Ci sono miriadi di test che collegano ogni pizza ad una diversa personalità.
Se ordini una diavola ti svelano che hai un carattere ben diverso da chi prende quella con le melanzane, se la mangi iniziando dal bordo è perché la tua forma mentis è all’opposto da chi comincia a mangiare dal centro.
Ti descrivono come se ti conoscessero da una vita. Mah?!?
Io sinceramente penso che le motivazioni (sempre e non solo in pizzeria) siano molto più personali che generalizzabili in maxi categorie, perché chi sceglie la margherita non deve essere un minimalista & purista a tutti i costi, magari è perché va pazzo per la mozzarella di bufala e, fosse disponibile il cheese cake con la mozzarella di bufala come ingrediente base, ordinerebbe pure quello (oppure il gelato; esiste il gelato alla mozzarella di bufala? Sarebbe costoso ma chissà che buono…), oppure perché è perennemente a dieta e la margherita è fra le pizze meno caloriche. Così non è detto che la quattro stagioni sia la pizza degli indecisi (quattro gusti ok, ma sempre quelli, quindi dove sta l’indecisione nella scelta?) o che quella con i wurstel e le patatine fritte sia per gli eterni Peter Pan. Io le adoro le patatine fritte, non le voglio sulla pizza perché non sono più così fritte e croccanti come appena uscite dall’olio bollente, tutto qua.
Due individui distinti non possono godere dello stesso oggetto contemporaneamente e ricavarne le medesime sensazioni.
Tagliando corto, penso che ognuno opti per una pizza invece che per un’altra, per motivi che conosce solo lui e, se la si mangia tagliandola a fette piuttosto che partendo dal contorno, è meglio chiederne il perché ai diretti interessati.
Qui racconto i miei e vi taggo perché raccontiate i vostri.
“Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati madeleine, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto della madeleine. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicessitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta ? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della madeleine. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veniva ? Che senso aveva ? Dove fermarla ? Bevo una seconda sorsata, non ci trovo più nulla della prima, una terza che mi porta ancor meno della seconda. E tempo di smettere, la virtù della bevanda sembra diminuire. E’ chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. E’ stata lei a risvegliarla, ma non la conosce, e non può far altro che ripetere indefinitivamente, con la forza sempre crescente, quella medesima testimonianza che non so interpretare e che vorrei almeno essere in grado di richiederle e ritrovare intatta, a mia disposizione (e proprio ora), per uno schiarimento decisivo. Depongo la tazza e mi volgo al mio spirito. Tocca a lui trovare la verità… retrocedo mentalmente all’istante in cui ho preso la prima cucchiaiata di tè. Ritrovo il medesimo stato, senza alcuna nuova chiarezza. Chiedo al mio spirito uno sforzo di più… ma mi accorgo della fatica del mio spirito che non riesce; allora lo obbligo a prendersi quella distrazione che gli rifiutavo, a pensare ad altro, a rimettersi in forze prima di un supremo tentativo. Poi, per la seconda volta, fatto il vuoto davanti a lui, gli rimetto innanzi il sapore ancora recente di quella prima sorsata e sento in me il trasalimento di qualcosa che si sposta, che vorrebbe salire, che si è disormeggiato da una grande profondità; non so cosa sia, ma sale, lentamente; avverto la resistenza e odo il rumore degli spazi percorsi… All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di madeleine che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio…” (Marcel Proust, Dalla parte di Swann)
Questo è un tag “da prendere alla leggera”, ma saporito: vi invito a raccontare che pizza ordinate solitamente e come le mangiate, cercando da ciò riflessi del vostro carattere.
Regole:
1. Usa l’immagine originale del Tag.
2. Cita il creatore del Tag (bloody ivy) e ringrazia chi ti ha nominato.
3. Racconta che pizza scegli in pizzeria, come la mangi e l’intreccio con la tua personalità.
4. Tagga degli altri blogger.
Allora…
Ciò che mi attira in pizzeria è il profumo inconfondibile di pizza che considero la vera attrazione del locale, in grado di attivare lo stimolo della fame, direi prepotentemente.
Che pizza ordino?
Eh… dipende! Ho le mie pizze preferite che vanno da quella con salsiccia e cipolle, alla diavola con surplus di olio al peperoncino, la margherita ma che la salsa o il pomodoro fresco abbondino e la mozzarella sia di bufala. Però… se nel menù trovo una pizza con accostamenti di ingredienti mai provati, mi sento quasi obbligata a provarla. Sì, perché scatta la voglia di imparare qualcosa di nuovo, probabilmente non la inserirò fra le mie preferite ma avrò conosciuto un gusto diverso dall’abituale.
Insomma, una tradizionalista che può dire di avere le sue pizze preferite proprio perché ha assaggiato anche tutte le altre.
Beh stiamo parlando di quando si è in pizzeria, sennò a casa, soli o con gli amici, magari le si lascia nel cartone e le si afferra con le mani, almeno, credo che anche gli altri comuni mortali lo facciano, oltre a me.
Nei locali invece ho uno schema. Ma non perché sia particolarmente ordinata, semmai perché la mia personalità è particolarmente contorta e incasinata.
Dunque: taglio in due la pizza e poi una mezza circonferenza la taglio ulteriormente in tre o quattro fette (dipende dalla grandezza della pizza). Dando per scontato che è il centro la parte più squisita, inizio mangiando il bordo, di una o due fette. “Beh ma perché non inizi dal centro se é più buono?” E’ perché sono meritocratica e credo che ad ognuno vada dato secondo il giusto merito. “Embé? Cosa c’entra con il modo con cui tagli la pizza?” Perché in coscienza so di impegnarmi nella vita di tutti i giorni, o almeno la volontà c’è, ma anche che potrei migliorare fino a diventare una tipa che si merita subito il centro pizza. “ok ma anche quando tagli la pizza pensi a queste cose?” Appunto! Non c’è mai tempo di riflettere su se stessi, così, mentre nessuno sospetta io lo stia facendo, medito, e mi faccio un veloce esame di coscienza. “Ah beh ma guarda che non sei mica tutta a posto eh!“. In realtà noto che in pizzeria i miei commensali mangiano approcciandosi alla loro pizza nei modi più strani. Da chi si mangia prima tutta la farcitura, a chi taglia la pizza a fette perfette con il coltello e la forchetta e poi afferra la fetta con le mani e se la mangia, a chi inizia dal bordo come me ma se lo finisce tutto prima di iniziare ad assaggiare la pizza vera e propria che nel frattempo, logicamente, diventata fredda non è più così buona… Se sono strana in pizzeria, lo sono in molta buona compagnia (fa anche rima
Quindi dalle pizze che scelgo e da come le mangio direi che sono fedele ai miei gusti ma pronta a provare novità, nonché convinta che le cose buone bisogna meritarsele e che io, anche se non proprio istantaneamente, me le merito.
E VOI?
Al solito, chi vuol giocare gioca (son tanto curiosa di leggervi
Questi giochini sono dei modi per segnalare blog che magari non si conoscono ancora e che potrebbero piacere.
Nomino:
Opinionista per caso
il Condominio Felice e altre Storie
La novella vegana (“ma, ma… i vegani che pizza mangiano?” beh questa la consiglia nel blog, per es.)
Bloody Ivy