Sin dall'inizio, Pinocchio è un "oggetto" in fuga. Nella prima pagina della storia, quando è ancora un semplice pezzo di legno già fa fuggire la sua misteriosa vocina, simile a uno spirito sottile. Una volta finito, appena le gambe sgranchite, Pinocchio comincerà a correre per la stanza e infilata la porta di casa salterà nella strada e si metterà a scappare. Il motivo della fuga è un leitmotiv. Pinocchio fugge dai gendarmi, dagli assassini (il Gatto e la Volpe incappucciati), da un grosso cane mastino, da mille sventure (Chi cerca l'Avventura deve fare i conti con il suo Rovescio). Una corsa disperata che conosce momenti terribili, al punto che più volte Pinocchio si sentirà perduto. Anche il rapporto con la Fata dai capelli turchini è un'attrazione-fuga, un giocare crudele ad apparire e scomparire, da parte di entrambi. Eppure, questa corsa che allontana dalla noia della scuola, dalle fatiche del lavoro, dall'ingiustizia della Legge, dalle prediche della Famiglia e porta sulla via delle tentazioni di ciò che appare "meraviglioso", permette quell'itinerario di conoscenza , oggetto di una continua ricerca. L'ultimo capitolo, quello nel quale finalmente Pinocchio cessa di essere un burattino e diventa un ragazzo perbene, è stato pensato sovente, come un tradimento finale. La vittoria del principio della Realtà sul principio della Fantasia. E infatti, la scomparsa della Fata sembra definitiva; apparirà un'ultima volta, ma in sogno. E' proprio così? Nella precedente metamorfosi, Pinocchio si trasforma in qualcosa di diverso senza lasciare simulacro, l'anima di oggetto-burattino resta invisibile. Non è così nell'ultima trasformazione dove al bambino sopravvive come indizio, il vecchio burattino nella stanza di Geppetto. Quella stanza che ha assistito alla nascita di Pinocchio. Siamo sicuri che il ragazzo contento che osserva il "buffo" burattino sia veramente Pinocchio? Non è invece "nascosto" ancora in quel "grosso burattino appoggiato a una seggiola, col capo girato su una parte, con le braccia ciondoloni e con le gambe incrocicchiate e ripiegate a mezzo da parere un miracolo se stava ritto"? Antonio Miredi
1. PIERO ALLIGO "In fuga dagli assassini" - n.2. BOSTIK "Playmen" - n.3. PIERANGELO DEVECCHI " Pinocottero a pala espansoretrattile, se funziona è una bugia" - n. 4. SANDRO CASTAGNONE "Bat-Pinocchio" - (in senso orario, 1 in alto a sinistra)
(in senso orario alto a sinistra)
Il "miracolo" di un ritorno alla vita di Pinocchio, alla sua eterna fuga attraverso l'oggetto-libro, si ripete nell'oggetto-figura. La storia di Pinocchio è, infatti, un'avventura parallela: quella delle parole e quella delle immagini. Il primo illustratore, l'artista che già nella prima edizione del libro ha saputo disegnare la figura esemplare del burattino, è stato Enrico Mazzanti. Si deve al suo ingegno fantastico il Pinocchio con le mani sui fianchi, lo sguardo che mira lontano. E' con il torinese Attilio Mussino che inizia uno sconfinamento della dimensione favolistica. Si passa al "colore" e l'oggetto deborda dai territori letterari delle semplici illustrazioni, della satira, delle incisioni, per passare a quello del mondo dello spettacolo, degli affiches, delle macchiette, del palcoscenico. C'è dunque una trama sottile, un "filo", a muovere il più celebre burattino e Torino, città dalla doppia identità.Il primo cofanetto con 12 illustratori per Pinocchio, presentato da Sergio Martinatto, è nato come una specie di "esorcismo" e il segno dominante è risultato quello macabro espresso magistralmente da Alessandri: dietro il Pinocchio sorridente e col naso lungo, si cela un teschio. La storia di Pinocchio, in effetti, in origine si chiudeva con il quindicesimo capitolo, quando inseguito dagli assassini e raggiunto, Pinocchio veniva impiccato ad un ramo della Quercia grande. La morte è solo apparente (possiamo supporre che anche il teschio di Alessandri sia un'altra "maschera" che cela un'immagine più segreta). La storia del burattino ha modo così di continuare, grazie anche alla Fata impietosita alla vista dell'infelice.Altri 12 illustratori presentano questo nuovo cofanetto per Pinocchio. Il tema, non è più quello macabro. Passata la paura, le avventure di Pinocchio si fanno più audaci, più gioiose, più impertinenti. La fuga di Piero Alligo è come un gioco enigmistico, Bostik sostituisce l'abbecedario con l'erotico Playmen. Pierangelo Devecchi inventa un Pinocottero a pala espansoretrattile (se funzione è una bugia). Sandro Castagnone intravede dietro al burattino, il fantasma di Batman, mentre Vannetta Cavallotti, concettuale e mistica, il fantasma di un manichino trafitto da lunghissimo naso. Gambino, irriverente nel trattare i miti, illustra un Pinocchio militante del "me ne frego" e Titti Garelli ci ricorda che la Fata dai capelli turchini è anche una bella Bambina pronta a trovare "consolazione" dal suo burattino di legno. Gli incubi "volano" con Davide Greco e Liliana Lanzardo: si ha paura sempre di ciò che si desidera. Musio, fedele a una rappresentazione letteraria, ci fa rivedere quella "complicità" finale della recita tra il ragazzo e il burattino, con Geppetto testimone. E' comunque sempre una favola , come ci fa capire, infine, Rossano Stefanin, ma Pinocchio da semplice pezzo di legna da catasta (seppure meraviglioso) è diventato il Simbolo universale della Favola. Tanto da convincere Franco Bruna a pensare un improbabile nonno Pinocchio, intento a raccontare la sua storia ai piccoli Pinocchi della famiglia di Pinocchio, confermando l'inizio con il classico "C'era una volta un Re!".
Antonio Miredi
(da PINOCCHIO: 12 illustratori (seconda raccoltaEdizioni Antonio Attini- 1996 Tiratura 1200 copie numerate)