Pillole di recensioni #7: So dove sei (Kendal), Agnes (Stamm)
Creato il 25 ottobre 2014 da Mik_94
Titolo:
So dove sei
Autrice:
Claire Kendal
Editore:
Garzanti
Numero
di pagine: 325
Prezzo:
€ 16,40
Il
mio voto: ★★★
La
recensione: Dall'altra parte della strada, nascosto in un angolo,
negli incubi. Come riuscirsi a liberare di un pensiero fisso, di
un'ombra che non va via, di un amore possessivo che ignora il suono di un inequivocabile no? So
dove sei è un thriller che
tratta di stalking. Come la cronaca nera, come il nuovo serial di
Kevin Williamson, come quel grande libro che fu Nell'angolo
più buio. L'esordio
dell'inglese Claire Kendal parla di un qualcosa di così diffuso e
abusato da risultare, all'apparenza, poco originale. Ma il romanzo,
narrato sia in prima persona che in terza, sia diario che narrazione
ordinaria, è la storia personale di una vittima, e ogni vittima ha
una sua verità da comunicare, un messaggio da lanciare, giustizia da
reclamare. L'autrice lascia parlare la sua Clarissa a briglie
sciolte. Scortese togliere la parola a un personaggio di finzione che
potrebbe essere attorno a noi, in cerca di un aiuto. O di un volto
conosciuto, al prossimo incrocio, a consolidare le sue ansie
persistenti. Clarissa è finita a letto con Rafe, un collega, e si
sono fatte troppo piccole l'università, il quartiere, l'intera
città: l'uomo l'ha intrappolata con le sue manie in altre manie. Di
quella notte: solo i lividi e la confusione. Quello che è successo
ma non doveva la porterà a rifugiarsi in un tribunale, membro della
giuria nel processo di un crimine sessuale lungo e efferato, e a dare
un nome a prede sbandierate per beffa in ambienti in cui non esiste
sessualità senza dolore. L'autrice, maturissima, ripete il nome
della sua protagonista cento volte. Come quando dici e ridici una
cose, finché non ne perdi il senso profondo. Quelle reiterazioni,
assillanti, rendono l'ossessione. Quel nome inconsueto, Clarissa,
ricorda quello di colei che colloquiò con il male in Il
silenzio degli innocenti. La
caratterizzazione della protagonista, grazie a stralci di memorie
dirette, è esemplare: una giovane donna con passioni d'altri tempi –
il cucito, le favole, i principi azzurri – che non fa altro che
inciampare negli uomini sbagliati. Rafe, il viscido aguzzino, e
Robert, la nuova fiamma che le fiamme le spegne in un lavoro eroico e
pericolosissimo. Ma qualcosa, nella seconda parte, non va.
L'andamento discontinuo disperde l'attenzione, la parentesi
giudiziaria porta a un fattore ignoto e superfluo, l'epilogo –
soddisfacente, ma poco brillante – non regala sorprese. Restano una
prima parte apprezzabile, uno stile riconoscibile e curato, la voglia
di sviscerare l'argomento per guardare gli organi marci del mostro di
turno. E vedere se ha un cuore che batte. Elementi che fanno di So
dove sei un buon libro, ma un
thriller che – per le troppe parole – non ti bracca.
Titolo:
Agnes
Autrice:
Peter Stamm
Editore:
Beat
Numero
di pagine: 155
Prezzo:
€ 9,00
Il
mio voto: ★★★
La
recensione: I libri che non sai inquadrare. Quelli che hanno
qualcosa che non riesci a cogliere. Ingiudicabili, quasi. Introversi,
ermetici, completi in minima parte. Libri come questo Agnes.
Ben scritto, pieno di frasi da appuntare e rileggere, di una quiete
che rilassa e conquista pian piano. La cosa più bella del romanzo
dello svizzero Peter Stamm è un incipit che dice tutto e non dice
niente. Inchioda, con la curiosità che cresce. Agnes è morta.
L'ha uccisa un racconto. Ci sono
due Agnes, in centocinquanta pagine: quella che il protagonista
conosce in una giornata di pioggia in una biblioteca, a Chicago; e
l'altra, quella di cui il protagonista scrive, all'inizio per
scherzo, su insistenza di quella donna misteriosa e taciturna che gli
è entrata prima in casa, poi nel cuore. All'inizio, verità e
finzione coincidono. Il racconto del protagonista è un riassunto
delle loro giornate, una sua versione di fatti realmente accaduti.
Poi la Agnes del romanzo prende vita e, come gli scrittori sanno per
esperienza diretta, il personaggio conduce il suo creatore davanti a
svolte impreviste e dolorose, mentre la sua relazione con l'altra
Agnes – la prima, la vera – giunge ad un bivio. L'amore per una
donna, l'amore per la scrittura. Un racconto dedicato a una lei come
fosse un ritratto: pagine per controllare la persona, così come si
controlla la materia letteraria. Fino ad arrivare a rivolgersi
all'amata in terza persona, a confonderla con la Agnes tra le pagine:
quella che, insieme a lui, ha costruito una felicissima saga
familiare, mentre nella realtà, amara, restano solo loro. Soli. In
una città fredda e dispersiva. Primo romanzo che leggo dell'autore,
Agnes si è rivelata
una strana lettura, di cui ho idee confuse, ma non negative. Uno
stile algido e asciutto, una prosa che sembra incisa nel legno, una
storia d'amore, tra uno scrittore e una violoncellista che studia i
misteri della matematica, destinata a finire già a pagina uno, che
artiglia lo stomaco con un misto di inquietudine e sentimento. Si
legge in un pomeriggio, ma ha ali pesanti. Agrodolce, decisa, tesa
come una corda che aspetta la carezza dell'archetto. O il taglio
netto di un paio di forbici. “La
felicità la si dipinge con dei punti, l'infelicità con delle linee.
Se vuoi descrivere la nostra felicità, devi fare tanti piccoli
punti, come Seurat. E che si tratta di felicità, lo si vedrà solo a
distanza.”
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