Pil

Creato il 16 gennaio 2014 da Gaia

Da un lato, la critica al Pil come misura dell’economia, del successo delle scelte politiche e del benessere di un paese è talmente avanzata, ovvia e ripetuta che io la do per scontata da un pezzo. Certe cose non serve ripeterle miliardi di volte: ci siamo arrivati, andiamo avanti. Tendo anche a ritenere che la maggior parte della gente abbia capito che non si può crescere all’infinito e che il Pil non è l’unico dato che dobbiamo tenere presente per capire come stiamo – anzi, può essere parecchio fuorviante.

D’altro canto, basta accendere la radio, internet (meno) o la tv, o aprire un giornale, per sentire sempre la solita solfa: sostantivi e aggettivi positivi se l’economia cresce, negativi se non cresce; “bene” se i consumi aumentano, “male” se non lo fanno, e variazioni infinite su questo tema, su questa ossessione collettiva. Si aspetta che cresca il Pil per risolvere il problema dei più poveri, per pagare i debiti, per sostenere la spesa pubblica per valutare l’operato di un governo, la felicità di un paese… quando sono altre le cose che andrebbero fatte, e subito! È come se tutti sapessimo che la terra è tonda, ma sentissimo sempre dire come niente fosse che è piatta e ascoltassimo sindacalisti, politici e editorialisti cronicamente preoccupati perché chi si spinge troppo a est potrebbe precipitare nello spazio.

In omaggio a questa mia esperienza quotidiana di dissonanza cognitiva vi invito a leggere, se ne avete voglia, un articolo scritto da un economista (esistono anche quelli sensati) che spiega perché alcuni credono davvero che il Pil possa crescere all’infinito, e dove sbagliano. È molto tecnico ma anche scorrevole. Se avete pazienza ne vale la pena, per rinfrescare argomentazioni che dovrebbero essere scontate.

Per chi c’è, ci vediamo domani a Firenze (se Trenitalia non si vendica per tutti i post in cui l’ho definita “il male”. A proposito: non sono l’unica.)


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