Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle.
Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini.
Cresce con la produzione di armi, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago.
Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei nostri valori familiari o l’intelligenza del nostro dibattere.
Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese.
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Un discorso di Grillo o di Vendola o di qualche altro idealista sognatore pensereste subito in questi tempi di debito e PIL? Vi sbagliereste di grosso, anche se sembra scritto ieri se non oggi quanto è attuale, questo meraviglioso aforisma fu pronunciato da Robert Kennedy alla Kansas University nel lontano. Mai il passato è stato così aderente al presente come nelle immagini evocate a suo tempo da quello che è considerato il miglior Kennedy della storia, ma se già veniva criticato in passato ed esaltato ai massimi livelli al presente, lo spread dovrà necessariamente essere il nostro futuro?
“Non tutto ha un prezzo”, dichiara il numero uno dell’Istat Giovannini, elencando “il sorriso di chi ci circonda, la solitudine, l’ansia di non avere un lavoro, l’aria che respiriamo, la biodiversità”. Una cosa che “a livello globale gli economisti e gli statistici lo hanno capito da tempo”.
Ma cosa dovremmo dire allora della nostra miope classe politica per cui lo spread fa cadere governi e formare maggioranze? Nella loro dorata vita lontani dai problemi quotidiani delle persone, nelle loro corse da un palazzo all’altro con tanto di scorte dalle sirene ululanti trova posto forse qualcosa che non sia un mero tecnicismo come lo spread?
La citazione di Giovannini non è casuale, quest’anno l’Istato ha introdotto il BES, l’indice di Benessere Equo e Sostenibile, un indicatore che si basa su 134 parametri e 12 ambiti, consideriamo che siamo un paese non più di nani e ballerine, ma di poveri, precari disoccupati e disperati, dove la rabbia e la frustrazione per la situazione del paese ha raggiunto livelli mai visti. Abbiamo la più alta disoccupazione d’Europa a parte Ungheria e Grecia, gli ultimi dati disponibili, quelli del 2011, ci regalano un indice di “deprivazione” del 11,1% ed una calo del potere d’acquisto di 5 punti, e mancano ancora i dati del 2012 con IMU e accise varie…. Se i partiti tradizionali avessero consultato i dati disponibili invece di cullarsi nella certezza “del tutto cambia e nulla cambia”, avrebbe scoperto che in una scala da 0 a 10 la fiducia degli italiani nei politici si attestava a 2,3; poi stupirsi della nascita di Movimenti 5 Stelle e Liste Civiche simili con in comune il rifiuto della politica è indice di ottusa cecità.
Ma cosa può servire il BES? La traduzione di Spread letteralmente è larghezza o forbice, ma indica anche espansione o divario, questi ultimi due vocaboli si possono certamente prendere ad esempio dell’impatto sociale che questo piccolo mostro generato dai mercati finanziari, in questi tempi di crisi, così come storicamente è accaduto in tutte le crisi passate, è aumentato il divario tra ricchi e poveri schiacciando verso il basso la classe media, in quanto all’espansione è indubbio che ne ha provocato l’esagerata contrazione. Ma dovrà forse la nostra vita a la nostra società ridursi ad un semplice calcolo? Ad un tecnicismo che appartiene più alle ovattate stanze dei cosiddetti professori che non ad un paese ricco di cultura come il nostro? Non dobbiamo piuttosto scegliere il procace BES rispetto all’anemico Spread?
Tornando a Giovannini l’indice da loro creato ci indica gli ambiti di progresso su cui dovremmo lavorare, combattere il femminicidio, dare impulso alla lettura di libri, rivalutare il patrimonio storico-architettonico, proteggere l’ambiente. Se il Parlamento oltre il Pil e lo Spread tenessero conto del BES quale rivoluzione sarebbe per il nostro paese?
PIL vs BES tabule rase