Pippo Baudo: "La tecnologia uccide la tv e la Rai per fare ascolti trasforma in cantante anche Emanuele Filiberto"

Creato il 10 agosto 2013 da Nicoladki @NicolaRaiano
“In Italia ci vorrebbe un giurì che dia una patente nazionale a certe tv commerciali quando vanno oltre i limiti del buongusto”. A invocare l'introduzione di un organismo che intervenga sulla qualità della programmazione televisiva è uno dei padri del piccolo schermo. Pippo Baudo, ospite del Ravello Festival per l'inaugurazione della mostra su Cesare Andrea Bixio, tasta il polso della tv italiana, servizio pubblico compreso, delineando così difetti e degenerazione dei media. Ma il Baudo pensiero non può non toccare il panorama musicale attuale e la crisi della musica leggera che secondo il conduttore tv è dovuta al fatto che “non si scrivono più belle canzoni”.
Baudo tasta il polso al piccolo schermo, partendo proprio dalle sue trasformazioni. “La tecnologia è stata negativa per la televisione, avendo aumentato le fonti di diffusione ha moltiplicato i canali a non finire e allora la qualità che questi canali offrono è molto scadente – sottolinea Baudo - È una poltiglia che semplifica tutto e soprattutto abbassa la qualità e crea anche delle grandi illusioni ai giovani. Quindi questo è un fattore negativo sul quale l’intervento moralizzatore è praticamente impossibile”.
Per il mattatore, che non indica eredi naturali nel panorama televisivo attuale (“erede significa un imitatore, uno che fa quello che fai tu, uno che ha il tuo stile; il presentatore è un mestiere molto diverso rispetto all’attore”) la situazione attuale porta verso una strada senza ritorno. “Nei Paesi di cultura diversa come la Francia questo non è accaduto – prosegue Baudo -. Ci sono pochi canali e quelli sono la guida del paese. Lo stesso per l’Inghilterra mentre in Spagna la situazione è come la nostra. Siamo un po’ parenti. In Italia si è esagerato moltissimo. Se potessimo avere l’elenco di tutte le televisioni grandi e piccole del nostro paese si impazzirebbe. Il mio pensiero non è difensivistico. Non faccio questo discorso perché voglio essere l’unico, ma perché la qualità diventa sempre più scadente”.
L'uomo de “l'ho inventato io”, che ha accompagnato la metamorfosi della tv dal bianco e nero alla pay per view conducendo decine di programmi di successo oltre ai 13 Festival di Sanremo, giudica anche "mamma Rai", che dovrebbe assolvere a certi obblighi istituzionali e culturali. “A cominciare dal miglioramento del tasso culturale del paese – avverte Baudo - Questo purtroppo non avviene perché pur di avere ascolto si casca e si fa diventare cantante il principe Emanuele Filiberto. Quando arriviamo a quello, abbiamo toccato il fondo”.
Poi a proposito dei palinsesti, di fasce di programmazione e informazione aggiunge: “Il fatto che per poter ascoltare la musica classica si debba aspettare mezzanotte è davvero un grave difetto, perché a quell’ora la si trasmette per nessuno. La verità è che esiste un degrado culturale generalizzato. Si parla di Pompei giustamente quando cade un pezzo di Pompei non se ne parla quando tutto va bene. Pompei dovrebbe essere un museo a cielo aperto che accoglie i turisti in un certo modo, trattati in un certo modo e non spogliati in un certo modo. Insomma, bisogna vantarsi di quello che si ha e sono cose che abbiamo solo noi. Non c’è un’altra Pompei in America o in Alaska oppure in Francia, sono beni che il Padreterno ha dato solo a noi e noi non li meritiamo”.
Baudo, che è salito ieri sera sul palcoscenico di Villa Rufolo a Ravello per condurre lo spettacolo "Musica e Parole nel Novecento Italiano", parla poi di Bixio a cui è dedicata la mostra, definendolo “il maestro”. “L’ho conosciuto e mi ha subito impressionato – ha aggiunto - Le sue musiche sono eterne perché sono molto semplici. Quando l’Italia si è unita si trattò di trovare un linguaggio comune, cioè di rendere le canzoni volgari, nel senso più bello della parola, chiare a tutti. L’uso delle parole non era mancanza di acculturamento ma era una volontà precisa di fare la canzone popolare, quindi è stato uno di quelli che ha fatto la canzone popolare”.
Un focus inevitabile su Sanremo e due stoccate, ai tagli delle rassegne culturali e alla cartolina di Napoli coi suoi cumuli di immondizia, caratterizzano infine il Baudo pensiero. “Nel panorama delle rassegne purtroppo qualche taglio va fatto anche se questi sono dolorosi. Ma per la Campania la cosa più importante è la mondezza in questo momento, cioè il fatto che la gente viene a Napoli e trova la città sporca, cioè trovare le nostre città che sono monumenti d’arte a cielo aperto sporche, piene di immondizia alta tre metri, quella è la vergogna di un paese. Poi se Gigi D’Alessio non canta una canzone non è che me ne frega niente” tuona Baudo che poi su Sanremo chiosa così: “Io non lo farei sinceramente. Mi è capitato di inventare molti cantanti, da Bocelli a Giorgia e ad Irene Grandi, ma il problema di Sanremo è un problema di canzoni”.
Secondo Baudo, in questo “c’è una crisi della musica leggera”. “I cantanti non scrivono più belle canzoni - conclude -. Seguo un po’ la produzione musicale e ascolto molte canzoni e purtroppo non c’è niente. Quest’anno ad esempio il Festival è stato fatto benissimo, con la coppia Fazio–Littizzetto. Sono stato una sera ospite e mi sono molto divertito. Purtroppo però non c’erano le canzoni. Il problema delle canzoni è difficilissimo: bisogna avere la fortuna anche di trovare l’interprete. Due anni fa i Modà sono stati una cosa importante e lo stesso dicasi per Emma Marrone, cantante di temperamento, ma devono trovare le canzoni per lei. Devono farle un repertorio perché sennò… Il problema della musica leggera è grave e rispecchia quelli del paese”.

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