirla. E questo è stato il risultato.
Il problema è che la calce non è un materiale che viene via facilmente (un po’ come il cemento).
Inoltre, anche la tecnica della saccapoche (quella usata in pasticceria), nonostante ci avesse esaltato molto come idea, non è l’ideale perchè non riesce a spingere la calce in profondità come farebbe invece una cazzuola. Purtroppo la nostra manualità con la cazzuola è davvero bassa, e quindi avevamo ideato questo metodo che ci sembrava rapido e innovativo. Ci hanno fatto notare che se i muratori usano le cazzuole e non le sacche da pasticceria un motivo ci sarà..
In ogni caso quello è stato il problema minore: anche se non è ortodosso, è utile per mettere la calce nelle piccole fessure (anche se poi ovviamente va tirata con le cazzuole o le spatole). Molto peggio invece la questione pulizia, che ora sarà difficilmente risolvibile.
Comunque dopo questo errore grossolano abbiamo deciso di concentrarci su altri lavori, più importanti, e di occuparci delle stuccature esterne in futuro, come ultimo vero lavoro (visto anche che andrà rimontato tutto il ponteggio). Dobbiamo però trovare un modo per ripulire quella parete: si può pensare alla sabbiatura, anche se rischia di pelare le pietre. Ma forse con una sabbia molto fine si potrebbe fare. Altrimenti idropulitrice, ma dubito che toglierebbe uno sporco di quel tipo.
L’unica certezza è che in qualche modo dovremo fare, visto che quella roba, come si suol dire, “non se po’ vede”!
D’altronde questo errore ci ha anche fatto capire che bisogna sempre aver chiaro quello che si sta facendo, che ci vuole l’umiltà di farsi sempre insegnare da chi ne sa di più, e soprattutto che le cose non bisogna farle MAI IN FRETTA. Meglio cambiare l’acqua il doppio delle volte ma essere sicuri di non rovinare una parete di pietra vecchia di un secolo!
Sbagliando si impara, no?
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