Ho ventidue anni. Diciassette di questi li ho passati con Berlusconi in politica, alla televisione, sui libri di scuola. C’è un socialino che si chiama Friendfeed (per gli amici, frenfi) sul quale Laura Carcano ha scritto cosa ha fatto lei dal 1994 al 2011. Poi, ha chiesto alla gente cos’avessero fatto loro. Le hanno risposto in trecento. E iniziano a farlo anche su Twitter, seguite l’hashtag #1994to2011.
Io lo scrivo qua, giacché una vita mica la puoi sintetizzare su un social network. Sarò lunga, lunghissima, quindi prendete la tisana e mettetevela accanto al pc, ché così si fredda mentre leggete.
Nel 1994 avevo cinque anni, avevo imparato a parlare da quattro anni e mezzo e sapevo già leggere e scrivere. In quell’anno ho cominciato le elementari e ho iniziato a essere quella che sono ancora adesso: una tremenda rompiscatole. Il pomeriggio tornavo a scuola perché ci trovavo un sacco di libri e una maestra che mi spiegava come si leggevano, ed era molto bello. Quella maestra insegna ancora, solo che non spiega più a nessuno come si amano i libri, perché quello è lavoro straordinario e non ci sono i soldi per retribuirlo.
Poi ho letto per la prima volta i Promessi sposi, perché un anno un’altra delle mie maestre si mise in testa che al posto della recita di fine anno dovevamo fare un musical sul romanzo di Manzoni. Io interpretavo Lucia, ero stonata come una campana e cantavo «Che sarà della mia vita, chi lo sa? Forse tutto, o forse niente, poi un Bravo mi rapirà». Giuro che so ancora a memoria tutte le canzoni. I miei hanno la videocassetta di quello spettacolino là e io prego iddio che a nessuno venga mai voglia di rivederlo.
Quando mi sono iscritta alle medie, ho cominciato a studiare francese. Mi ricordo soltanto che era una lingua bellissima, e che avevo imparato che le «erre» le pronunci bene solo quando sputacchi. Ho conosciuto la prima persona che s’è messa a insegnarmi un po’ di vita, invece che soltanto un po’ di letteratura. Ricordo che un giorno fece fare alla mia classe un compito, io non avevo studiato e lo consegnai quasi in bianco. La lezione successiva lei ci riconsegnò i nostri elaborati e ci disse: «Adesso correggeteveli da soli. Imparate a valutare il vostro lavoro e a capire com’è che potete migliorare».
[Continua a leggere il resto del post sul blog di Vanity Fair. Ah, sì, ogni tanto mi trovate pure lì.]