PIETRO ICHINO: Giunge a compimento, con il varo definitivo del decreto sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, un progetto enunciato per la prima volta alla fine degli anni ’80, 23 febbraio 2015

Creato il 23 febbraio 2015 da Paolo Ferrario @PFerrario

UNA BATTAGLIA DURATA VENTICINQUE ANNI
Giunge a compimento, con il varo definitivo del decreto sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, un progetto enunciato per la prima volta alla fine degli anni ’80: un cammino lungo, difficile e a tratti tragico: leggi il mio editoriale telegrafico di oggi. È on line anche il testo del decreto approvato definitivamente dal Governo venerdì.

L’EQUILIBRIO POLITICO DELLA RIFORMA
Non sta in un compromesso tra impostazioni contrapposte, ma nel superamento dell’apartheid fra protetti e non protetti, nella coniugazione tra flessibilità delle strutture produttive e sicurezza di tutte le personenel mercato del lavoro: leggi il mio breve intervento pubblicato sul Sole 24 Ore di venerdì.

  

LA FILOSOFIA DELLA RIFORMA E IL CAMMINO CHE RESTA DA FARE
Gli intendimenti di fondo del jobs act,  i primi passi compiuti e quelli ancora da compiere: leggi la mia intervista pubblicata dal mensile Acli News di febbraio.

DOVE AFFONDA LE RADICI LA RIFORMA
Come l’idea di fare del contratto a tutele crescenti la forma normale di assunzione per tutti è nata da un progetto organico che avevo già esposto alla metà degli anni ’90: leggi la mia intervista pubblicata ierisui 19 quotidiani locali del Gruppo l’Espresso.

IL DECRETO SUL “RIORDINO DEI CONTRATTI”: LUCI E OMBRE
È positivo che il ministro del Lavoro abbia fatto propria la sfida della chiarezza e della semplificazione, ma lo schema provvisorio presenta alcuni difetti che vanno corretti: leggi la risposta al messaggio con cui un amico chiede la mia opinione a caldo sullo schema del terzo decreto, approvato provvisoriamente dal Governo venerdì.

IL JOBS ACT, LA LIBERTÀ INTELLETTUALE E LA DISCIPLINA DI GRUPPO
Se ci si pone al servizio della collettività impegnandosi in politica, e si vogliono produrre risultati utili per il Paese, si devono accettare regole comuni con i compagni di strada che ci si è scelti, almeno riguardo al comportamento nel voto: leggi la mia intervista al Corriere.it di mercoledì scorso


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