Per carità, ha i suoi vantaggi. Ad esempio, l'improbabilità di trovarsi la porta di casa bloccata da un metro di neve grazie alla peggiore bufera invernale capitata negli ultimi trent'anni.
Però la puzza, il traffico e il caos della capitale mi fanno pensare che sarebbe assai più sano imbracciare un badile onde farsi strada nel manto nevoso piuttosto che resistere alla tentazione di imbracciarlo per dare una piattonata in testa al solito buzzurro che ti passa avanti in farmacia, parcheggia sul marciapiede o, non so, fa il gradasso in ristoranti e hotel da conto a triplo zero in centro storico con i soldi delle mie tasse, e non solo delle mie.
Giacché però a dar piattonate si finisce in genere all'Albergo Roma o al Regina salvo il solito indulto, meglio dar pedate, stavolta alla nostalgia per il paesello.
Io in genere lo faccio mettendomi ai fornelli, e preparando pietanze di casa.
La pizze de randìnie e fuèglie, ad esempio, che è un classico, e che ben mostra la povertà che un tempo affliggeva i miei Sanniti: trattasi infatti di una pizza di farina di mais accompagnata da verdura selvatica. Un tempo era il pasto delle famiglie contadine, che non si potevano permettere altro: adesso, ça va sans dire, è diventata "antipasto tipico" nei ristoranti più lussuosi, che la servono in genere in improbabili quadrucci formato tessera e accompagnati da una porzione di verdura che starebbe comoda in un piattino da caffè ed è addomesticata al gusto dell'utente medio, il quale a sentire l'amaro della vera cicoria di campo viene colto da catatonia.
Le mie zie la servono invece come si confà: in tocchi grossi quanto la mano di un carpentiere, e con una padellata di fuèglie miste colte e cotte sul momento. Questa che vedete ritratta, nella fattispecie, è stata preparata l'inverno scorso (sì, sono un po' indietro con l'aggiornamento del blog) da zia Maria, la quale ha pazientemente tollerato la sottoscritta armata di macchina fotografica che la seguiva come un'ombra fra piano di lavoro e fornelli, e le carpiva con le tenaglie i trucchi per realizzare una pizze de randìnie a regola d'arte.
Ingredienti:
tre etti circa di farina gialla
mezzo litro d'acqua
una tazzina da caffè di olio più un po', più quello per ripassare la verdura
uno sferzellone (peperone semipiccante secco)
uno spicchio d'aglio
fuèglie miste a volontà (cicoria, sinepe, borragine e qualunque altra cosa passino i campi, da addizionare volendo con broccoli, cavolo o verza)
Preparazione:
in primis capate la verdura, che se è quella vera di campo vi farà dar di matto come poche cose al mondo: brontolate pure se vi aiuta a compiere meglio l'operazione, perché ne avete il santo diritto. Finito che avrete di pulirla lavatela bene sotto l'acqua corrente per eliminare residui di terriccio, lessatela al dente in acqua leggermente salata e quindi lasciatela a scolare per i fatti suoi. Nel frattempo portatevi avanti col lavoro e mettete a scaldare il mezzo litro d'acqua con un cucchiaino di sale.
Una volta che l'acqua è calda, versatela a più riprese in una scodella in cui avrete già provveduto a sistemare la farina di granturco e la tazzina d'olio e fatela incorporare girando il cucchiaio di legno con movimenti decisi dal basso verso l'alto, in modo che non si formino grumi. Nel momento in cui la consistenza sarà cremosa ma solida, come da foto, potete smettere di aggiungere acqua perché essa ha già fatto il suo dovere.