Pitch perfect: la puntata di glee perfetta

Creato il 06 febbraio 2013 da Cannibal Kid
Condividi Pitch Perfect (USA 2012) Regia: Jason Moore Sceneggiatura: Kay Cannon Tratto dal romanzo: Pitch Perfect di Mickey Rapkin Cast: Anna Kendrick, Skylar Astin, Anna Camp, Brittany Snow, Rebel Wilson, Ben Platt, Alexis Knapp, Hana Mae Lee, Ester Dean, Adam DeVine, Utkarsh Ambudkar, John Michael Higgins, Elizabeth Banks, Har Mar Superstar, Donald Faison, Christopher Mintz-Plasse Genere: a cappella Se ti piace guarda anche: Glee, Smash, Breakfast Club Uscita italiana: non ancora prevista

I film musicali giovanili si rivelano spesso il migliore specchio dei tempi, delle nuove mode e delle nuove tendenze. Ma che frase d’apertura da vecchio ho usato? Hey, Santo Peter Pan, starò mica invecchiando pure io? In ogni caso, in genere queste pellicole sanno fare bene il punto della situazione, a livello cinematografico, musicale e pure sociale. La febbre del sabato sera ci ha raccontato tutto (o quasi) sulla tamarraggine disco di fine '70. Film come Flashdance e Footloose fotografavano bene il kitsch degli anni ’80, sia inteso ciò sia in senso positivo che negativo, così come un Save the Last Dance era un film che rendeva alla perfezione l’era di Eminem, in cui l’hip-hop entrava definitivamente in ambito mainstream, a livello musicale quanto come stile di vita. Pitch Perfect fa la stessa cosa. Rende al meglio (o al peggio?) la musica e la vita dei ggiovani della Glee generation. Non che poi ciò debba coincidere con la realtà vera vera, soprattutto quella italiana, però così almeno è come se la immaginano la gioventù di oggi Mtv o gli autori degli spot tv, quelli che vedono i ggiovani non come delle individualità, ma come un target pubblicitario a cui puntare.

Immagine NON tratta da un episodio di Glee.

Con una premessa di questo tipo, a questo punto potrete immaginarvi partire una dura critica da parte mia al Sistema e a un film come questo, e invece no. I limiti di Pitch Perfect sono quelli di un’eccessiva semplificazione, di una notevole lontananza dalla realtà e dal realismo e quello di presentare personaggi giocati più che altro sugli stereotipi. Però questa è pur sempre una commedia, e la commedia per far ridere sugli stereotipi ci campa. Ci sguazza. E comunque se non altro va dato atto agli autori di aver adottato oltre ai soliti stereotipi (la ragazza ribelle protagonista VS. la solita bionda depersonalizzata), anche dei nuovi stereotipi. Stereotipi da Glee generation, appunto, come il tipo di colore dalla sessualità confusa o la ragazza grassa consapevole di essere grassa e non complessata per questo, giacché è lei stessa la prima che si fa chiamare Fat Amy. La morale della fiaba qui raccontata è quindi la stessa dei suoi “colleghi” precedenti, come Footloose o Save the Last Dance, ovvero che la musica è più forte di tutti i pregiudizi. I valori su cui punta poi naturalmente sono quelli di amicizia e amore. Tutto prevedibile, tutto nella norma. Però adesso basta con le critiche. E che roba che sono diventato. Sempre a criticare tutto.

"Nooo, un burrito sprecato! Dio, come puoi permettere una simile atrocità?"

Vediamo allora anche le cose positive: Pitch Perfect è una commedia che funziona. Intrattiene e lo fa bene, dall’inizio alla fine. Diverte, strappa qualche sorriso, ci regala una storia che, per quanto banale e per quanto il finale sia già scolpito fin dall’inizio nelle nostre teste, è carina. Con tutte le cosine al posto giusto. Poco importa che la storia sembri rubata da Glee. La vicenda è infatti quella di una ragazza appassionata di musica che, per fare contento il padre e non essere troppo asociale, si iscrive a una confraternita/gruppo vocale al femminile. Una specie di Glee club. Pitch Perfect è derivativo, ok, però ricorda il Glee brillante frizzante e scintillante degli esordi, piuttosto che quello spento degli ultimi tempi. Merito anche della presenza di alcuni personaggi davvero spassosi: su tutti la citata Fat Amy, interpretata dalla nuova fenomena della comedy Rebel Wilson, già vista anche in Le amiche della sposa, The Wedding Party e Che cosa aspettarsi quando si aspetta. È con lei che il film vive i suoi momenti più divertenti e diciamo che - eccolo il mio maledetto spirito critico che ritorna a fare capolino - al suo personaggio poteva essere regalato maggiore spazio. Fantastica poi la tipa orientale (Hana Mae Lee) che parla con un livello vocale impercettibile

e simpatico il piccolo ruolo di Christopher Mintz-Plasse, meglio noto come McLovin di Suxbad. Bene anche Anna Camp (vista in The Mindy Project e True Blood) nei panni di bionda tiranna bitch perfect e ancor meglio Anna Kendrick nei panni della protagonista rebel rebel ma non troppo. Non fatemi fare il bimbominkia, però lo devo dire: Anna Kendrick è FAN-TA-STI-CAzzi! OMG. Oh My God, è troppo la meglio. La candidata agli Oscar che si masturba al cinema guardando Ryan Gosling qui si improvvisa pure rapper in versione Anna Kendrick Lamar sulle note di “No Diggity” dei Blackstreet con Dr. Dre. Cosa pretendere di più?

"Pure tu odi il blog WhiteRussian? Sei davvero la ragazza perfetta!"

Meno bene invece la parte maschile del cast, con tale Skylar Astin che non regge al fianco di una Anna Kendrick. Non regge. Mentre il cattivone sbruffone di turno Adam DeVine con quella faccia da pirla che c’ha un paio di sorrisi ce li regala, però il suo personaggio poteva essere ancora più maligno e perfido.
Un punto di forza del film è invece quello di avere un linguaggio suo e di coniare nuovi termini, come in passato era riuscito ad altri cult giovanili tipo Mean Girls, che può vantare la nascita di termini come frico, stronzilla e strilonza, mentre qui il nuovo termine da inserire nel dizionario è stepmonster, stregamatrigna, oltre ad altri vari giochi di parole, soprattutto con il termine “a cappella”. Perché sì, questo è un film sul canto a cappella. Sì, ho detto cappella e non ci faccio battutacce sceme sopra. Sto maturando. Sono quasi una persona adulta. Sono troppo vecchio per esaltarmi con un film ggiovane del ggenere? Forse non del tutto.
Da un punto di vista musicale, Pitch Perfect è una pellicola molto vicina anche in questo caso a Glee, con la combinazione tra hit pop recenti (certo che a David Guetta hanno fatto proprio un bel marchettone) e pezzi dal passato, soprattutto dagli anni ’80. Se in Glee erano fissati con “Don’t Stop Believin’” dei Journey, qui il pezzo cult è “Don’t You (Forget About Me)” dei Simple Minds. Il pezzo che chiude il cult movie 80s Breakfast Club di John Hughes, omaggiato esplicitamente. Il film dà quindi una rappresentazione ottimale della musica di oggi, delle playlist dell’iPod in cui tutti i generi e tutte le epoche si mixano tra loro in maniera del tutto random. Una scena esemplare per fornire le coordinate musicali della pellicola è quella in cui le protagoniste si mettono a cantare tutte insieme sul pullman. Un omaggio a Almost Famous, forse? In ogni caso, laddove là il pezzo che riusciva a riunire il gruppo era “Tiny Dancer” di Elton John, qui la canzone inno da cantare in coro è “Party in the U.S.A.” di Miley Cyrus. Sign o’ the times. The times they are a-changin’.

"Solo 7-? GRRR, ora odio Pensieri Cannibali persino più di WhiteRussian!"

Pitch Perfect nella sua imperfezione è proprio così. Un film piacevole come un disco pop fresco di uscita e pronto a balzare in cima alle charts mondiali. Niente a vedere con quel mattonazzo di Les Misérables, un musical vecchio stile vero e proprio, laddove questo è più una pellicola musicale in cui le canzoni sono usate come canzoni e non per esternare i sentimenti dei personaggi o per sostituire i dialoghi. Negli USA Pitch Perfect è diventato addirittura un piccolo grande cult e questo mi sembra un filo eccessivo. Noi siamo infinito (The Perks of Being a Wallflower), quello sì che è un nuovo cult adolescenziale. Questo no. Ma magari è colpa mia. Qualche anno fa avrei eletto a cult assoluto pure un film come Pitch Perfect. Adesso invece no. Sarà mica che anche io sto invecchiando? (voto 7-/10)


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