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Pignatone: “la calabria paga l’isolamento, ma tre nuovi pentiti sono un segnale importante”

Creato il 17 ottobre 2010 da Stefanoperri

pignatonedi Grazia Candido – “In Calabria le vie d’informazione sono difficili, disastrate. Qui si vive in un cono d’ombra informativo”. E’ il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone a parlare della Calabria a tutto tondo, del male che soffoca da anni una comunità, la ‘ndrangheta, ma anche dei tanti uomini onesti che, quotidianamente si impegnano ad estirpare con tutte le loro forze questo terribile “cancro”. Ospite su Raitre, alla puntata di “Che tempo che fa”, talk-show di Fabio Fazio, il procuratore si sofferma sull’ “isolamento” in cui vive una delle Regioni del Mezzogiorno. “Io arrivo da Palermo che non soffre questo problema, è una città sempre sotto i riflettori mentre la Calabria soffre di un isolamento che è simboleggiato dalla mitica autostrada Sa-Rc rimasta incompleta da anni – afferma Pignatone – Dalla Calabria non si riesce a far uscire una notizia almeno che non riguardi fatti clamorosi o di malasanità. Invece, è urgente far sapere fuori che mentre la Calabria è isolata, la ‘ndrangheta è dappertutto e accresce il suo impero economico che trova nella provincia di Reggio Calabria la sua capitale”. Il Procuratore Pignatone dal marzo 2008 ha imposto un intenso impulso alle inchieste contro la ‘Ndrangheta culminato, nel luglio scorso, nella maxi inchiesta “Il crimine” condotta in collaborazione con il Pm Ilda Boccassini e che ha portato alla luce la rete delle cosche calabresi in Lombardia: trecento arresti, beni sequestrati per decine di milioni, l’identificazione di amministratori e imprenditori compiacenti. Lo scorso 5 ottobre la ‘ndrangheta fa un “regalo” al procuratore, un bazooka, ed è lo stesso Pignatone a spiegare che “è un’affermazione di forza delle cosche per far capire che posso fare ciò che vogliono ma è anche un segno di nervosismo, di preoccupazione che sta cambiando qualcosa”.  Ed effettivamente gli scenari in Calabria stanno mutando, un fatto determinante è la collaborazione con lo Stato di alcuni malavitosi. “I collaboratori di giustizia sono molto pochi, nelle regioni meridionali la percentuale calabrese è minima – afferma Pignatone – Negli anni ‘90 c’è stato un gruppo che ha consentito il maxi processo Olimpia dopo di che non ci sono state più collaborazioni che abbiano dato risultati positivi. In questi ultimi 15 giorni, ci sono tre persone che hanno deciso di collaborare con la giustizia: il pentimento del boss Antonino Lo Giudice è un segnale importante – rimarca ancora il Procuratore – Lo Giudice è il pentito più importante degli ultimi anni e la sua collaborazione segna un momento significativo per la conoscenza di un’organizzazione criminale in cui il pentitismo per anni, al contrario di Cosa nostra, non è esistito. I pentiti, insieme ad una nuova coscienza da parte della società civile calabrese che si è manifestata negli ultimi tempi, possono segnare una svolta importante nella lotta contro la criminalità organizzata calabrese”.

Ma c’è ancora molto da fare in Calabria anche se “da qualche anno, è avvenuta un’accelerazioni di risultati e ci sono stati segni di un risveglio della società civile. Queste due condizioni assieme determinano preoccupazione, ansietà nelle cosche mafiose ma speranza nel resto della società – postilla Pignatone – Il sequestro dei beni alle cosche mafiose è una delle chiavi di volta dell’azione dello Stato contro la criminalità organizzata”.
E se oggi siamo arrivati a contrastare la ‘ndrangheta il merito non è di un solo uomo bensì di una squadra fatta da “eccezionali magistrati della procura di Reggio Calabria e di tutti i corpi dello Stato che, in sinergia, cooperano alla riuscita delle varie operazioni”.
“La ‘ndrangheta dalla provincia di Reggio Calabria ha colonizzato intere regioni acquisendo il controllo di importanti attività  economiche in Italia ed in vari Paesi del mondo – conclude il procuratore – Ha accumulato nel temo enormi capitali ma è trasversalista come tutte le mafie, cerca il potere. La ‘ndrangheta richiede uno sforzo repressivo imponente e ognuno deve fare la sua parte. Il compito importante è l’informazione, se ci fosse un’informazione attenta a descrivere non le parole di tutti noi ma le opere, le azioni che i magistrati, le forze dell’ordine, i cittadini, i politici compiono sarebbe un grosso passo avanti”.



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