Materia sempre molto dibattuta quella dei Pink Floyd. Il gruppo inglese ha costantemente diviso critica e pubblico (un po’ come i Radiohead dei giorni nostri) che, a seconda dei propri gusti, li ha fatti diventare una sorta di band-cipolla, a strati. In particolare, a parte l’esistenza in vita di quelle fazioni estremiste fatte di chi non li ha mai amati per niente, o di chi li adora invece, anche quando “suonano” la sigla di Dribbling, esiste una lunga casistica di fruitori che hanno apprezzato in tutto o in parte la loro carriera. Ad esempio ci sono quelli che dicono che i Pink Floyd sono nati e morti dopo il loro primo periodo di attività, con Syd Barrett nella line-up e sfociata nel primo album, The Piper At The Gates Of Dawn . Poi c’è chi li ama dal ‘dopo Barrett’, con Gilmour dentro, ma solo fino ad Atom Heart Mother e Middle ovvero prima delle produzioni milionarie di The Dark Side of the Moon e Wish You Were Here (la solita storia: se a conoscerli siamo in 100 son bravi, se diventiamo 1 milione sono commerciali=fanno musica di merda). C’è chi ha cominciato a conoscerli e ad apprezzare solo con l’erezione di The Wall e tutti a cantare “ehi teacher leave those kids alone!” e chi grazie all’assolo in Another Brick in the Wall ha cominciato a suonare la chitarra (ma fa solo quello da 30 anni: ne conosci qualcuno Giamp?). Ancora, quelli che sostengono che la bravura e il successo dei Pink Floyd risieda nel corpo e nella mente di Roger Waters ( si può negare ciò? ), e che contrasta fortemente il pensiero di chi attribuisce, invece, a David Gilmour e alla sua chitarra i meriti maggiori (ne ha di certo anch’egli) della carriera della band londinese.
Sono davvero tanti gli aspetti (soprattutto musicali) che andrebbero analizzati per arrivare a comprendere, almeno in linea di massima, il successo dei Pink Floyd. Sul sito di Scaruffi ad esempio (ma di storie sui Pink Floyd in rete se ne trovano a iosa), c’è l’occasione per poter approfondire l’aspetto tecnico-artistico [che così li introduce “I Pink Floyd furono l'epitome del rock psichedelico che emerse nel 1967 in Gran Bretagna dalle ceneri dell'acid-rock di San Francisco. L'opera dei Pink Floyd fu fondamentale per conferire al genere una struttura unitaria. I loro primi album, infatti, fusero i tre filoni Americani della psichedelia: quello melodico (la canzone "eccentrica" alla White Rabbit dei Jefferson Airplane), quello improvvisato (la jam alla Velvet Underground) e quello astratto (il "freak-out" alla Red Crayola). In tal modo i Pink Floyd del 1967-69 coniarono il canone del rock psichedelico a cui si sarebbero ispirati le successive generazioni. Nel bene e nel male i Pink Floyd capirono anche i limiti e le implicazioni del genere e continuarono a re-inventarsi, trasformando poco a poco il rock psichedelico (nato per gli hippies banditi dall'Establishment) in un genere per meditazione e relax (a beneficio degli yuppies perfettamente integrati nell'Establishment). Nel proseguo della loro carriera i Pink Floyd non esitarono a cambiare il sound psichedelico da sound aspro e cacofonico a sound levigato e vellutato. In tal modo i Pink Floyd elevarono il sound psichedelico a koine` universale, a prescindere dalle istanze e velleità di questo o quel pubblico, un po' come negli stessi anni il jazz-rock stava "vendendo" l'angoscia del popolo Afro-americano al pubblico dei qualunquisti bianchi”. ]
Ma, come sempre, quando si parla di musica … alla fin fine… fortunatamente e innegabilmente, conta solo quella. Il concerto è del ’76. La qualità dell’audio è davvero eccellente. Non resta che cliccare su play. Buon fine settimana. Alla prossima.
[tracklist]
01 - Raving And Drooling - 02 You Gotta Be Crazy - 03 Shine On You Crazy Diamond (parts 1-5) - 04 Have A Cigar - 05 Shine On You Crazy Diamond (parts 6-9) - 06 Speak To Me - 07 Breathe - 08 On The Run - 09 Time - 10 The Great Gig In The Sky - 11 Money - 12 Us And Them 13 Any Colour You Like - 14 Brain Damage - 15 Eclipse - 16 Tuning - 17 - Echoes