È il mio giorno libero e piove. Quella bella pioggia grossa e pesante di primavera che dura per un po’ per poi lasciare il posto al sole per 5 minuti e che poi ricomincia daccapo. La pioggia non mi piace, ma una volta tanto non mi dispiace che piova. Avevo un sacco di progetti per oggi da quelli più terra terra come le pulizie, la spesa, il bucato a quelli in cui indulgo con maggiore piacere, come il vedere quella mostra su Handel al Foundling Museum prima che finisca, o quella su Piranesi al John Soane Museum che non interessa granché alla mia dolce metà.
Ma oggi ero stanca e non ho fatto nulla di quello che mi ero prefisso. Sono stata pigra. Avevo voglia di prenderla con calma, cosa che non faccio molto spesso, anzi quasi mai. Ho sempre un milione di cose in ballo. E se non le ho me le trovo, come se il fatto di prenderla con calma sia un peccato capitale da evitare a tutti i costi. La pioggia mi ha dato una scusa per non uscire. Esco sempre, se posso. Mi sembra un delitto non farlo, mi sembra di sprecare opportunità preziose che la vita mi mette sulla mia strada: fare cose vedere gente... Soprattutto fare cose, ne faccio sempre un sacco, non tutte strettamente necessarie e la mia dolce meta' ne sa qualcosa, essendo spesso reclutato dalla sottoscritta. Non sono invece molto brava a vedere gente. Sarà che ne vedo così tanta durante il giorno che fatico a socializzare nei miei giorni liberi. Il che è sbagliato. Che parlare con il pubblico, i nostri cari visitors non è a stessa cosa che vedere gli amici o andare al pub con i colleghi. Parlare di se' stessi invece che degli oggetti, da dove vengo (Are you Spanish? No Italian) o di dove sono i bagni e il ristorante. Sto perdendo un po’ la capacità di socializzare con le persone al di fuori del museo. Non è sano.
Stammattina sono rimasta a letto a leggere. Sto leggendo un libro bellissimo Gone Girl (L’amore bugiardo) della scrittrice americana Gillian Flynn (mai sentita prima? neppure io) anche se forse "bellissimo" non è l’aggettivo giusto dato il soggetto della trama – un matrimonio che va in pezzi. È la storia di Amy e Nick o meglio, un’agghiacciante incursione nel lato oscuro delloro matrimonio (ma potrebbe essere un qualsiasi matrimonio). “Un thriller costruito su una serie di rovesciamenti e colpi di scena che costringerà il lettore a chiedersi se davvero sia possibile conoscere la persona che gli dorme accanto.” (grazie ibs.it)
Ho poi mangiato con calma, guardando sul computer il dvd del Marigold Hotel che un collega mi aveva dato prima di Natale. È la storia di di un gruppo di anziani che decidono di trascorrere gli anni della pensione in India - misteriosa, esotica e soprattutto più economica visto che nessuno di loro per un motivo o per l'altro puo' permettersi di andare in pensione in Inghilterra. Attratti dalla pubblicità dell’Hotel Marigold e dall'idea di divertirsi finalmente nel tempo libero arrivano a destinazione solo per scoprire che il palazzo dei loro sogni (opportunamente ritoccato con Photoshop sul dépliant dal giovane e intraprendente manager Dev Patel, quello di Slumdog Millionaire) non è altro che l’ombra di sé stesso e dei fasti del passato. Anche se il nuovo ambiente è decisamente meno lussuoso di quanto immaginato, la loro vita cambierà per sempre, trasformata dalle esperienze che si troveranno a condividere. È un film dolce-amaro, la tipica British comedy con un cast di colossi. Soprattutto è un film pieno di speranza nel presente e nel futuro e nella capacità dell’essere umano di adattarsi ai cambiamenti di stato, di clima, di cultura e di uscire intatto dall’altra parte e nella capacità di amare qualcuno ed essere amati (cosa che molta gente, soprattutto se donne, tende a perdere dopo gli -anta:quaranta, cinquanta, sessanta, settanta etc etc etc ). Mi ha fatto sentire meglio.
Meglio così, che domani si ritorna al lavoro.