Plants vs. Zombies 2: It’s About Time – Recensione

Da Videogiochi @ZGiochi
Recensione del 17/01/2014

Mobile TESTATO SU
MOBILE

Genere: Azione, Strategia

Sviluppatore: PopCap Games

Produttore: Electronic Arts

Distributore: Digital Delivery

Lingua: Italiano

Giocatori: 1

Data di uscita: 15/08/2013

VISITA LA SCHEDA DI Plants vs. Zombies 2: It's About Time

Tanto potenziale... ... Distrutto dalle micro-transazioni molto invasive

Divertente per una decina di livelli... ... Poi entra in gioco un gameplay sbilanciato, da riportare nella "norma" pagando

L'applicazione è free... ... Ma è uno dei titoli che fa del pay-to-win la sua unica ragione d'esistenza

Giunto nel periodo estivo su Apple App Store, Plants vs. Zombies 2: It’s About Time soltanto nel mese di dicembre 2013 è approdato anche su Google Play per dispositivi Android, versione da noi provata. Fin dai giorni del suo annuncio anche a causa della “nuova” formula che EA aveva intenzione di sfruttare – azienda che nel 2011 acquisì per 750 milioni di dollari il team Popcap che nacque nel 2000 grazie a John Vechey, Brian Fiete e Jason Kapalka – suscitò diversi malumori. Malumori improvvisamente scomparsi in quei giorni di agosto, quando migliaia di recensioni legittimavano la grande riuscita di Plants vs. Zombies 2. Non ci è dato sapere dove si sia nascosta questa bontà, probabilmente si riferivano a quella emersa nella prima mezz’ora di gioco; minuti insufficienti per emettere un verdetto, ci verrebbe quanto meno da far presente. Verdetto che, al contrario, è tutt’altro che positivo, se non altro perché la mossa attuata da EA rappresenta uno dei punti più bassi raggiunti da quello che molti definiscono “colosso”, oltretutto da sempre pieno zeppo di brillanti menti pronte a rendere ingiocabile, superfluo, pietoso e patetico anche un episodio appartenente ad un brand che pareva non aver limiti. E invece, i lampi di genio di prodigi affermati, son riusciti anche in questo incredibile compito. Ma procediamo con ordine, siamo appena all’inizio…

C’ERA UNA VOLTA UN POVERO ZOMBIE CHE NON SAPEVA COME CAMPARE

Negli ultimi tempi il modello economico di tipo Freemium si è sempre più espanso, tanto da diventare un elemento tipico del cosiddetto “Web 2.0” per il quale, un prodotto, in parte è offerto in maniera del tutto gratuita e per la restante è richiesto un esborso economico. I termini free e premium danno così vita a quella che sempre più spesso viene utilizzata come formula di rilascio di applicazioni e software, servizi per condivisione di file ed archiviazione e non ultimi di alcuni videogiochi destinati al settore mobile. Questa tipologia di modello, benché si adatti molto bene ad alcune applicazioni, è stata ritenuta quasi immediatamente di dubbia utilità in ambito gaming a causa di alcune problematiche legate alle funzionalità limitate e scoraggianti, qualora non si decidesse di cedere alla componente “premium”. Uno degli esempi più lampanti è rappresentato dalla serie di Plants vs. Zombies, in cui si è fortemente pregiudicata la riuscita del secondo episodio che (potenzialmente, considerando il successo del predecessore) aveva un bacino d’utenza già molto ampio e che quindi non aveva bisogno di sbocchi di questo tipo; l’eccessiva volontà di monetizzare ha così portato questo videogioco a diventare un titolo castrato, inconsistente, sostanzialmente inutile se non si cede alle micro-transazioni (e magari fossero micro, NdR) che pervadono tutto l’impianto di gioco.

Plants vs. Zombies 2: It’s About Time sfrutta il solito sistema di gioco per cui attraverso l’utilizzo ragionato e strategico delle cinque linee orizzontali, e di ognuna delle caselle di cui si compongono, dovremo respingere orde sempre più numerose di zombi. Nella prima parte, il videogioco si mostra il solito di sempre: divertente, frenetico, folle e pazzo – anche grazie al solito Dave che stavolta andrà alla ricerca di tacos con una macchina del tempo – e più rifinito di quel che era nella sua prima edizione. Sia tecnicamente, che per varietà di piante e non-morti, animazioni e location; queste ultime caratterizzate da una buona varietà, considerando il predecessore. Tra girasoli da piantare per garantirsi le giuste risorse, utili per la difesa e l’attacco del nemico, e piante spara semi, lancia cavoli e boomerang e tanto, ma tanto altro, sembrerebbe quasi d’esser tornati indietro di qualche anno, quando il lancio sul mercato di un titolo così particolare fece scalpore e conquistò milioni e milioni di videogiocatori di tutte le età. Peccato che, di lì a poco, finisca tutto: una quantità considerevole di piante speciali solo per gli “utenti Premium” – leggasi come: utenti disposti a spendere euro su euro per l’acquisto di una piantina… – e l‘innesto di due nuove componenti (un potente fertilizzante e tre abilità magiche da usare tramite touch screen) intaccano in malo modo quello che un tempo era un bilanciamento quasi perfetto, che stimolava e rendeva il gameplay di Plants vs. Zombies sempre elettrizzante. Sebbene l’utilizzo dello speciale fertilizzante utile a potenziare per un breve lasso di tempo una delle nostre piante sia comunque garantito anche senza esborsi di denaro reale – in ogni livello compariranno almeno un paio di zombie contaminati da questo concime che potremo raccogliere una volta abbattuti – la stessa cosa non è possibile per l’uso dei poteri magici. Nello specifico sono tre: uno col quale potremo decapitare gli zombie a schermo, uno che ci consentirà di alzarli in aria e spedirli indietro, via dalle caselle di gioco, e l’ultimo che consentirà di bruciare, grazie ad una potente scarica elettrica, una serie di zombie, semplicemente cliccando e mantenendo premuto su uno di questi. I tre poteri sopraccitati andranno acquistati con le monete accumulate nel corso del gioco, ad un prezzo che va dalle 800 alle 1200 monete. Il problema sta nel fatto che, durante la nostra prova rivelatasi fortemente sbilanciata già dal livello numero 10 del primo mondo, abbiamo raccolto appena cinquecento monete; questo fa bene intendere tutto il resto. Ossia che si è davanti ad un prodotto pensato per spillare soldi tramite micro-transazioni, e lo fa sbilanciando un gameplay altrimenti appetibile, che non aveva bisogno di una bassezza di questo tipo, tanto meno di una formula di rilascio così stupida ed ingiustificata. Così facendo, le monete virtuali ben presto diventeranno monete virtuali pagate con denaro reale, ed in nessun modo si può tentare di elogiare – o far finta di nulla – che tutto ciò sia una cosa giusta o che quasi non esista.

Insomma, Plants vs. Zombies 2: It’s About Time è più facile ricordarlo per la meschina scelta di sviluppo focalizzata sulle micro-transazioni che per il contorno superbo che ci ha catturato nella prima mezz’ora di gioco. Sarebbe stato bello elogiarlo per l’umorismo di base di cui la serie ha sempre fatto sfoggio, della qualità grafica unita ad uno stile semplice ma brillante, decisamente migliore del predecessore per piante e varietà nel gameplay. Tutte cose che cessano d’esser importanti a causa dell’impossibilità di proseguire oltre, perché le micro-transazioni intaccano pesantemente un ecosistema di gioco che non aveva bisogno di stravolgimenti o di questo genere di “furbate” commerciali. L’unica soluzione per andare oltre i primi dieci livelli è quella di ripetere all’infinito i primi livelli, accumulando così il numero giusto di monete da sfruttare per le particolari abilità da utilizzare tramite touch screen; questo però vi costringerà a fare una ventina di tornate – su livelli già superati – per avanzarne appena di uno. E tutto ciò, francamente, non ha senso anche perché così facendo si annullano divertimento ed immersione; fattori che più d’ogni altra cosa avevano contraddistinto il primo Plants vs. Zombies. L’unico, ad oggi, meritevole d’esser chiamato Videogioco, in questa serie che non sembra avere un avvenire molto roseo…

LASCIA O RADDOPPIA (IL VOTO)

No, Plants vs. Zombies 2: It’s About Time non rientra nella lista di titoli che possono dividere così tanto l’opinione di chi lo gioca. Non se si ha un po’ di sale in zucca. Il titolo del paragrafo è volutamente provocatorio, perché come mai in questo caso è venuta a galla l’incompetenza mista a “qualcos’altro” che ad oggi, metà gennaio 2014, ci aspettavamo di non vedere. Qualcosa non torna. Perché il predecessore, un gioco VERO che non aveva bisogno di spacciarsi come “finto free” per divertire ore ed ore, al contrario di questo titolo che regala a malapena mezz’ora di vero intrattenimento per poi scemare e rendersi ingiocabile se non si cede alle micro-transazioni, di valutazioni così alte e così omogenee non aveva di certo ricevute… Elogiare un titolo che fa delle micro-transazioni la propria ossatura portante, che brutta cosa. Un gioco che grazie a queste riesce a gettar via anche la bontà di un gameplay solido e divertente, rendendolo sbilanciato, ingestibile, ingiocabile. In generale, non si è fatta la dovuta attenzione nel giudicarlo, predicando bene ma razzolando male; il voler denunciare le micro-transazioni, additarle come il “male assoluto”, stona fortemente con questo tipo di valutazioni positive e lusinghiere ad un prodotto del genere. Non importa quale sia il voto, se un sette, un nove, un otto con riporto di centotrentatré per il terzo episodio; ciò che viene a galla è l’assenza di coerenza. Da qui il titolo del paragrafo, come già detto provocatorio, perché non c’è bisogno di far contento nessuno, ma c’è solo il bisogno di dire le cose come stanno. Per davvero. Non bisogna sentir il bisogno di far contenti quelli di PopCap Games, che si staranno ancora mangiando le mani per l’acquisizione da parte di una delle società più discutibili degli ultimi dieci anni, né quelli di Electronic Arts che negli ultimi anni hanno ampiamente dimostrato quello di cui sono capaci, snaturando brand, portandoli al limite, con buona pace per la qualità, una volta fattore dominante in quasi ogni videogame.

Che poi, questo è il problema nel parlare del Videogioco, oggi; ogni azione ha la sua conseguenza, ogni parere di un sito ritenuto autorevole dai più, di una rivista, di un particolare redattore apprezzato, ha le sue conseguenze. A giudicare dai pareri che è possibile trovare in giro su questo titolo, gli effetti sono stati e saranno devastanti; far credere a fasce di videogiocatori inesperti che questo Plants vs. Zombies 2: It’s About Time sia un titolo imperdibile, migliore del primo, è eresia allo stato puro mista a stupidità e non solo. Ed in tutto ciò c’è poco di soggettivo: Plants vs. Zombies 2 è tutto tranne quello che il Videogioco dovrà diventare negli anni a venire. Plants vs. Zombies 2 è soltanto un ammasso di micro-transazioni ed annunci pubblicitari a comparsa in un’applicazione killer-succhiasoldi, altro che videogioco. E la finiamo qui di sprecar caratteri, avremmo potuto riassumere tutto con una semplice parola. Vergogna.

IN CONCLUSIONE
Plants vs. Zombies 2: It's About Time è un vergognoso tentativo di rendere più appetibile il secondo episodio di una serie apprezzata da milioni e milioni di persone. Electronic Arts ha dimostrato ancora una volta la sua indole, raccogliendo consensi in tutto il mondo (da parte di scellerati) per una formula di gioco che, se dovesse espandersi a macchia d'olio, ammazzerebbe il vero significato del gaming su larga scala, considerata la continua espansione del settore mobile. Tutto quello che un tempo Plants vs. Zombies era, ora non lo è più; provarlo non è un reato, cosa piuttosto facile dato che il download dell'applicazione è gratuito, ma superati i primi 9-10 livelli di gioco assisterete a fasi di gioco sbilanciate, che richiedono l'uso delle micro-transazioni per essere “ri-bilanciate”. Così facendo, se non pagherete, il titolo risulterà essere ingiocabile... Questo è un gioco talmente imperdibile che abbiamo deciso di tramutare il conteggio del suo essere "imperdibile" nel voto finale. Grazie a questa scala, la valutazione data non appare nemmeno così brutale, peccato soltanto che Plants vs. Zombies 2: It's About Time un gioco assolutamente fantastico, o imperdibile, non lo sia stato né al momento del lancio, né ora e né lo sarà mai. ZVOTO 4
Voto dei lettori4.25
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