I più vecchi frequentatori della Quarconia, comecché tarda fosse l’ora al termine della Rappresentazione, non sarebbero andati a casa per tutto l’oro del mondo, sapendo qual altro genere di divertimenti gli aspettava.
E qui è bene il dire che le scene descritte, e quelle da descriversi accadevano specialmente nelle tre belle stagioni dell’anno, bellissime in Firenze.
Certamente l’inverno non è d’ostacolo ai notturni piaceri; ma pel solito, li tiene rinchiusi fra quattro mura, e mentre da un lato esso accresce l’intimità dei consorzi, per lo più non ci concede l’aere mite e il cielo sereno, da dove la luna sputa le perle sugl’occhi degli amanti infelici.
Per trovar luogo che ci capisse, noi ci divìdevamo in due masnade: l’una entrava dal Pintuccio dietro Palazzo Vecchio e l’altra dall’Oste Barbaro presso la Piazza dei Tavolini.
Il Pintuccio era, ed è tuttavia, un famoso pizzicagnolo dal vin buono ; l’Oste Barbaro condiva egregiamente la trippa, e mutava la tovaglia tre volte l’anno, tenendola ferma alla tavola con quattro bullette, conficcate alle quattro cocche. Era una carta sinottica di quattro in quattro mesi, dimostrante tutto quel che aveano mangiato e bevuto gii avventori.
Dall’oste andavano i ricchi e i ghiotti, sebbene la differenza della spesa non fosse molta.
Eppure, come spender meno di ciò che si spendeva a que’ tempi dal pizzicagnolo?
Quattro quattrini di salame, un soldo di pane, e un soldo di vino : in tutto, due crazie dell’antica moneta. Che cena lesta, saporita, ed economica !
Questa cosa farebbe ridere a Milano e a Torino, la cui gente inghiotte pezzi di carne che paiono aborti di mastodonte, forse per dilatarsi l’esofago, e cantar di basso : ma noi qui siamo quasi tutti tenori ; il poco ci basta, e l’antica parsimonia ci assolve.
( Pirro Giacchi, “Reminiscenze notturne fiorentine” tratto da “Il Guazzabuglio ossia varietà di poesie e saggio di prose” , Firenze, 1875 )