Pietro Thouar – Firenze – Il giorno di Berlingaccio.

Da Paolorossi

Viareggio – Carnevale 2015

— Animo! per oggi facciamo festa. I’ non ne vo’ sapere più nulla della lima ; è Berlingaccio, — diceva maestro Simone magnano al suo fattorino di bottega.
— È meglio andare sotto gli Ufizi a vedere le maschere. O tu, maestro Carlo — al magnano di faccia, — che cosa fai che non serri ancora la tua bottega?
— Che è festa di precetto ?
— No, ma un po’ di svago ci vuole per tutti.
— Questa non la ‘ntendo. Dello svago ce ne pigliamo abbastanza le domeniche ; e poi mi preme di rimettere il lavoro quando l’ ho promesso ; e sinché ho da fare, non smetto io.
— E non vorrai nè anche vedere du’ maschere?
— Non mi par vero che di qui non ne passino. Sono scioccherie che mi fanno rivoltare lo stomaco. Gli uomini ho piacere di vederli in viso io, anche quando si spassano.
— O badate ora che uomo savio, che sputasentenze! Qualche anno fa, quando s’era garzoni assieme, tu non la pensavi così, fratello.
— E meglio metter giudizio una volta che mai. E quando s’ha moglie e figliuoli, mi parrebb’ora di far l’uomo posato.
— Che forse la fo mancare di qualche cosa la me’ famiglia?
— Non dirò questo; ma lo vedi? E’ s’ era tutt’e due bardotti alla stessa paga ; poi si aprì bottega di nostro, su per giù nel medesimo tempo. Ma ora tu hai un garzone soltanto, e io n’ ho quattro. Ho più famiglia di te; la mantengo passabilmente, e qualche cosuccia m’ avanza sempre.
— Che vuo’ tu ch’ i’ ti dica io ? Bazza a chi tocca ! Tu se’ più affortunato di me. Le ordinazioni ti piovono da ogni parte….
— Gli é che levato delle domeniche e delle altre feste d’ intero precetto, i’ lavoro sempre. Per me, sotto la Fortezza, Lungarno di Carnovale, al Monte alle Croci i venerdì di Quaresima, al Prato delle Lune per San Luca, alla Cella di Gialdo, lungo Mugnone, alle Mura, e via discorrendo, per gozzovigliare, per vedere tanti scioperati che anche dalle feste sacre pigliano occasione di far baldoria e d’ubriacarsi, chi m’ha visto m’ha visto. E poi non siamo più dell’erba d’oggi, Simone mio ; e a stare a bottega più che si può, è sempre meglio per l’ anima e pel corpo.
— Ed avrai cuore di tener costì a telonio tutta la giornata codesti ragazzi?
— Io non gli obbligo : chi vuole sdarsi,  padrone; e’ fa sul suo.

I garzoni, ridendo sotto i baffi, lavoravano lietamente; e chi diceva: — Io me ne trovo bene a dar retta al principale; — e chi : — Ho più gusto a portare un giulio a me’ madre, io, che a veder cento maschere.
— Sai tu come l’è? — rispose maestro Simone — voglio andare sotto gli Ufizi ; la moglie m’aspetta. Oh! guarda, guarda il me’ Biagio vestito da Arlecchino. Che cosa te ne pare? Non è un gioiello? Buffone! ti riconosco, sai? Eccomi, eccomi. Di’ alla mamma che vengo subito; corri. Addio, maestro Carlo. Buona veglia!
— Addio. Animo, ragazzi! il lavoro d’oggi rende il doppio. Povero Simone, vuol rovinarsi ; ma il peggio è che quel figliuolo s’avvezza male! —

Nella strada non si udivano altri strepiti che quelli dei martelli e delle lime di maestro Carlo e dei suoi garzoni. Un’ora dopo, capita un giovine di banco tutto frettoloso in cerca di maestro Simone, e trova chiusa la bottega.
— Volevo maestro Simone — dice a Carlo; — è il magnano del mio principale; ma si vede che oggi e’ se la sbirba; suo danno! Venite voi, maestro Carlo; so che posso fidarmi. Il principale ha bisogno di mutare certe chiavi. Se avete tempo, pigliate gli arnesi: ci vuole un lavoro lesto e fatto con garbo.
— Grazie; ma io non voglio levare questo guadagno a maestro Simone. È andato sotto gli Ufizi, posso mandare a cercarlo.
— Vi par egli? Il principale non può aspettare; domani parte. Animo ! Una volta tanto non ci sarà male. Doveva stare a bottega il balordo ! Ve lo chiedo proprio in piacere. E se non venite voi, cerco un altro.
— Quand’ è così, eccomi a’ vostri comandi. Lavorerò per Simone.
— Va bene. Ma prendete de’ buoni arnesi ; le son toppe indiavolate.
— Se vedrò di potervi contentare, starò all’impegno: sennò, vi servirete d’un altro.
— Così parlano i galantuomini; ma chi ha meno pretensione, dà più nel segno.
— Andiamo. Ragazzi, lavorate. Or ora torno. —

Maestro Carlo si comportò da suo pari; lavorò a bottega chiusa fin dopo la mezzanotte ; e il banchiere fu tanto contento della sua abilità e della sua esattezza, che volle dargli un bello zecchino. L’avrebbe anche fissato per altri lavori invece di Simone, ed egli rispose:
— La scusi, non mi dà r animo ; non vogho levare il pane a nessuno. Se oggi Simone ha avuto la disgrazia di non poterla servire, non sarà così da qui innanzi.
— Hai ragione ; mi piace la tua onestà. Ma e’ è un forestiero che mi richiede d’ un buon magnano per dargli molto lavoro. Gli propongo subito te, perchè sono sicuro di farmene onore.
— Ed io lo servirò meglio che potrò. Grazie tante ! —

Viareggio – Carnevale 2015

Il giorno dopo, all’aperta di bottega, maestro Carlo andò a trovare maestro Simone, che era sempre immelensito dal chiasso e dal sonno.
— E com’è andata? Ti divertisti tu a tuo modo?
— Lasciami stare ! non ho più fiato ; e quel che è peggio, mi trovo rasciutta la tasca. Buon per me se ieri t’ avessi dato retta! Me ne seguirono d’ogni razza! Che giornataccia! Il figliuolo m’ebbe a rimanere sotto una carrozza; si conciò tutto, e trema sempre dal rimescolamento ; ho paura che mi s’ammali. La me’ donna si strappò il vestito nuovo. Io non trovo la via di rimettermi a lavorare. Sarei capace di andarmene a gironi per passar la mattana.
— Vorresti pregiudicarti più che mai? Animo! a ogni cosa v’ è il suo rimedio. Coraggio ! Una buona settimana di lavoro ripara a tutto. E intanto, vien qua. Lo vedi questo zecchino? È tuo; lo guadagnai iersera per te, lavorando a un banchiere che aveva mandato a cercarti. E mi ha promesso il lavoro d’ un forestiere, e ci combineremo per farlo a mezzo. —

Maestro Simone gli buttò le braccia al collo; non voleva lo zecchino, ma finalmente lo prese; fece proposito fermo di non mai più abbandonare il lavoro pei passatempi frivoli e dannosi, e fu puntuale con sé stesso.

Note:

  • Il giorno di Berlingaccio e gli ultimi due giorni di Carnevale solevasi tenere un concorso di maschere sotto gli Uffizi, loggie del Vasari, al quale interveniva ogni sorta di gente.
  • Festa di precetto: quella nella quale ci dobbiamo astenere dalle opere servili.
  • Me’ famiglia : Mia famiglia.
  • Prato delle Lune per San Luca, alla Cella di Gialdo, lungo Mugnone, alle Mura : Località ove i Fiorentini andavano a sollazzarsi o a merendare: il Prato delle Lune è situato presso Montughi.
  • Chi vuole sdarsi : Anneghittirsi, impigrirsi.
  • A gironi: Girare senza saper dove.

( Pietro Thouar, tratto da “Racconti popolari” , Felice Paggi Libraio-Editore, Firenze 1889 )


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