Pirro Giacchi, Firenze – Rappresentazione del Teatro della Quarconia: Pantomima

Da Paolorossi

Firenze – Esterno degli Uffizzi – Immagine tratta da Guida di Firenze di A.Bettini – 1864.

Venne finalmente il pantomima danzato. Codesto ballo s’ intitolava « La Fucina di Vulcano » e l’intreccio aveva questo di buono, che non s’intendeva nulla.
Vulcano era un’ossesso che gesticolava senza posa, cacciando spesso le sue mani nella sua testa arruffata, e non rifinendo mai dal litigare ; ma ben si capivano le ragioni della sua stizza.
Tuttavia quel che riusciva incompatibile, fu che quasi per virtù magnetica l’ira del fabbro si trasfuse negl’altri, tantoché Venere, Marte, Mercurio, e gli stessi Ciclopi, si diedero a poco a poco a fare una ridda diabolica ; e tutto in breve spazio apparve un Pandemonio. Per la medesima cagione l’uditorio riscaldandosi, cominciò a battere le panche e ad urlare, mentre l’orchestra sonava a stormo con timpani trombe e tromboni, che era uno spavento. A paragone di tal fracasso le famose giornate di Luglio a Parigi potean passare per la processione di Gesù morto a Prato.

Calmato alquanto 1′ universal furore, si alzò un deputato dell’ estrema sinistra per una questione d’ urgenza. Egli notò che i ciclopi avevano due occhi; lo che era un oltraggio alla mitologia, che ce li ha dati con un occhio solo.

Formulava per conseguenza un decreto , mediante il quale dovevasi cacciar subito un occhio dalla fronte di Sterope e compagni. I tre Ciclopi impallidirono, e si ritrassero bel bello dentro le quinte. Intanto un altro deputato del centro si oppose , asserendo che dopo il fatto di Ulisse con Polifemo, Giove aveva regalato un’ altra pupilla a quei Giganti, cotalchè non v’era diritto all’invocata estrazione. E poi (continuava egli) se un Cilcope prendesse moglie, come potrebbe, giusta il costume moderno, chiudere un occhio avendone un solo?

L’argomento garbò e la camera passò all’ordine del giorno puro e semplice.

Non fu cosi d’ un altra proposta, accolta invece con acclamazione. Qualcuno denunziò alla decenza del Parlamento una frittella d’olio situata in una coscia di Venere; ed argomentando da ciò che Vulcano dovesse essere un marito spilorcio, concluse pel divorzio, e per le seconde nozze con Marte. Come ho detto, la proposta passò a pieni voti e per di più lo zoppo Dio, durante l’imeneo, dovette reggere un lume dell’orchestra fattogli offrire dal primo Clarinetto. Cosi il ballo terminò come le commedie del Goldoni, e si calò per sempre il sipario.

Non ostante sì lungo e sì variante divertimento, gl’incontentabili Quarconiani avrebbero voluto altri spettacoli, e concepito altre esigenze; ma l’impresario non sempre era debole, e remissivo. L’ ora era tarda, e il suo dovere compito; onde, per iscongiurare un nuovo chiasso, s’ appigliò al consueto colpo di stato: fece spengere ì lumi e diede la buona notte.

( Pirro Giacchi, “Reminiscenze notturne fiorentine” tratto da “Il Guazzabuglio ossia varietà di poesie e saggio di prose” , Firenze, 1875 )


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