Pillole da Torino 31 – 28 novembre

Creato il 29 novembre 2013 da Drkino

Il Diario di Mattia Gariglio da Torino 31 in pillole…

WHITEWASH (Fuori Concorso)

Notte, una strada deserta, uno spazzaneve ed un corpo da occultare. Cosa lega il guidatore dello spazzaneve all’uomo ormai cadavere? Whitewash, debutto nel lungometraggio per Emanuel Hoss-Desmarais, inizialmente criptico e affascinante, gioca con i generi, tentando a più riprese di distaccarsene, rivelandosi più psicologico che noir. Il montaggio, che salta tra presente e passato, rende la trama, altrimenti alquanto lineare, meno banale di quanto sia in realtà. Riesce a costruire un mistero che viene svelato pian piano. Più ci si avvicina a scoprire le motivazioni dell’incidente e più ci si rende conto che in realtà le motivazioni non contino poi molto. Ciò che interessa realmente al regista è analizzare il senso di colpa di uomo rimasto solo, reso fragile dalla solitudine. Whitewash, girato in digitale, gode di un’ottima fotografia, che giocando con i chiaroscuri, è capace insieme al montaggio e alla colonna sonora di sorreggere un film dalla sceneggiatura debole, rendendolo comunque un prodotto degno di essere distribuito nelle sale nostrane.

MEN SHOW MOVIES AND WOMEN THEIR BREAST (Fuori Concorso)

Cannes 2012. Una giovane regista tedesca, invitata con il suo cortometraggio sulla Croisette, decide di inviare un’attrice per sostituirla e riprendere il tutto. Men show movies and women their breast non è un documentario, non è un mockumentario (non ne rispetta gli stilemi), ed è rischioso definirlo un lungometraggio di finzione. Cos’è dunque? Un mix di tutti questi generi. Difficile da definire, si diverte a giocare con lo spettatore, poggiando le basi su una sceneggiatura che a tratti sembra non essere mai esistita. Girato in cinque giorni senza budget, regista dixit, la verità la conosce solo lei. Men show movies and women their breast è un esperimento nato dalla mente di un’autrice, Isabell Suba, che sembra avere idee potenzialmente interessanti. Quella di questo film, però, risulta poco a fuoco, riuscendo a confondere lo spettatore che potrebbe anche, a proiezione conclusa, credere di aver visto un film interessante. Solo fumo negli occhi? Probabilmente. Difficile da capire se sia solo figlio dell’improvvisazione, o se dietro ci sia un’idea più strutturata. Il film tenta di essere un affresco inedito sul cinema e suoi rituali, ma in fin dei conti risulta semplicemente un pot-pourri di idee potenzialmente valide. Le sfibranti discussioni sul ruolo della donna nel cinema contemporaneo, che sorgono tra la protagonista e il suo produttore risultano vuote e fini a se stesse. Il titolo di forte impatto (Gli uomini mostrano i film e le donne le loro tette), crea aspettative deluse da una confusione narrativa e stilistica.

IL CAVALLO DI TORINO (Fuori Concorso)

Un uomo e sua figlia si preparano, inconsapevolmente, ad affrontare la fine del mondo. Ad accompagnarli in questo viaggio, il cavallo che fece emozionare Nietzsche. Proprio il cavallo, metafora di tutti coloro che hanno subito soprusi, è il primo a comprendere che lottare per vivere ormai è inutile. Il cavallo di Torino è il film con cui Bela Tarr ha deciso di congedarsi dal suo pubblico. Cupa visione del mondo, rigorosamente in bianco e nero, tratto distintivo della filmografia di Tarr, non lascia nessuna speranza. I pochi e scarni dialoghi lasciano spazio ad immagini di rara potenza visiva. Le inquadrature dei protagonisti, di spalle, soli davanti al mondo filtrato dal vetro della loro finestra, sembrano cercare nel vuoto un futuro che non esiste.  Quando il vento che trascina il mondo cessa di soffiare, una certezza si afferma nelle coscienze dei protagonisti come in quelle di chi li osserva attraverso uno schermo: che la fine è arrivata. Nonostante la fine si avvicini, bisogna continuare a vivere; continuare a trascinarsi nella rituale quotidianità. Vestirsi, svestirsi, mangiare, dormire e di nuovo mangiare, vestirsi etc. Cosa rimane dunque di questa vita piena di un’indescrivibile sofferenza? Niente. Provare a fuggire da un futuro già scritto è inutile, non si può far altro che aspettare la fine con una patata cruda in mano.

Mattia Gariglio

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